FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento inerente all’anno di imposta 2006 (accertamento integrativo) per IRPEF, contestando l’omessa indicazione di redditi per Euro 723.149,00, di cui Euro 21.062,59 per interessi, in relazione a titoli di credito incassati in momenti diversi dal contribuente presso la Cassa di Risparmio di San Marino senza provvedere alla compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, e pertanto considerando tali somme – in quanto detenute in paese (allora) a fiscalità privilegiata, quali redditi non dichiarati ai sensi dell’art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009.
2. Il contribuente proponeva ricorso e la CTP lo accoglieva ritenendo la disposizione invocata dall’Agenzia non avente carattere retroattivo e valutando altresì l’assoluzione del contribuente in sede penale a seguito della sentenza n. 1871 del 2012 del Tribunale di Arezzo, inerente ai medesimi fatti.
L’Agenzia interponeva appello e la CTR confermava la prima sentenza, osservando che la disciplina contenuta nell’art. 12 D.L. n. 78/2009 era da intendersi di natura sostanziale della norma recante una nuova ipotesi di presunzione legale.
Avverso tale decisione propone l’Agenzia ricorso in cassazione fondato su due motivi, cui resiste il contribuente a mezzo di controricorso.
La parte controricorrente ha successivamente depositato memorie e la Procura generale ha depositato requisitoria scritta.
Motivi della decisione
1. In via pregiudiziale va affrontata l’eccezione di giudicato esterno avanzata dalla parte ricorrente, la quale allega la sentenza della CTR n. 1095/2021, intervenuta fra le stesse parti, relativa sempre all’anno d’imposta 2006, che ha respinto l’appello dell’Agenzia sul presupposto dell’irretroattività della normativa di cui all’art. 12 D.L. n. 78/2009.
L’eccezione è però infondata, in quanto la pronuncia invocata, seppur attenga al medesimo anno d’imposta, riguarda fatti diversi, cioè all’evidenza l’incasso di altri redditi rispetto a quelli oggetto della causa sfociata nella sent. della CTR n. 1095/2021 (relativa infatti ad un accertamento originario per Euro 541.000,00 di fondi detenuti all’estero) e non è stata in nulla vagliata la fondatezza della pretesa impositiva in base alla prova per praesumptio hominis, e dunque a diversi fatti.
2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 2 D.L. n. 78/2009; 3, L. 212/2000 e 12, preleggi, avendo erroneamente affermato la CTR la natura non retroattiva dell’art. 12 appena citato, senza considerare la natura procedimentale della stessa, attenendo essa solo all’ampliamento dei poteri d’indagine dell’amministrazione nell’ambito del procedimento di accertamento, fornendo così un più efficace strumento di contrasto all’evasione fiscale.
2.1. Il motivo è infondato.
In effetti la giurisprudenza di questa Corte è ormai ferma nel ritenere la natura sostanziale della norma che configura la presunzione legale in argomento.
Invero le disposizioni di cui all’art. 12, co. 2, del D.L. n. 78 del 2009 sono state a lungo oggetto di dibattito tra chi ne ha sostenuto la natura sostanziale e chi, invece, quella procedimentale.
La giurisprudenza di questa Corte ha però chiarito – con orientamento qui condiviso – che “la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum“, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero (così Cass. 14/11/2019, n. 29632; id. 29/11/2019, n. 31243).
Deve dunque ritenersi che la disposizione in esame abbia natura sostanziale, configurando una nuova ipotesi di presunzione legale (iuris tantum), e non possa di per sé riguardare ed essere applicata alle annualità d’imposta anteriori alla sua entrata in vigore.
3. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, e 2, D.Lgs. n. 546/1992, nonché 38 e 43, D.P.R. n. 600/1973 e 2729, cod. civ.
L’Agenzia infatti in via gradata, per l’ipotesi quindi di ritenuta irretroattività della disposizione di cui all’art. 12, D.L. n. 78/2009, ha inteso impugnare la sentenza della CTR per non aver confermato la ripresa fiscale sulla base della disamina del relativo impianto presuntivo. Essa, infatti, avrebbe dovuto valutare le prove, anche indipendentemente dalla qualificazione dell’accertamento sotto il titolo di cui all’art. 12 cit., così come acquisite al giudizio.
In particolare la CTR non aveva valutato che per il 2006 era incontestato che il contribuente avesse una disponibilità di Euro 702.086,36 in un paese a fiscalità privilegiata, senza indicarle nel quadro RW e senza che lo stesso, pur destinatario del questionario di cui all’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, avesse fornito alcun chiarimento, si fosse anzi avvalso della facoltà di non rispondere e costituendosi in giudizio non avesse contestato la consistenza del conto e non avesse fornito alcuna prova contraria.
3.1. Pregiudizialmente deve escludersi che il motivo sia inammissibile, come ritiene il controricorrente, in quanto in secondo grado non erano state avanzate questioni in ordine alla violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ.
Infatti, l’effetto devolutivo pieno dell’appello nel processo tributario comporta che il giudice di secondae curae non possa limitarsi al controllo di vizi specifici, ma debba procedere al riesame della causa nel merito (Cass. 4784/2011), e quindi nella specie non potesse limitarsi a decidere nel senso della non retroattività dell’art. 12 D.L. n. 78/2009, ma dovesse anche verificare il fondamento della pretesa sulla base di eventuali altri elementi presenti in giudizio.
3.2. Venendo così al merito del motivo, questa Corte ha condivisibilmente ritenuto che la prova dell’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti in maniera occulta in Paesi c.d. “black list”, può essere fornita non solo mediante la presunzione legale ex articolo 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, (appunto non applicabile ratione temporum alla fattispecie), ma anche per mezzo di presunzioni semplici, ancorché basate su un unico elemento purché grave e preciso mentre il requisito della concordanza assume rilievo solamente in presenza di più elementi presuntivi (ex plurimis, Cass 14/11/2019, nn. 29632-29633; 26/09/2018, n. 23153; 12/02/2018, n. 3276; 22/12/2017, n. 30803, da ultimo, cfr. 27/05/2021, n. 14834).
Applicando tale principio a quanto sopra indicato in ordine all’oggetto dell’appello in ragione del relativo effetto devolutivo, la CTR avrebbe dovuto quindi verificare, sulla base degli elementi presenti in giudizio, se sussistessero indizi tali da fondare una praesumptio hominis in ordine alla sussistenza di occultamento di redditi in paese a fiscalità privilegiata, esame che – pur a fronte di elementi evidenziati dalla difesa erariale – è stato del tutto omesso, con conseguente violazione delle disposizioni denunciate.
4. L’accoglimento del secondo motivo determina la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, che dovrà altresì liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2024.
