1. Il ricorrente in epigrafe indicato, studente del quinto anno della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento (Omissis), ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto con cui il Rettore della Scuola ha disposto il suo allontanamento temporaneo dall’Istituto fino al (Omissis) (Decreto 3 dicembre 2020, n. 727) e il successivo decreto con il quale il Questore di (Omissis) ha applicato la sanzione dell’ammonimento (Decreto 9 dicembre 2020, n. 81); nonché, con i successivi motivi aggiunti, il decreto con il quale il Senato accademico lo ha definitivamente espulso dalla scuola (Decreto 27 aprile 2021, n. 77), per condotte di persecuzione morale e fisica poste in essere in danno di altra corsista, studentessa della Scuola Superiore, con la quale il medesimo intratteneva una relazione sentimentale.
2. Il TAR Toscana non aveva accordato la sospensione, in via cautelare, degli effetti degli atti impugnati ma il Consiglio di Stato, in riforma dell’ordinanza di prime cure, reputata la sanzione espulsiva sproporzionata, aveva ordinato il riesame della vicenda ed escluso la possibilità, per la Scuola Superiore, di adottare nuova sanzione espulsiva.
3. Il Senato Accademico deliberava, pertanto, nei limiti stabiliti in via cautelare al riesercizio del potere, la sospensione dell’attuale ricorrente per la durata di tre mesi.
4. Il decreto rettorale di allontanamento temporaneo e il decreto di ammonimento del Questore, impugnati innanzi al TAR, venivano ritenuti dal giudice amministrativo immuni dai denunciati vizi logico-giuridico nei profili della ragionevolezza, proporzionalità, completezza dell’istruttoria e adeguatezza delle misure adottate.
5. Decidendo sul gravame dell’attuale ricorrente, il Consiglio di Stato, con la sentenza in epigrafe indicata, annullava il provvedimento di espulsione adottato dalla Scuola e rigettava l’impugnazione con riferimento al decreto di ammonimento del Questore, confermandone la legittimità.
6. Il Consiglio di Stato riteneva legittima, in generale, l’attività di vigilanza, controllo e sanzione posta in essere dalla Scuola Superiore per reprimere condotte discriminatorie e vessatorie, atti di violenza morale e di persecuzione psicologica, più in generale, atti che potessero compromettere salute e capacità di svolgere le normali attività, comprese le attività di studio, e comportamenti inerenti la sfera intima e personale dei singoli ove suscettibili di ripercuotersi negativamente sulla vita della Scuola.
7. Tanto premesso quanto alla misura sanzionatoria irrogata dalla Scuola Superiore, il Consiglio di Stato, formulando un giudizio oggettivo e non soltanto prognostico, riteneva la sicurezza e serenità della controinteressata, nel tempo successivo alla condotta di rilievo disciplinare, non pregiudicata o messa altrimenti in pericolo; nel profilo dell’adeguatezza, proporzionalità e necessità del mezzo rispetto allo scopo, riteneva l’allontanamento dall’Istituto essersi rivelato misura congrua e adeguata.
8. IL Consiglio di Stato non perveniva ad analoga conclusione con riferimento al decreto di ammonimento e al relativo gravame dell’attuale ricorrente, incentrato sull’inesistenza di ragioni di urgenza nel provvedere e conseguente illegittimità del provvedimento, carente della comunicazione di avvio del procedimento e dell’instaurazione del contraddittorio procedimentale con l’interessato.
9. Il Questore, rimarcava il Consiglio di Stato, aveva provveduto in esito alla presentazione di una circostanziata denuncia della vittima della violenza, corroborata dalle dichiarazioni, de relato, di altre persone su circostanze antecedenti e successive al comportamento serbato dall’attuale ricorrente, tali da renderla attendibile e credibile.
10. La legittimità dell’atto amministrativo andava valutata, argomentava il Consiglio di Stato, ora per allora, sulla base di un giudizio che tenesse conto delle circostanze e delle situazioni conosciute all’epoca dell’adozione dell’atto: sotto questo profilo, la significatività dei fatti ascritti, pur con ulteriori precisazioni sul piano della gravità, poi rivelatasi effettivamente di grado inferiore a quello inizialmente ipotizzato, giustificava necessità e urgenza nel provvedere, di talché la comunicazione di avvio del procedimento e l’audizione dell’interessato avrebbero ritardato l’adozione del provvedimento.
11. Ancora, si rimarcava che l’omogeneità della sanzione irrogata dalle distinte autorità (rispettivamente, il Questore e il Rettore), identica per durata (tre mesi di allontanamento dalla Scuola), confermava, anche ex post, la legittimità dell’intervento della forza pubblica e del conseguente provvedimento del Questore che, per prontezza e tempestività, aveva impedito il protrarsi di conseguenze dannose e pericolose nell’interesse di entrambi i soggetti coinvolti.
12. In particolare, proseguiva il Consiglio di Stato sottolineando la giovane età dei soggetti coinvolti, di pregnante importanza erano risultate la forza pubblica e la comunità di riferimento nell’attivarsi, senza indugi, per distaccare i diretti interessati dal crescendo degli eventi, spegnendo il clima di violenza e conflittualità che avrebbe altrimenti condotto a ulteriori degenerazioni e che, per converso, aveva sortito un effetto equo, nell’interesse delle parti coinvolte, proprio per la condotta serbata, in seguito, dall’interessato, improntata a regolarità scolastica connotata da impegno, diligenza, profitto, e alla comprensione del dovere di astensione dal commettere ulteriori episodi di violenza, in sé oggettivamente deplorevoli.
13. In altri termini, motivava ulteriormente il Consiglio di Stato, pur essendo i fatti significativi (la vittima era stata colpita con uno schiaffo sul viso), si era trattato, in definitiva, di un epilogo poco edificante di una relazione giovanile turbolenta ed immatura e anche sul piano probatorio, ferma restando la significatività dell’accaduto, la mancata presentazione della querela, da parte della controinteressata, aveva precluso il promovimento dell’azione penale, con la conseguenza che non si era potuta apprezzare, con esattezza, la proporzione dei patimenti sofferti dalla vittima, in termini di cambiamento delle abitudini di vita, sofferenza per grave e perdurante stato di ansia e paura, fondato timore per l’incolumità psico-fisica.
14. In definitiva, venivano ritenuti legittimi il decreto rettorale di allontanamento temporaneo e il decreto di ammonimento del Questore, perché congrui, proporzionati e pienamente corrispondenti, sotto il profilo contenutistico e temporale, alla sanzione applicata dal Senato accademico all’esito della fase cautelare, e satisfattivi delle istanze avanzate dalla difesa dell’attuale ricorrente circa la sufficienza di una sanzione circoscritta nel tempo, tesa al ravvedimento dello studente, piuttosto che alla sua definitiva espulsione dall’Istituto.
15. Il capo della sentenza che ha confermato la legittimità del decreto di ammonimento del Questore della Provincia di (Omissis) è impugnato, dal ricorrente in epigrafe indicato, con ricorso affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria; tra gli intimati, hanno proposto controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, soltanto il Ministero dell’Interno e la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento (Omissis).
16. L’Ufficio del Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte
chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
17. Il ricorrente propone ricorso ex art. 111 Cost., comma 8, art. 110 c.p.a. e deduce, con il primo motivo, eccesso di potere giurisdizionale, per invasione della giurisdizione del giudice penale, in quanto il provvedimento del Questore, adottato ai sensi della D.L. n. 11 del 2009, art. 8, convertito con modificazioni dalla L. n. 28 del 2009, avrebbe solamente effetti di tipo penale, precostituendo una circostanza aggravante dell’eventuale reato di cui all’art. 612-bis c.p., e determinandone la procedibilità d’ufficio.
18. Si assume, in altri termini, che l’adozione del decreto in questione incide solamente sul regime di procedibilità relativo alla successiva, ed eventuale, commissione del reato di atti persecutori, rendendolo più grave per la persona sottoposta alle indagini, e sul regime sanzionatorio derivante dalla condanna per tale reato.
19. Da ciò discenderebbero, ad avviso del ricorrente, natura ed effetti sostanzialmente penali di un atto, ancorché adottato dall’autorità amministrativa, implicante un accertamento di fatto tipico del giudizio penale, sicché il sindacato del giudice amministrativo avrebbe dovuto arrestarsi alla manifesta sussistenza/insussistenza dei presupposti di fatto legittimanti l’adozione del provvedimento e all’esistenza delle garanzie procedimentali, senza spingersi fino ad apprezzarne significatività o gravità.
20. Pertanto, assume il ricorrente, il giudice amministrativo ha compiuto due diversi accertamenti esulanti dal perimetro della sua giurisdizione ed inerenti, ad ogni effetto, alla giurisdizione e cognizione del giudice penale.
21. Con il primo, la sentenza impugnata si è spinta ad una valutazione di completezza del compendio probatorio raccolto dal Questore e di attendibilità delle singole fonti di prova, fino a giungere a scrutinare la credibilità degli elementi da queste scaturite, compiendo accertamenti, valutazioni e giudizi tipici del giudice penale e solamente a questi rimessi.
22. Col secondo accertamento, è evidente lo sconfinamento in cui incorre la sentenza impugnata, laddove si spinge a valutare significatività e gravità dei fatti ascritti – e mai provati o accertati – atteggiandosi alla stregua di un giudice penale che, accertati i fatti, ne declina la gravità agli effetti del computo della pena.
23. In definitiva, per il ricorrente, il giudice amministrativo ha compiuto un accertamento esulante dalla propria giurisdizione, nel giudicare la significatività dell’accaduto, in ragione della quale ha rigettato il ricorso per l’annullamento del decreto del Questore, come ribadito nella memoria illustrativa rimarcando la dedotta violazione dei limiti esterni della giurisdizione, per avere operato accertamenti propri della giurisdizione del giudice penale.
24. Con il secondo motivo il ricorrente si duole di arretramento della giurisdizione conseguente all’omesso esercizio della propria giurisdizione, in violazione del principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale, di cui agli artt. 24 e 113 Cost., per non avere il giudice amministrativo esercitato la funzione giurisdizionale sua propria relativamente alla domanda di annullamento del decreto del Questore.
25. La prospettazione del ricorrente poggia sull’assunto secondo cui il Consiglio di Stato, ammesso di non poter svolgere accertamenti sulla legittimità sostanziale del decreto impugnato – in evidente arretramento dall’esercizio della propria giurisdizione – si era risolto nel non annullare un atto amministrativo la cui legittimità non riteneva provata, né verificabile e, così facendo, aveva negato il diritto ad agire in giudizio, con un ricorso effettivo, per la tutela dei diritti ed interessi.
26. Al riguardo, il ricorrente rimarca che l’affermazione contenuta nella sentenza gravata, di insindacabilità del decreto in questione nella sua legittimità non potendosi apprezzare la sussistenza dei requisiti ex lege previsti per la sua adozione, e la contestuale conferma, ciò nonostante, della validità del decreto, aveva esposto il ricorrente ad un irrimediabile vuoto di tutela giurisdizionale avverso un provvedimento amministrativo incidente su interessi legittimi, frustrando il diritto di difesa e il diritto a un rimedio giurisdizionale effettivo.
27. In altri termini, la doglianza, valorizzando l’interpretazione secondo cui la misura dell’ammonimento fa seguito esclusivamente ad una richiesta all’autorità amministrativa inerente alla commissione del reato di cui all’art. 612-bis c.p., argomenta per l’eventuale fondatezza, in linea generale, dell’istanza, ai sensi del D.L. n. 11 del 2009 cit., art. 8, solo nel concorso di tutti gli elementi tipizzati dalla norma penale incriminatrice, tra i quali l’evento consistente nel “cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero (…) ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero (…) costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”; e nella specie, il relativo accertamento, rimesso in via esclusiva alla giurisdizione del giudice penale, il Consiglio di Stato aveva affermato di non poter svolgere, neppure prima facie e nei ristretti limiti della sua giurisdizione.
28. In conclusione, assume che il vizio di arretramento di giurisdizione, per avere omesso di annullare un atto amministrativo relativamente al quale riconosce di non poter valutare la sussistenza dei presupposti per la sua adozione, ha spinto il giudice amministrativo a non pronunciare una necessitata declaratoria di annullamento, quale esito naturale del processo amministrativo, come pur ribadito con memoria illustrativa.
29. Per concludere, sottolinea che ancor più il vizio emerge tenuto conto dell’orientamento evolutivo inaugurato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 30254/2008 e recentemente riaffermato con l’ordinanza 18 settembre 2020, n. 19598.
30. Infine, con il terzo motivo, il ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 11 del 2009, art. 8, per contrasto con gli artt. 2,3,13,24,25,27 e 111 Cost., nonché art. 117 Cost., in riferimento all’art. 6 CEDU, per l’attribuzione, al giudice amministrativo, del sindacato su di un provvedimento di natura sostanzialmente penale e dai meri effetti penali, mediante l’accertamento di un fatto reato.
31. Per un primo profilo, per l’attribuzione al giudice amministrativo del sindacato su un provvedimento di natura sostanzialmente penale e dagli effetti penali, mediante l’accertamento di un fatto reato con gli strumenti propri del giudizio amministrativo, in un rito privo delle garanzie processuali proprie del processo penale, affidato ad un giudice sguarnito dell’armamentario processuale di cui dispone il giudice penale, con accertamento del fatto non svolto secondo le regole del processo penale “al di là di ogni ragionevole dubbio” e con sostanziale inversione dell’onere della prova, essendo il destinatario del provvedimento a doverne provare l’illegittimità.
32. Per un secondo profilo, per l’attribuzione all’autorità amministrativa, anche in totale difetto di contraddittorio, dell’accertamento della commissione di un fatto di reato e la comminazione di conseguenze penali, come un aggravio del regime di procedibilità e l’aumento della pena comminata alla conclusione di un eventuale e successivo processo penale per il reato previsto e punito dall’art. 612-bis c.p., atteso che, in violazione del principio di presunzione d’innocenza, della riserva di giurisdizione che assiste ogni limitazione della libertà personale, dei principi del giusto processo e del contraddittorio processuale, ad un atto dell’autorità amministrativa sono ricondotti effetti e conseguenze penali, anche limitativi della libertà personale.
33. Infine, per un ultimo profilo, per la mancata previsione di un limite temporale di efficacia del decreto di ammonimento e di una graduazione dell’esercizio della discrezionalità amministrativa, per non essere prefissati criteri applicativi equilibrati ed oggettivi, con l’ulteriore conseguenza della violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza ed uguaglianza, per l’adozione del medesimo provvedimento, efficace all’infinito e tale da segnare irrimediabilmente la vita del destinatario, in riferimento a situazioni concrete, anche diametralmente diverse.
34. Il ricorso è da rigettare.
35. Allo scrutinio delle Sezioni Unite della Corte è devoluto, in primo luogo, un asserito travalicamento dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo adito, dall’attuale ricorrente, per il sindacato sulla legittimità del provvedimento di ammonimento irrogato dall’autorità di pubblica sicurezza, ai sensi del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 8, convertito, con modificazioni, in L. 23 aprile 2009, n. 38, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”.
36. E’ bene precisare che il contestato eccesso di potere giurisdizionale, nel profilo dello sconfinamento nella sfera giurisdizionale riservata al giudice penale, sarebbe derivato, secondo la prospettazione del ricorrente, dall’avere spinto il sindacato del G.A. all’apprezzamento del provvedimento e alla valutazione della gravità dei fatti conosciuti dal Questore, in luogo del mero scrutinio della legittimità del provvedimento, con l’ulteriore precipitato dell’indiretta integrazione di una circostanza aggravante del reato e della procedibilità d’ufficio, effetti di tipo penale valutabili esclusivamente nell’ambito della giurisdizione penale.
37. Il motivo è infondato.
38. Il provvedimento di ammonimento del Questore, di cui al citato art. 8, non è mero atto prodromico alla valutazione del reato di cui all’art. 612-bis c.p., ma un autonomo atto amministrativo.
39. Recita l’art. 8 cit.: “1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’art. 612-bis c.p., introdotto dall’art. 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore. 2. Il Questore, assunte se necessarie informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito…”.
40. L’ammonimento del Questore, recante l’invito, rivolto all’ammonito, a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi da condotte moleste nei confronti della richiedente la misura di prevenzione, è stato introdotto dal legislatore per offrire, alla vittima delle molestie, uno strumento alternativo alla tutela giudiziaria, idoneo, in tempi celeri, ad esercitare efficacia dissuasiva sull’autore della condotta molesta.
41. E’, dunque, strumento alternativo alla procedibilità a querela, volto a consentire alla vittima di esporre i fatti all’Autorità di pubblica sicurezza, anziché all’autorità giudiziaria, richiedendo un provvedimento idoneo, per l’autorità dalla quale promana, a rimuovere il vulnus alla sfera privata, relazionale e all’integrità fisica, in funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati penalmente dall’art. 612-bis c.p..
42. Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, l’ammonimento “presuppone non l’acquisizione della prova richiesta ai fini della condanna per il reato di stalking, ma la sussistenza di soli elementi indiziari dai quali sia possibile desumere, con un adeguato grado di attendibilità, un comportamento reiterato anomalo, minaccioso o semplicemente molesto atto a determinare un perdurante e grave stato di ansia e paura nella vittima e potenzialmente degenerare, se non fermato, in condotte costituenti reato” (Cons. Stato, Sez. III, 9 marzo 2023, n. 2496).
43. Il sindacato sulla legittimità amministrativa della misura di prevenzione ha, in sé, una propria autonomia, con la conseguenza che l’effetto sul processo penale e sull’accertamento delle responsabilità penali personali attengono ad un diverso giudizio, questo sì appannaggio del giudice penale.
44. Recita, nei commi successivi, l’art. 8 cit.: “3. La pena per il delitto di cui all’art. 612-bis c.p., è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo. 4. Si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’art. 612-bis c.p., quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.
45. Dunque, il legislatore del 2009 ha ricollegato esclusivamente alle condotte illecite poste in essere dal soggetto ammonito le conseguenze della procedibilità di ufficio e dell’aggravamento, ex lege, della pena (si veda, fra le altre, Cass. pen., sez. V., n. 1035 del 2021).
46. L’ammonimento è un comando dell’autorità amministrativa a carico del prevenuto che rimane, in ogni caso, libero di aderirvi o meno, senza che ciò implichi, di per sé, alcuna sanzione penale.
47. Il comune denominatore tra sanzione penale e misura di prevenzione è costituito dai fatti oggetto di segnalazione da parte della vittima, riconducibili all’art. 612-bis c.p., suscettibili, successivamente, di accertamento in sede penale solo se, nonostante l’ammonimento, seguiti da ulteriori e rinnovate condotte moleste.
48. Ebbene, l’adozione dell’ammonimento presuppone la sussistenza di soli elementi indiziari dai quali desumere, con adeguato grado di attendibilità, un comportamento reiterato, anomalo, minaccioso o semplicemente molesto, avvertito come tale dal destinatario della condotta e atto a determinare, nella vittima, uno stato di ansia e paura.
49. La valutazione amministrativa, distinta come tale dalla valutazione e dall’accertamento rimessi al giudice penale, è preordinata non ad affermare una responsabilità ma a dissuadere da comportamenti molesti o persecutori, allo scopo di prevenire la commissione di reati nei confronti della persona, mediante un giudizio prognostico ex ante relativo alla sussistenza di un mero pericolo (v., fra le altre, Cons. St., sez. III, 25 giugno 2020, n. 4077).
50. Il provvedimento dell’ammonimento, a fronte di una situazione di mero pericolo, si pone, in definitiva, nell’alveo della miglior tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, con la conseguenza che non rileva, ai fini della validità del provvedimento medesimo, l’esatta integrazione della fattispecie di reato di cui all’art. 612-bis c.p., in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, né un’eventuale, successiva sentenza di assoluzione del soggetto ammonito, comporta l’invalidità del provvedimento di ammonimento (fra le altre, T.A.R. Sardegna, Cagliari Sez. I, 29 aprile 2023, n. 322).
51. Ed allora, versandosi in tema di tutela di un mero pericolo in un contesto proprio della sicurezza pubblica, il giudice amministrativo non ha espresso alcuna statuizione riservata alla giurisdizione del giudice penale o suscettibile di pregiudicarne la sfera ad essa riservata.
52. Il sindacato del Consiglio di Stato si è limitato all’apprezzamento riservato al suo plesso giurisdizionale, applicando alla misura di prevenzione della quale si controverte, in continuità con gli arresti della giurisprudenza amministrativa, quella logica dimostrativa a base indiziaria, e di tipo probabilistico, che informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione, con l’esito dello scrutinio diretto non ad affermare alcuna responsabilità, sibbene a prevenire la commissione di reati (mediante quel giudizio prognostico, ex ante, relativo alla sussistenza di un mero pericolo, del quale si è dianzi detto: cfr., in proposito, Cons. Stato Sez. III, 3 aprile 2023, n. 3420).
53. L’ulteriore profilo di doglianza illustrato, inerente all’illimitata efficacia del decreto concerne, invece, i limiti interni della giurisdizione e il relativo scrutinio, in questa sede, è pertanto precluso.
54. Miglior sorte non seguono le doglianze di violazione del principio di effettività ed arretramento della giurisdizione, denunciate col secondo mezzo d’impugnazione.
55. Il giudice amministrativo non si è affatto sottratto allo scrutinio di legittimità sostanziale dell’atto, posto che, descritto l’ambito della propria giurisdizione alla stregua della cornice dianzi illustrata, non ha sconfinato nell’accertamento del reato che la misura di prevenzione è preordinata a prevenire, non essendo riservato, al Consiglio di Stato, tale ambito di giudizio.
56. Il Consiglio di Stato, lungi dall’arretrare la propria giurisdizione sulle censure avverso il decreto di ammonimento, le ha rigettate e la decisione impugnata non si risolve in un diniego relativo di giurisdizione, per arretramento, non essendosi affermato, da parte del giudice adito, che la misura di prevenzione non era scrutinabile esponendo l’ammonito ad un irrimediabile vuoto di tutela giurisdizionale.
57. Lo snodo argomentativo sul quale poggia la doglianza – vale a dire l’adozione della misura di prevenzione sub condicione della sussistenza di tutti gli elementi individuati dalla norma penale incriminatrice – risulta già confutato nei paragrafi che precedono e, dunque, non vale indugiare oltre su tale erronea premessa.
58. Vale, a questo punto, ricordare che questa Corte a Sezioni Unite ha affermato (Cass., Sez. Un., 13 maggio 2020, n. 8848; Cass., Sez. Un., 19 aprile 2021, n. 10245; Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 30112) che l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione o eccesso di potere giurisdizionale (c.d. sconfinamento o invasione), o di rifiuto di giurisdizione (c.d. arretramento), che si verificano, rispettivamente, quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in assoluto, di cognizione giurisdizionale, o di difetto relativo di giurisdizione o diniego di giurisdizione, riscontrabili, rispettivamente, quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale (c.d. invasione), ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, giudice ordinario o altro giudice speciale (c.d. autolimitazione). Il difetto relativo di giurisdizione è funzionale al rispetto degli ambiti di giurisdizione tra i vari plessi giudiziari.
59. La nozione di eccesso di potere giurisdizionale non ammette letture estensive, neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, il relativo vizio non è configurabile in relazione a denunciate violazioni di legge sostanziale o processuale riguardanti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (fra tante, Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2605).
60. Si è quindi precisato, in ordine alla distinzione tra casi in cui vi è rifiuto della giurisdizione e quelli in cui si riscontra un semplice cattivo esercizio della giurisdizione per errores in iudicando o in procedendo, non sindacabile dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, che il cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del giudice, che provveda perché investito di essa e, dunque, ritenendo esistente la propria giurisdizione e, tuttavia, nell’esercitarla, applichi regole di giudizio che lo portino a negare tutela alla situazione giuridica azionata, si risolve soltanto nell’ipotetica commissione di un errore all’interno ad essa e, se tale errore porta a negare tutela alla situazione fatta valere, ciò si risolve in una valutazione di infondatezza della richiesta di tutela, ancorché la statuizione, in quanto proveniente dal giudice di ultimo grado della giurisdizione adita, comporti che la situazione rimanga priva di tutela giurisdizionale (fra le tante, Cass. Sez. Un. 6 giugno 2017, n. 13976).
61. Ne deriva che integra il vizio di rifiuto dell’esercizio della giurisdizione l’affermazione – contro la regula juris che attribuisce a quel giudice il potere di dicere ius sulla domanda – che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio e’, in astratto, priva di tutela, allorché essa sia corredata dal rilievo della estraneità di tale situazione non solo alla propria giurisdizione ma anche a quella di ogni altro giudice; mentre, ove tale affermazione sia accompagnata dal riconoscimento dell’esistenza dell’altrui giurisdizione, ricorre un’ipotesi di diniego della propria giurisdizione, l’uno e l’altro vizio, peraltro, risultando i soli sindacabili dalla Corte di cassazione ex art. 111 Cost., u.c., diversamente dall’erronea negazione, in concreto, della tutela alla situazione soggettiva azionata (Cass., Sez. Un., 6 giugno 2017, n. 13976; v., fra le più recenti, Cass., Sez. Un., 20 giugno 2023, n. 19103 ed ivi ulteriori precedenti).
62. Va aggiunto che l’ambito concettuale dell’ordinanza n. 19598 del 2020 di queste Sezioni Unite, evocata nell’illustrazione del motivo, non coincide con quello della controversia in esame, perché la predetta ordinanza ipotizza il diniego di giurisdizione soltanto quando il giudice nazionale neghi l’accesso alla tutela, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia che invece quella tutela ammette.
63. E’, tuttavia, dirimente che la decisione della Corte di giustizia dell’Unione del 21 dicembre 2021, C-497/20, Randstad, la quale rispondendo ai quesiti posti dal rinvio pregiudiziale di questa Corte ha affermato che non osta al diritto dell’Unione, sotto il profilo dell’esistenza di una tutela effettiva ed equivalente rispetto alle posizioni soggettive garantite dal diritto interno, una disposizione normativa nazionale, come quella italiana, che impedisce di contestare la conformità al diritto Europeo di una sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte di Cassazione.
64. L’atteggiamento di self restraint adottato dalle Sezioni Unite dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 ha dunque superato il vaglio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, sollecitato dalla predetta ordinanza interlocutoria, ed ha ricevuto conferma nella giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza della Corte di Giustizia del 21 dicembre 2021: la declaratoria d’inammissibilità del ricorso non incide sull’effettività della tutela giurisdizionale o sui principi del giusto processo, i quali ammettono tale esito (cfr., fra le tante Cass., sez. un., 4 ottobre 2022, nn. 28803 e 28800; 29 settembre 2022, n. 28431; 30 agosto 2022, n. 25503; 28 luglio 2022, n. 23657; 8 aprile 2022, n. 11549; 16 febbraio 2022, n. 5121; 31 gennaio 2022, n. 2879; 24 gennaio 2022, n. 1996; 18 gennaio 2022, n. 1454).
65. Nel caso di specie il diritto processuale nazionale consente, di per sé, agli interessati di proporre un ricorso dinanzi ad un giudice indipendente e imparziale, costituito dalla giurisdizione amministrativa in primo e in secondo grado, con la possibilità piena di far valere, in modo effettivo, dinanzi ad esso ogni violazione denunziata, ed esiste il rimedio giurisdizionale idoneo, che consente di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, essendo coerente con questo che spetti al Consiglio di Stato, quale organo di vertice della giustizia amministrativa, la competenza a pronunciarsi in ultima istanza, tanto in fatto quanto in diritto, sulla controversia di cui trattasi.
66. L’organo di vertice della giustizia amministrativa ha autonomamente ricostruito, con giudizio prognostico del quale si è già dianzi detto, la rilevanza giuridica della condotta del soggetto coinvolto, concludendo per l’esistenza delle condizioni per la misura di prevenzione adottata.
67. L’attività interpretativa e di apprezzamento degli elementi di causa, prerogativa tipica della funzione giurisdizionale, non può dunque integrare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo.
68. Del pari attinente ai limiti interni della giurisdizione è la sollecitazione a queste Sezioni Unite, con il terzo motivo, a sollevare, dinanzi al Giudice delle leggi, questione di legittimità costituzionale del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 8, e successive modifiche, per plurimi profili.
69. Vale premettere che le doglianze svolte col terzo motivo lamentano l’assenza di pienezza (o adeguatezza ed effettività di tutela) – sotto il profilo dell’omissione di istruttoria, del mancato accertamento dei fatti di causa, nonché dei relativi elementi prova – del sindacato del giudice amministrativo in ordine alla contestata misura di prevenzione, là dove l’asserita violazione della normativa nazionale ed Europea di riferimento assume rilievo meramente incidentale, poiché in concreto solo genericamente lamentata al fine di radicare – strumentalmente – per il tramite della esperibilità di ricorso per cassazione avverso sentenza del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, la delibazione dei requisiti di rilevanza e non manifesta infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale.
70. E, difatti, la censura afferisce non già al preteso stravolgimento di principi e prassi applicabili in materia di misure di prevenzione, sibbene all’asserita lesione del diritto di accesso ad un giudice avente piena giurisdizione e al tipo di controllo esercitato dal giudice amministrativo sul provvedimento di prevenzione dell’autorità di pubblica sicurezza – connotato da discrezionalità amministrativa – che si postula come affatto inadeguato in punto di attività istruttoria e valutazioni fattuali.
71. La pretesa violazione o stravolgimento delle norme di riferimento in materia di pubblica sicurezza, ove riferita, per l’appunto, all’assenza del dovuto sindacato pieno del giudice amministrativo sul provvedimento del Questore inerisce, risolvendosi in una pura istanza di rivisitazione della carente attività di apprezzamento dei fatti di causa, all’alveo della giurisdizione del giudice amministrativo.
72. L’acquisizione delle prove e la verifica diretta dei fatti tramite l’esame e la valutazione delle complessive emergenze probatorie, da cui il giudice amministrativo ha desunto essere stata integrata la fattispecie oggetto di protezione e dissuasione con l’applicazione della misura di prevenzione, inerisce, come illustrato nei paragrafi precedenti, al limite interno della giurisdizione, siccome concernenti il modo di esercizio del sindacato di legittimità esercitabile (nonché, nella specie, esercitato) dal giudice amministrativo in ordine al provvedimento adottato.
73. Il preteso mancato esame completo dei fatti si risolverebbe, invero, anch’esso in un error in procedendo o in iudicando, non sindacabile col ricorso alle Sezioni Unite.
74. Al giudice amministrativo compete il giudizio sul fatto, posto a fondamento del provvedimento amministrativo, concernente l’esistenza o l’inesistenza delle circostanze concrete prese in considerazione dalla p.a. nel provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. Un., ord. 5 giugno 2023, n. 15706; Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27140).
75. Quando il rigetto del ricorso sia stato determinato da una ricostruzione asseritamente inesatta della vicenda sottoposta all’esame del giudice amministrativo, non sussiste un motivo inerente alla giurisdizione, se essa non si traduca anche nell’esclusione dell’astratta tutelabilità della situazione soggettiva fatta valere con la domanda, bensì nell’accertamento della sua infondatezza (cfr. Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27140, ed ivi ulteriori precedenti).
76. Anche se (solo in ipotesi) eventualmente commessi, gli errores in iudicando o in procedendo dedotti dal ricorrente rimangono confinati entro i limiti interni dell’anzidetta giurisdizione e del relativo concreto esercizio nell’accertamento e qualificazione dei fatti.
77. Ne segue che, all’evidenza, oltre a risultare il terzo motivo articolato su profili già abbondantemente enunciati con i precedenti motivi, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per inerire al limite interno della giurisdizione, andavano previamente delibate dal giudice amministrativo, al quale spettava il potere di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma; in difformità, pertanto, con le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale nel senso della esclusiva scrutinabilità nel giudizio penale eventualmente conseguente ai fatti di causa.
78. Del resto, per concludere, non rientra nell’ambito del controllo che l’art. 111 Cost., comma 8, affida alla Corte di cassazione (v., fra tante, Cass., Sez. Un., 8 aprile 2022, n. 11547; Cass., Sez. Un., 30 settembre 2022, n. 28470), sollevare questione di legittimità costituzionale, su impulso o meno delle parti.
79. Il ricorso e’, dunque, rigettato.
80. Spese compensate per la novità e relativa complessità dell’oggetto del giudizio; in ogni caso, nella memoria illustrativa del ricorrente si assume, condivisibilmente, la carenza d’interesse della Scuola Superiore alla quale il ricorso è stato notificato per mera denuntiatio litis.
81. In caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, si dispone che sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di Z.P.F. e F.C., riportati nell’ordinanza.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso; spese compensate.
Dispone l’oscuramento dati, come precisato in motivazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, il 26 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2023
