Svolgimento del processo
01. Con sentenza n. 74 del 6 agosto 2007, la CTR-Sardegna (sez. Sassari), nel rigettare il gravame proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di (omissis), ha confermato sotto plurimi profili l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato per la ritenuta non deducibilità di taluni costi, tra cui quelli per fatture attribuite alla ditta (omissis), riguardo a IRPEF e ILOR per l’anno d’imposta 1996.
02. Tralasciando quanto qui non interessa, il giudice d’appello ha motivato la decisione, riguardo ai rapporti tra il contribuente e la ditta (omissis) tuttora controversi, ritenendo che gli importi fatturati da quest’ultima impresa per lavori di subappalto, fossero stati regolarmente corrisposti “per pronta cassa e tramite assegni bancari”, come risultava dalle scritture contabili del (omissis). In proposito, ha rilevato che la dichiarazione resa dal (omissis) alla G.d.F., secondo la quale le prestazioni erano pagate a mezzo di assegni bancari, “non sembra(va) attendibile e veritiera, perchè rilasciata in assenza del signor (omissis) e quindi non in legittimo contraddittorio”.
03. Inoltre, ha osservato che “pare(va) più attendibile la versione resa da (omissis), secondo la quale il signor (omissis), preferiva, anzi pretendeva, a causa dei difficili rapporti intercorrenti con il medesimo e gli istituti bancari, che i pagamenti avvenissero in contanti”.
04. Infine, ha concluso sostenendo l’assenza di prova certa circa la falsità delle operazioni contestate, atteso che le scritture contabili erano regolarmente tenute dal contribuente il quale aveva dimostrato la veridicità dei costi sostenuti e delle relative prestazioni, mentre l’Ufficio si era avvalso di “presunzioni non supportate da elementi probatori certi e inconfutabili ed inoltre basati su dichiarazioni rese da terzi e non conosciute dal contribuente”.
05. Propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’Agenzia delle entrate; il contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione
06. Il ricorso è fondato. Denunciando violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52) e correlato vizio di motivazione, esattamente la ricorrente contesta l’intero percorso logico e giuridico del giudice d’appello riguardo ai contestati costi apparentemente fatturati al contribuente dalla ditta (omissis).
07. Per la difesa erariale, erra il giudice d’appello nella parte in cui, in punto di diritto, afferma che le dichiarazioni rese da un terzo (nella specie il (omissis)) durante l’accertamento tributario, per essere utilizzabili, devono essere rese in contraddittorio in presenza del contribuente. Invece, esse costituiscono indizi pienamente utilizzabili in giudizio fatta salva la concreta verifica di attendibilità da parte del giudicante.
08. Inoltre, secondo la ricorrente, il giudice d’appello ha insufficientemente: motivato la sua decisione avendo trascurato taluni fatti decisivi quali: a) la versione del (omissis) di essere stato pagato con assegni; b) la discrasia tra gli importi globalmente e apparentemente fatturati dal (omissis) (L. 117,39 milioni) e l’ammontare degli assegni rilasciati dal (omissis) (L. 7,5 milioni); c) l’assenza di quietanze del (omissis) per somme pagategli in contanti;
d) l’inconferenza dell’esistenza di registrazioni contabili di pagamenti effettuati “per cassa”.
09. In ordine a tali giustificati rilievi, si osserva che nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla G.d.F. e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice (C. 9876/11). Il tutto, se riveste i caratteri all’art. 2729 cod. civ., da luogo a presunzioni semplici (D.P.R. n. 600., art. 39 e D.P.R. n. 633, art. 54), generalmente ammissibili nel contenzioso tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale (C. 9402/07).
10. La disposizione contenuta nell’art. 7, comma 4 proc. trib. “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, limita i poteri del giudice tributario e non pure i poteri degli organi di verifica.
Sicchè la limitazione vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice stesso, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte da verificatori o finanzieri e inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento (cfr. C. 20032/11).
11. inoltre, nessuna norma richiede che le dichiarazioni extraprocessuali rese da terzi siano assunte e/o verbalizzate in forme dialettiche con il contribuente; solo per le operazioni di verifica contabile, accesso, ispezione, il D.P.R. n. 600, art. 33, comma 6 (in tema di imposte sui redditi) prevede esse siano compiute “alla presenza di un responsabile della sede o dell’ufficio”, mentre il D.P.R. n. 633, art. 52, comma 6 (in tema di IVA) stabilisce che il relativo verbale sia sottoscritto dal contribuente. Ne consegue la legittimità dell’operato della G.d.F. e della pretesa fiscale pur quando il processo verbale di constatazione non sia stato redatto in contraddittorio con il contribuente (C. 27060/2007), a maggior ragione quando si tratta di riportare le informazioni orali fornite da terzi circa i rapporti intercorsi con il contribuente medesimo.
12. A quest’ultimo, in base al principio del giusto processo e della parità di armi processuali tra le parti, è riconosciuta ampia facoltà di prova contraria, potendosi il contribuente avvalersi, se lo ritenga, anche di analoghi mezzi conoscitivi da riversare nel processo (C. Cost. 109/07).
13. Alla luce dei principi che precedono è inesatto pretendere gli indizi possano assurgere a fonte di prova se confortati da ulteriori indagini, da eseguire necessariamente da parte dell’Ufficio per provare la fondatezza delle informazioni rese fornite dal terzo; invece, il giudice “a quo” avrebbe dovuto procedere all’esame degli indizi disponibili, posti a fondamento e motivazione degli avvisi o ulteriormente dedotti dall’Ufficio – come, ad esempio, la rilevante discrasia tra i cospicui importi globalmente e apparentemente fatturati dal (omissis) (L. 117,39 milioni) e il modestissimo ammontare degli assegni rilasciati dal (omissis) (L. 7,5 milioni) -, al fine di stabilire, con giudizio di merito, logicamente e con- gruamente motivato, l’eventuale sussistenza dei caratteri di gravita, precisione e concordanza, in presenza dei quali la pretesa erariale sarebbe fondata (C. 9402/07).
14. Da ciò discende l’evidente insufficienza motivazionale della decisione d’appello che, da un lato valorizza l’irrilevante dato puramente formale della regolare tenuta contabile (cfr. C. 20857/07 e 21165/05), dall’altro da credito, a quanto pare senza obiettivo riscontro, alla versione del (omissis) circa l’asserito interesse del (omissis) ad essere pagato con danaro contante per imprecisate difficoltà di quest’ultimo con il ceto bancario.
15. Sul punto è appena il caso di ricordare che la prova di circostanze favorevoli alla parte non può essere tratta semplicemente dalla versione offerta costei, opposta a quella offerta dal terzo informatore, dovendo il giudice tributario effettuare tutte le verifiche del caso, sul piano logico e fattuale, tenuto conto anche della ripartizione degli oneri probatori in materia di deducibilità di costi (cfr. C. 4554/10).
16. In conclusione, essendosi il giudice di merito discostato dai principi giuridici e regolativi sopra enunciati e adottato una motivazione inadeguata sui fatti dibattuti, la sentenza d’appello va cassata in relazione ai motivi proposti e accolti, con rinvio alla CTR competente che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame dei punti controversi (fatture ditta (omissis)) e alla regolamentazione anche delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla la CTR-Sardegna (sez. Sassari) in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2012