Massima

Il diritto alla riscossione dei principali tributi erariali (quali IRPEF, IRES, IRAP e IVA) si prescrive nel termine ordinario di dieci anni (art. 2946 cod. civ.), poiché tali crediti non costituiscono prestazioni periodiche soggette al termine quinquennale. La scadenza del termine perentorio per opporsi alla cartella di pagamento non produce la conversione del termine di prescrizione breve eventualmente applicabile in quello ordinario decennale (art. 2953 cod. civ.), salvo il caso in cui sia presente un titolo giudiziale divenuto definitivo. Di conseguenza, è errata l’affermazione secondo cui solo il credito accertato con sentenza passata in giudicato si prescrive in dieci anni.

Supporto alla lettura

PRESCRIZIONE E DECADENZA CREDITI TRIBUTARI

In materia tributaria la normativa individua frequentemente termini di decadenza, mentre raramente menziona la prescrizione, per la quale valgono in generale le regole civilistiche.

Generalmente, in ambito tributario si parla di decadenza con riferimento a:

  • potere di acquisto;
  • potere di liquidazione;
  • potere di iscrizione a ruolo;
  • diritto al rimborso da parte del contribuente.

L’”infruttuoso decorso del termine”, idoneo a determinare la decadenza, può consistere o nella mancata conclusione di un procedimento, se si tratta dell’Amministrazione finanziaria, o nella omissione di un comportamento attivo, qualora si tratti del contribuente. In entrambi i casi, l’applicazione di questa particolare sanzione prevista dall’ordinamento deve conseguire ad un accertamento.

Mentre sarà soggetto a prescrizione il diritto di credito già definitivamente sorto e non ancora attuato per l’inadempimento del debitore (sia esso privato contribuente, sia l’Amministrazione finanziaria). In via generale può affermarsi che la prescrizione non può essere rilevata d’ufficio, e ad essa si applicano gli istituti della sospensione e interruzione dell’ordinaria disciplina civilistica. Per quanto riguarda i termini, questi, variano da tributo a tributo, decorrono dalla data di notifica della cartella di pagamento o dal momento in cui l’avviso di accertamento è divenuto definitivo.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, in qualità di successore ex lege a titolo universale di “Equitalia Sud Spa“, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Puglia il 9 agosto 2019, n. 2374/03/2019, che, in controversia su impugnazione di preavviso di iscrizione ipotecaria n. (omissis) per l’importo complessivo di Euro 348.553,94, notificato il 20 novembre 2014, da parte dell'”Equitalia Sud Spa“, in qualità di agente della riscossione per la Provincia di Bari, nei confronti di (omissis), in dipendenza di ventinove cartelle di pagamento e cinque avvisi di addebito, ha parzialmente accolto l’appello proposto da (omissis) nei confronti dell'”Equitalia Sud Spa” avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bari l’8 gennaio 2016, n. 71/01/2016, con la compensazione delle spese giudiziali.

2. La Commissione tributaria regionale ha parzialmente riformato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario – nel senso di dichiarare “non dovute le somme rinvenienti da cartelle di pagamento di natura non tributaria e quelle di cui alle cartelle distinte in narrativa“.

3. (omissis) è rimasto intimato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

2. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente affermato dal giudice di secondo grado che “Il difetto di motivazione di cui è viziato l’atto impugnato, consiste nel non avere l’Agente della Riscossione adempiuto all’obbligo di indicare, in seno alla “Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria”, il bene e/o i beni immobili sui quali verrebbe operata la suddetta misura cautelare; Iscrizione che, decorsi i 30 giorni concessi per il pagamento, avverrà senza ulteriori comunicazioni se non quella di “avvenuta iscrizione di ipoteca”…“.

2.1 Il predetto motivo è fondato.

2.2 In base all’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (quale introdotto dall’art. 7, comma 2, lett. u-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011 n. 106), la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria deve contenere soltanto “l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca“, ma non deve indicare anche gli immobili assoggettabili ad ipoteca da parte dell’agente della riscossione.

Né depone in senso contrario la prescrizione normativa che il suddetto preavviso deve essere notificato al “proprietario dell’immobile“, trattandosi di precisazione finalizzata ad individuare il destinatario (ma non anche il contenuto) della relativa notifica.

2.3 Dunque, dalla cornice normativa (artt. 76 e 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) in tema di preavviso di iscrizione ipotecaria non deriva alcun particolare onere motivazionale in capo all’agente della riscossione, che, attraverso il preavviso di iscrizione ipotecaria, si limita ad informare il contribuente moroso che, in caso di mancato pagamento entro trenta giorni, si procederà ad iscrizione di ipoteca sull’immobile o sugli immobili di sua proprietà.

Per valutare la legittimità dell’iscrizione ipotecaria, ai sensi degli artt. 76 e 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è sufficiente l’indicazione del valore del credito per cui si procede (in termini Cass., Sez. 6°-5, 15 marzo 2021, n. 7233).

L’affermazione che l’iscrizione ipotecaria rappresenta un atto preordinato all’espropriazione immobiliare e soggiace agli stessi limiti di quest’ultima non implica, infatti, alcuna conseguenza in punto di contenuto motivazionale della comunicazione di iscrizione (Cass., Sez. 6°-5, 13 novembre 2014, n. 24258; Cass., Sez. 6°-5, 15 marzo 2021, n. 7233; Cass., Sez. 5°, 22 novembre 2021, n. 36000) e, del resto il principio generale in tema di responsabilità patrimoniale ex art. 2740 cod. civ. comporta che il creditore può scegliere quali beni del debitore sottoporre a esecuzione forzata.

2.4 Ne consegue che la scelta normativa di non prevedere come necessaria l’indicazione nel preavviso di iscrizione ipotecaria del bene immobile (o dei beni immobili) che si intende pignorare, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa del contribuente, che ovviamente conosce la consistenza del suo patrimonio immobiliare e può reagire con i rimedi ordinari di fronte ad un’ipoteca illegittimamente iscritta.

Infatti, se è evidente che il diritto di ipoteca come imposizione di un vincolo a garanzia di un determinato credito può sorgere solo su un bene immobile individuato, è altrettanto evidente che l’ipoteca nasce con l’iscrizione, non già con il suo preavviso, ed è al momento dell’iscrizione che il bene deve essere individuato e determinato.

Peraltro, è pacifico che l’iscrizione ipotecaria sproporzionata rispetto all’ammontare del credito garantito possa essere impugnata dinanzi alla giurisdizione tributaria. In tal senso, si è detto che, qualora il giudice tributario reputi invalida (in via derivata) l’iscrizione ipotecaria per il motivo – di carattere sostanziale – che, stante il sopravvenuto annullamento, in sede giudiziale o in via di autotutela, di una cartella di pagamento, il credito iscritto a ruolo risulta minore e risulta, quindi, in parte insussistente, in relazione alle maggiori somme originariamente iscritte, il presupposto legittimante l’iscrizione dell’ipoteca, non può annullare in toto l’iscrizione ma deve ricondurla alla misura corretta, annullandola solo nella parte che trovava il proprio presupposto nelle maggiori somme originariamente iscritte nonché ordinando la riduzione dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2872 cod. civ., e, in particolare, la riduzione dell’importo per il quale essa era stata iscritta al doppio dell’importo complessivo del (minor) credito ancora a ruolo (in termini Cass., Sez. 5°, 23 dicembre 2020, n. 29364Cass., Sez. 5°, 3 luglio 2021, n. 18850; Cass., Sez. 6°-5, 5 gennaio 2022, n. 203).

2.5 Considerando l’opinabilità della questione, sulla quale si registrano contrastanti orientamenti nella giurisprudenza di merito, il collegio ritiene di enunciare il seguente principio di diritto “In tema di riscossione esattoriale, l’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (quale introdotto dall’art. 7, comma 2, lett. u-bis, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011 n. 106), prevede che la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria – la quale, come atto a contenuto informativo-sollecitatorio, si esaurisce nell'”avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca” – deve contenere soltanto l’indicazione (con riferimento all’an, cioè al titolo, ed al quantum, cioè all’entità) del credito tributario per cui si procede, ma non anche l’indicazione dell’immobile o degli immobili su cui l’agente della riscossione procederà ad iscrizione ipotecaria in caso di perdurante inadempienza del debitore, essendone necessaria l’individuazione soltanto in occasione della successiva costituzione del diritto reale di garanzia con l’esecuzione della pubblicità immobiliare“.

3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 36 e 61 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione meramente apparente.

Secondo la ricorrente “Il giudice dell’Appello si limita a rendere una statuizione con cui afferma, del tutto apoditticamente, che le cartelle non sono state notificate e che, se anche ove lo fossero state, tutti i crediti sarebbero comunque prescritti” (pagina 9 del ricorso). Ne consegue che egli “ha mancato di motivare la propria decisione sia rispetto all’efficacia probatoria della documentazione prodotta dall’ADER, sia in relazione al termine di prescrizione da applicare ad ogni singolo credito, in ragione della sua giuridica natura” (pagina 11 del ricorso).

3.1 Il predetto motivo è fondato.

3.2 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza “(…) deve contenere (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…)“.

Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante Cass., Sez. 5°, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6°-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).

Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente“, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante Cass., Sez. 1°, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6°-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6°-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5°, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6°-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).

In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6°-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5°, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6°-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5°, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).

3.3 Nella specie, si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente ed incoerente sul piano della logica giuridica, non contenendo un’adeguata e sensata illustrazione delle ragioni sottese al parziale accoglimento dell’appello, che è stato giustificato in base a considerazioni di natura meramente ipotetica e teorica. Difatti, essa è del tutto priva di motivazione conforme al “minimo costituzionale” con particolare riguardo alla notifica degli atti prodromici alla comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, limitandosi alla generica enunciazione di principi astratti (in punto di diritto), senza dar conto di una verifica concreta (in punto di fatto) sulle carenze o irregolarità delle notifiche relative alle singole cartelle di pagamento, che avrebbero potuto inficiare la validità della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria.

4. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente (ed implicitamente) presupposto dal giudice di secondo grado che anche la notifica della cartella di pagamento n. (omissis), per l’importo di Euro 132.342,39, fosse nulla ovvero inesistente.

4.1 Il predetto motivo è fondato.

4.2 Invero, la cartella di pagamento in questione è stata autonomamente impugnata dal contribuente dinanzi al giudice tributario. In proposito, l’agente della riscossione ha prodotto – invocandone l’efficacia sanante con riguardo alla notifica della menzionata cartella di pagamento – sin dal giudizio di prima istanza la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bari il 16 ottobre 2015, n. 3257/06/2015, che aveva rigettato il ricorso del contribuente.

4.3 Per cui, ogni vizio o difetto inficiante la notifica di una prodromica cartella di pagamento che sia stato dedotto in sede di impugnazione del successivo preavviso di iscrizione ipotecaria deve considerarsi sanato per raggiungimento dello scopo (art. 156 cod. proc. civ.) in conseguenza dell’impugnazione della stessa cartella di pagamento.

In tal senso, questa Corte ha affermato che la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso una cartella di pagamento produce l’effetto di sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione per raggiungimento dello scopo ex art. 156 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 5°, 12 luglio 2013, n. 17251Cass., Sez. 5°, 12 luglio 2017, n. 17198Cass., Sez. 5°, 17 gennaio 2019, n. 1156Cass., Sez. 5°, 5 luglio 2022, n. 21184Cass., Sez. Trib., 22 ottobre 2024, n. 27326).

5. Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che le pretese portate dalle cartelle di pagamento n. (omissis), n. (omissis), n. (omissis), n. (omissis), n. (omissis) e n. (omissis) fossero prescritte.

Secondo la ricorrente, tali pretese afferivano a tributi erariali, per i quali doveva applicarsi il termine ordinario di prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. A suo dire, per nessuna di tali cartelle di pagamento, il termine ordinario di prescrizione decennale risultava essere decorso, ancorché il giudice di appello avesse statuito che, anche a prescindere dalla notificazione delle cartelle di pagamento, tutte le pretese azionate dall’agente della riscossione dovessero considerarsi prescritte. Pertanto, tale statuizione era palesemente errata, poiché le pretese portate da tali cartelle di pagamento erano soggette al termine di prescrizione decennale in virtù dell’art. 2946 cod. civ., senza necessità che fosse applicato il termine di prescrizione quinquennale in virtù dell’art. 2953 cod. civ.

5.1 Il predetto motivo è fondato.

5.2 Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via; pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass., Sez. Un., 17 novembre 2016, n. 23397); in successive pronunce, questa Corte ha ribadito che, in tema di riscossione mediante ruolo, la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non produce la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. (Cass., Sez. 6°-5, 3 maggio 2019, n. 11760); tuttavia, deve rilevarsi che i diversi tributi soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, se la legge non prevede termini prescrizionali differenti; con riferimento ad IRPEF, IRES, IRAP ed IVA, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni (art. 2946 cod. civ.) e non nel più breve termine quinquennale (art. 2948, n. 4, cod. civ.), non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (tra le tante Cass. Sez. 6°-5, 11 maggio 2018, n. 11555; Cass., Sez. 6°-5, 11 dicembre 2019, n. 32308; Cass., Sez. 6°-5, 15 aprile 2019, n. 10547; Cass., Sez. 6°- 5, 26 giugno 2020, n. 12740; Cass., Sez. Un., 25 marzo 2021, n. 8500; Cass., Sez. 6°-5, 25 maggio 2021, n. 14346; Cass., Sez. 6°-5, 6 luglio 2021, n. 19106; Cass., Sez. 5°, 19 luglio 2021, n. 20638; Cass., Sez. 6°5, 20 maggio 2022, n. 16395; Cass., Sez. Trib., 29 novembre 2023, n. 33213Cass., Sez. Trib., 26 luglio 2024, n. 20906Cass., Sez. Trib., 11 maggio 2025, n. 12509).

5.3 Ne deriva che la sentenza impugnata si è discostata dal principio enunciato con la tassativa affermazione che “solo il diritto di credito accertato con sentenza avente efficacia di giudicato si prescrive col decorso del termine decennale“.

6. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 28 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2025.

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