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Cassazione civile sez. un., 22/02/2025, n.4717

Massima

La nullità della procura per impossibilità di identificare il soggetto che l’ha conferita ovvero di decifrare il nome del sottoscrittore o la qualità in virtù della quale egli spende il potere rappresentativo di una compagine sociale rende inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, a meno che non vi siano altri ricorrenti che abbiano rilasciato valide procure oppure che la parte controricorrente, senza dedurre la suddetta inammissibilità, abbia preso posizione sulla questione di giurisdizione, configurandosi tale atteggiamento come impulso processuale idoneo affinché sia pronunciata la decisione al riguardo. 

Supporto alla lettura

REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE

L’art. 41 c.p.c. stabilisce che finché la causa non è decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte (sia l’attore sia il convenuto) può chiedere alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la risoluzione espressa delle questioni di giurisdizione derivanti dall’art. 37 c.p.c.

La Corte di Cassazione adita emetterà apposita ordinanza in camera di consiglio mediante la quale fisserà definitivamente l’estinzione del procedimento a quo, sarà poi il Giudice legittimato a decidere la controversia e dinanzi al quale le parti potranno scegliere di riassumere il processo con conservazione degli effetti processuali precedentemente prodottisi.

Il regolamento preventivo di giurisdizione ha una tipica funzione di economia processuale in quanto fa sì che la causa venga instaurata dinanzi al Giudice “competente” onde evitare che sorgano, in pendenza di giudizio, questioni relative alla corretta individuazione della giurisdizione e che la macchina giudiziaria subisca un consistente rallentamento.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTI DI CAUSA

1. Nel 2021 un gruppo di 282 soggetti (tra i quali persone fisiche, società commerciali, società cooperative, ONLUS) convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero della Salute chiedendone la condanna al risarcimento del danno.

2. A fondamento della domanda dedussero che:

-) tutti loro esercitavano attività commerciali di ristorazione;

-) con quattro provvedimenti amministrativi (e cioè, in ordine cronologico:

a) la nota della “Conferenza delle Regioni” 15.5.2020;

b) le “Linee guida” di cui all’allegato 9 al d.P.C.M. 2 marzo 2021;

c) le “Linee guida” del 28 maggio 2021 adottate ex art. 1, comma 14, D.L. 16 maggio 2020 n. 33;

d) l’ordinanza del Ministro della salute 29 maggio 2021);

il Governo impose agli esercenti le attività di ristorazione l’adozione di misure di vario genere finalizzate a prevenire o contenere la diffusione del virus SARS-CoV-2;

-) tra queste misure erano comprese l’utilizzo di tovaglie monouso o da sostituire per ogni cliente; l’utilizzo di monoporzioni; la messa a disposizione di distributori di prodotti igienizzanti; l’adozione di menù plastificati e igienizzati dopo ogni utilizzo o almeno monouso; l’installazione di schermi in materiale plastico trasparente tra i tavoli a disposizione dei clienti; la sanificazione dei bagni all’inizio di ogni turno di apertura al pubblico e almeno due volte durante l’orario di apertura;

-) per adottare tali misure gli attori sostennero costi definiti “ingenti”;

-) con l’imposizione delle suddette misure il Governo aveva creato in essi attori un “legittimo affidamento” sulla possibilità di proseguire l’attività commerciale, se quelle misure fossero state adottate;

-) ciononostante alle attività di ristorazione fu comunque imposta ope legis la chiusura forzosa tra il 2020 e il 2021, per un periodo di circa 200 giorni.

Tale condotta – conclusero gli attori – costituiva lesione di un loro legittimo affidamento sul fatto che la p.a. avrebbe tenuto una condotta “corretta”, e cioè avrebbe garantito la continuità nell’esercizio d’impresa a quanti avessero adottate le suddette misure di igiene e profilassi; la lesione di tale affidamento era fonte di responsabilità contrattuale o, in subordine, aquiliana; la domanda di risarcimento del conseguente danno era quindi devoluta al giudice ordinario.

3. Nel giudizio intervenne ad adiuvandum l’Associazione Ristoranti del Centro Storico di Roma.

4. La Presidenza del Consiglio ed il Ministero della Salute si costituirono eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore di quello amministrativo.

5. Nelle more del giudizio di primo grado gli attori hanno chiesto a questa Corte di regolare la giurisdizione ai sensi dell’art. 41 c.p.c., sostenendo che questa spetti al giudice ordinario.

Assumono i ricorrenti che la giurisdizione spetti al giudice ordinario per avere essi proposto “una domanda autonoma di risarcimento per un danno da contatto sociale qualificato e/o per il legittimo affidamento ingenerato nel privato (che) verte su posizioni giuridiche inquadrabili nell’ambito dei diritti fondamentali della persona, quale il diritto all’iniziativa economica, di cui all’art. 41 cost., dei ristoratori”.

Le due amministrazioni convenute si sono costituite chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo anch’egli che sia dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Le Amministrazioni resistenti hanno depositato memoria.

Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente rileva la Corte che la procura conferita da una buona metà dei ricorrenti al proprio difensore è nulla:

-) in taluni casi infatti la procura è nulla perché non è dato sapere chi sia il soggetto conferente: se persona fisica, persona giuridica, ente di fatto o cos’altro, come nel caso del soggetto indicato come “Chiringuito di D.C.” (n. 204 di cui all’epigrafe del presente provvedimento);

-) in altri casi la procura è nulla perché conferita con la seguente formula: “la società (ecc.) delega l’avvocato (omissis)”, senza che sia indicato né il nome del sottoscrittore, né la sua qualità di rappresentante, e senza che la sottoscrizione sia leggibile (come nel caso di quasi tutte le società a responsabilità limitata ricorrenti);

-) in altri casi la procura è nulla perché il documento informatico che la contiene è un file in formato *.pdf “immagine”, di colore così scuro da renderne illeggibile la gran parte, e comunque nella sottoscrizione (come nel caso della Bo. soc. coop. (n. 79) o della Doragon Srl (n. 232)).

La contemporanea impossibilità sia di stabilire l’identità del sottoscrittore della procura; sia di sapere quale sia la sua veste nella compagine sociale; sia di decifrare l’eteroclito ghirigoro apposto come firma, rende la procura nulla (Sez. L, Sentenza n. 7382 del 09/08/1996; Sez. U, Sentenza n. 9382 del 24/09/1997; Sez. 1, Sentenza n. 975 del 30/01/1998; Sez. 1, Sentenza n. 975 del 30/01/1998; Sez. U, Sentenza n. 5764 del 10/06/1998; Sez. L, Sentenza n. 6431 del 01/07/1998; Sez. 3, Sentenza n. 10030 del 09/10/1998; Sez. 1, Sentenza n. 5282 del 12/04/2002; Sez. 2, Sentenza n. 13760 del 18/09/2003; Sez. 3, Sentenza n. 27444 del 13/12/2005) e, di conseguenza, renderebbe teoricamente inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, che è soggetto alle regole generali del giudizio di legittimità (Sez. U – , Ordinanza n. 18472 del 05/07/2024).

2. La rilevata nullità tuttavia nel caso di specie non osta all’esame del regolamento di giurisdizione: sia perché una parte degli attori nel giudizio di merito ha depositato una valida procura (e tanto basta per provvedere sul “fondo” del regolamento); sia perché le amministrazioni controinteressate nulla hanno dedotto sull’inammissibilità del regolamento ed hanno preso posizione sulla questione di giurisdizione. E tale condotta costituisce un impulso processuale idoneo perché sia pronunciata la decisione al riguardo (così già Sez. U, Sentenza n. 6962 del 26/07/1994, proprio in un caso di inammissibilità del regolamento preventivo per difetto di procura).

2.1. Naturalmente spetterà al giudice di merito, nel caso di prosecuzione del giudizio, valutare la ritualità delle procure alle liti ai fini della decisione sulla domanda di danno.

3. La giurisdizione sulla domanda proposta dagli odierni ricorrenti spetta al giudice amministrativo.

La prospettazione degli attori nel giudizio di merito è – in sostanza – di avere patito un danno consistito nell’avere speso del denaro inutilmente, incolpevolmente fidando nel fatto che l’adozione delle prescritte misure di contenimento della pandemia da Covid-19 li avrebbe messi al riparo dal rischio della chiusura forzosa.

Essi dunque hanno proposto una domanda a fondamento della quale deducono:

a) una condotta colposa della p.a. consistita nell’avere adottato due serie di provvedimenti amministrativi: dapprima l’imposizione delle misure di contenimento; in seguito l’imposizione della chiusura (così, espressamente, l’atto di citazione, p. 41);

b) l’esistenza d’un danno patrimoniale (in verità è dedotto in citazione anche un danno non patrimoniale, ma manca al riguardo qualsiasi argomentazione a sostegno).

D’altro non v’è bisogno per affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 7, comma 4, D.Lgs. 104/2010.

Infatti la pretesa dei ricorrenti di non spendere denaro per attuare misure di igiene e profilassi all’interno dei propri esercizi; così come la pretesa che l’autorità di Governo non adotti misure di confinamento o chiusura forzosa degli esercizi commerciali; ed infine la pretesa che all’imposizione di misure di contenimento non faccia seguito la chiusura forzosa dell’attività non sono certo diritti soggettivi.

I ricorrenti scambiano il diritto al libero esercizio dell’attività economica, che ha copertura costituzionale, con la pretesa di esercitarla con i tempi ed i modi ad essi convenienti, che copertura costituzionale non ha.

4. A torto i ricorrenti richiamano la giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di danno da lesione dell’affidamento del privato sulla legittimità dell’azione amministrativa.

La tesi sostenuta al riguardo dai ricorrenti si fonda sull’equazione “condotta scorretta della P.A. = lesione dell’affidamento”. Si tratta tuttavia d’una tesi che legge in modo erroneo la giurisprudenza di questa Corte.

4.1. Con l’espressione “danno da lesione dell’affidamento” (scilicet, sulla legittimità dell’operato della pubblica amministrazione) la giurisprudenza designa l’ipotesi in cui il privato compia atti giuridici o attività materiali sulla base di provvedimenti amministrativi che gli appaiono incolpevolmente legittimi, ma che in seguito vengono annullati o revocati a scopo di autotutela dalla stessa P.A. che li ha adottati, sì da rendere inutili o dannosi gli atti o le attività avviati dal privato fidando nella legittimità dell’atto poi annullato o revocato.

Il danno da lesione dell’affidamento sulla correttezza dell’attività provvedimentale della p.a. non è quindi un danno da provvedimento, ma è un danno da comportamento. Esso è stato ritenuto sussistente da questa Corte (e soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario) essenzialmente in tre casi, ovvero quando la P.A.:

a) amplia la sfera giuridica del destinatario con un provvedimento che, in seguito, si rivela fondato su presupposti di fatto erronei (Sez. U, Ordinanza n. 27323 del 22/10/2024, con riferimento alla domanda di danno proposta nei confronti di un Comune che aveva rilasciato un certificato di destinazione urbanistica attestante un erroneo indice di edificabilità ed una erronea dichiarazione di insussistenza di divieti di edificazione; ed ancora Sez. U – , Ordinanza n. 15383 del 03/06/2024, con riferimento alla domanda di accertamento della violazione del dovere di correttezza da parte d’una amministrazione appaltante che dapprima aveva indicato nel bando di gara dati non corrispondenti a quelli reali circa l’entità degli interventi richiesti all’appaltatore – inducendo quest’ultimo a formulare un’offerta economica poi rivelatasi insostenibile -, e poi revocando l’aggiudicazione a fronte del rifiuto dell’appaltatore di sostenere i non previsti e maggiori oneri);

b) adotta un provvedimento che induce il destinatario od un terzo al compimento di atti o alla programmazione di attività, e che in seguito viene revocato (Sez. U, Ordinanza n. 13964 del 20/05/2024, con riferimento alla domanda di danno derivante dall’avere la P.A. dapprima concesso, e poi annullato in autotutela, un permesso di costruire; Sez. U, Ordinanza n. 24305 del 9/8/2023, con riferimento alla domanda di risarcimento del danno causato dall’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione d’un appalto di servizi);

c) adotta un provvedimento che nuoce non al destinatario di esso, ma ad un terzo, quale conseguenza mediata e indiretta dell’illegittimità del provvedimento (Sez. U, Ordinanza n. 4929 del 23/02/2024, con riferimento alla domanda di risarcimento proposta da un architetto convenuto in rivalsa dal costruttore, sottoposto a sanzione amministrativa – poi annullata – per violazione di norme urbanistiche; così pure Sez. U, Ordinanza n. 31023 del 7/11/2023, con riferimento alla domanda di risarcimento proposta dal costruttore d’un immobile, escusso dai confinanti, contro il Comune che aveva autorizzato una costruzione irrispettosa delle distanze legali).

4.2. In tutte le ipotesi suddette ci troviamo dunque dinanzi ad un provvedimento amministrativo attributivo di diritti o facoltà che in seguito viene rimosso.

Due sono i presupposti d’una domanda di risarcimento del danno da incolpevole affidamento nella legittimità del provvedimento amministrativo: a) l’allegazione dell’esistenza d’un provvedimento amministrativo; b) l’allegazione della sua apparente legittimità, non corrispondente però alla sottostante e reale illegittimità.

4.3. Nessuno di tali presupposti è stato dedotto dagli odierni ricorrenti a fondamento della domanda di danno. Essi stessi assumono che nessun provvedimento di ampliamento della loro sfera giuridica è stato mai adottato dalla P.A., e nessun provvedimento di prevenzione dell’epidemia è stato annullato o revocato.

Per quanto detto, infatti, l’ “affidamento” la cui violazione da parte della p.a. può far sorgere un obbligo risarcitorio in capo a quest’ultima è quello sulla legittimità d’un provvedimento amministrativo, non la mera speranza che la P.A. in futuro si astenga dall’adottare misure restrittive a salvaguardia del pubblico interesse.

4.5. Conclusivamente gli attori:

a) non vantano un diritto, ma un interesse;

b) non lamentano la lesione d’un affidamento, ma d’una mera aspettativa, anzi, d’una speranza od auspicio;

c) non prospettano di aver speso denaro fidando sulla legittimità d’un provvedimento poi annullato, ma prospettano di avere speso denaro fidando nella futura adozione di determinate scelte della P.A., non vincolate e non necessitate.

Mancano, dunque, tutti i presupposti sia giuridici che di fatto per invocare la giurisprudenza formatasi in tema di riparto della giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno da lesione dell’affidamento sulla legittimità d’un atto amministrativo.

5. I princìpi sopra riassunti sono stati ripetutamente affermati sia dal Giudice delle leggi, sia da questa Corte, in fattispecie analoghe o prossime a quella oggi in esame.

5.1. Innanzitutto già la Corte costituzionale, con la sentenza 9.2.2023 n. 14, chiamata a stabilire se fosse conforme a Costituzione la norma impositiva dell’obbligo vaccinale per determinate categorie di lavoratori, ha stabilito che la scelta tra più possibili opzioni intese a fronteggiare un’emergenza sanitaria costituisce “esercizio di discrezionalità politica”.

5.2. Inoltre, con riferimento alla pretesa responsabilità della P.A. per il compimento o l’omissione di atti concernenti la gestione dell’emergenza pandemica da Covid-19, questa Corte ha già ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo in due casi. In particolare:

-) Sez. U, Ordinanza n. 18540 del 30/06/2023, ha attribuito alla giurisdizione amministrativa la domanda di risarcimento del danno fondata sull’assunto che il Governo non avrebbe saputo fronteggiare con misure idonee e tempestive l’epidemia da Covid-19; nella motivazione di tale decisione si afferma che “quel che viene attribuito ai convenuti (…) quale fonte della lesione delle posizioni degli attori, è ictu oculi l’esercizio di potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione in ordine al fronteggiare l’epidemia”;

-) Sez. U, Ordinanza n. 28022 del 26/09/2022, ha attribuito alla giurisdizione amministrativa la richiesta di annullamento del provvedimento con cui una ASL aveva disposto l’isolamento domiciliare di calciatori professionisti contagiati dal Covid-19, precludendogli la possibilità di disputare la, programmata gara di campionato.

6. Le spese del presente regolamento saranno liquidate dal giudice del merito.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

-) dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, cui rimette la regolazione delle spese del presente regolamento di giurisdizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, addì 26 novembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2025.

Allegati

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