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Cassazione civile sez. un., 14/05/2014, n. 10406

Massima

In tema di revoca della patente di guida disposta dal Prefetto nei confronti di soggetto sottoposto a misura di prevenzione, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, in particolare al Tribunale, in quanto l’opposizione non si configura come impugnazione di una sanzione amministrativa ma mira alla tutela di un diritto soggettivo leso da un atto amministrativo vincolato. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ribadendo un proprio precedente orientamento, ha chiarito che la revoca della patente in tali casi non deriva da una valutazione discrezionale dell’amministrazione, bensì dalla sussistenza di presupposti di legge che rendono l’atto dovuto, incidendo direttamente su un diritto soggettivo. Di conseguenza, il giudizio non rientra nella competenza funzionale del Giudice di Pace, bensì in quella del Tribunale ordinario.

Supporto alla lettura

DIFETTO DI GIURISDIZIONE

Disciplinato dall’art. 37 c.p.c., consiste nell’impossibilità per il giudice ordinario di esplicare la propria funzione giurisdizionale, in quanto devoluta dalla legge ad altri giudici appartenenti non semplicemente ad altri uffici (altrimenti si configurerebbe difetto di competenza ex art. 38 c.p.c.) bensì ad altri sistemi giudiziali, come quello dei ricorsi amministrativi o ad altri poteri pubblici (es.: Pubblica Amministrazione).

In passato, tale difetto era era rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, trattando alla stregua il difetto assoluto di giurisdizione (quando la questione proposta di fronte al giudice è in realtà riservata al legislatore o all’amministrazione) e il difetto relativo di giurisdizione (che si occasiona tra diverse giurisdizioni), la nuova formulazione dell’art. 37 c.p.c. ha distinto le diverse ipotesi di difetto di giurisdizione, chiarendo, definitivamente, le facoltà impugnatorie riconosciute all’attore nei giudizi di impugnazione.
La riforma Cartabia non sembra invece incidere in maniera nettamente innovativa sul processo amministrativo dal momento che il tenore letterale dell’art. 9 c.p.a., prevedeva già che «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO
1. – Ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata depositata presso la cancelleria della Sesta Sezione civile – Sottosezione 2 – la seguente relazione:
1. – Con ricorso depositato il 23.12.2010 (omissis) proponeva opposizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 e segg. e art. 120 C.d.S., avverso l’ordinanza con la quale il Prefetto di Nuoro gli aveva revocato la patente di guida essendo persona sottoposta alla misura della sorveglianza speciale.

Con “decreto-ordinanza” del 28.12.2010 il giudice di pace di Macomer dichiarava inammissibile il ricorso ritenendo competente a provvedere il Ministro dell’Interno, di concerto col Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, in base all’art. 120 C.d.S., comma 4, come modificato dalla L. n. 94 del 2009, art. 3, comma 52, lett. a).

2. – Avverso detto provvedimento (omissis) propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

2.1. – La Prefettura di Nuoro è rimasta intimata.

3. – L’unico motivo d’annullamento deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 120 C.d.S., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1 per motivi attinenti alla giurisdizione, sostenendo – mediante il richiamo a Cass. S. U. n. 2446/06 – che il provvedimento di revoca della patente di abilitazione alla guida si ricollega ad un diritto soggettivo, per cui, in difetto di deroghe ai comuni criteri di riparto, la giurisdizione compete al giudice ordinario.

4. – In punto di ammissibilità del ricorso deve premettersi che la prevalente giurisprudenza di questa Corte formatasi sull’interpretazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1 come modificato dal D.Lgs. n. 507 del 1999, art. 99 ritiene che detta norma – la quale stabilisce la ricorribilità per cassazione dell’ordinanza che dichiari inammissibile il ricorso perchè proposto oltre il termine di cui all’art. 22 cit. legge – sia rimasta immutata anche dopo le modifiche arrecate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha generalizzato l’appello avverso le sentenze pronunciate in primo grado in materia di opposizione a sanzione amministrativa, nonchè avverso le ordinanze di cui al quinto comma dello stesso art. 23 (Cass. nn. 1717/12, 182/11, 9667/10 e 18009/10; contra, n. 4355/10). In particolare, è stato osservato che qualora il provvedimento d’inammissibilità venga emesso, inaudita altera parte, con ordinanza, il mezzo d’impugnazione, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1 della anche dopo la modifica del regime delle impugnazioni introdotto con la L. n. 40 del 2006,- in vigore dal 3 marzo 2006, è il ricorso per cassazione. Al contrario nell’ipotesi in cui la pronuncia intervenga all’esito di un giudizio instaurato, nelle forme ordinarie, previa convocazione delle parti, il provvedimento ha natura di sentenza ed è impugnabile mediante l’appello (Cass. n. 9667/10).

4.1. – Tale principio appare estensibile ad ogni ipotesi in cui – come nella fattispecie – l’opposizione sia rivolta avverso una pronuncia d’inammissibilità resa ante portas, vale a dire con provvedimento emesso ancor prima che, fissata l’udienza di comparizione e notificato il ricorso, sia stato istituito il contraddittorio fra le parti e instaurato il giudizio.

4.2. – Ciò premesso, il motivo è fondato. Come rilevato da Cass. S.U. n. 2446/06, menzionata nello stesso ricorso, “il citato art. 120 C.d.S., comma 1, nel testo risultante a seguito delle sentenze della Corte costituzionale 21 ottobre 1998, n. 354, 18 ottobre 2000 n. 427 e 17 luglio 2001 n. 251, contempla la revoca della patente di guida, quando il titolare sia sottoposto a determinate misure di prevenzione in corso di applicazione, sulla scorta di una diretta valutazione di pericolosità del protrarsi del godimento della relativa abilitazione nel periodo di vigenza di dette misure, mentre non richiede alcun apprezzamento da parte dell’autorità amministrativa circa il verificarsi di detta pericolosità nel singolo caso (apprezzamento che era invece previsto dallo stesso art. 120 C.d.S., con disposizione che è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza 15 luglio 2003 n. 239, per la revoca della patente nei confronti del condannato a pena detentiva non inferiore a tre anni). Detto provvedimento prefettizio di revoca della patente in dipendenza di misure di prevenzione non esprime quindi esercizio di discrezionalità amministrativa, cioè di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma è un atto dovuto, nel concorso delle condizioni all’uopo stabilite dalla norma (caratteristica ritenuta anche nella citata pronuncia della Corte costituzionale n. 427 del 2000, e del resto non contestata dal ricorrente). Pertanto, in sintonia con quanto ritenutosi per similari interventi sulla patente di guida (sospensivi od ablativi) a seconda che siano vincolati a circostanze prestabilite o passino attraverso valutazioni discrezionali degli organi amministrativi (cfr., per le rispettive ipotesi, Cass. s.u. 27 aprile 2005 n. 8693, nonchè Cass. s.u. 29 aprile 2003 n. 6630 e 20 maggio 2003 n. 7898), si deve affermare che la domanda rivolta a denunciare l’illegittimità del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, si ricollega ad un diritto soggettivo, e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario (al quale compete, nell’eventualità del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso disapplicando l’atto lesivo)”.

5. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, a termini dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

2. – All’adunanza camerale del 14 febbraio 2013, il Collegio, ritenuto che la fattispecie in esame non sia perfettamente coincidente con quella oggetto della citata S.U. n. 2446/06, con ordinanza interlocutoria n. 15236 del 2013, ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Il Primo Presidente ha disposto in tal senso.

3. – Il ricorso merita accoglimento.

E’ sufficiente, al riguardo, richiamare l’orientamento già espresso da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 2446 del 2006, menzionata anche nella sopra trascritta relazione, secondo la quale la domanda rivolta a denunciare la illegittimità del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, si ricollega ad un diritto soggettivo, e, di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto di giurisdizione, spetta alla cognizione del giudice ordinario.

4. – Ai fini, poi, della individuazione del giudice funzionalmente competente, deve sottolinearsi che il provvedimento prefettizio col quale, ai sensi degli artt. 120 e 219 C.d.S., viene disposta la revoca della patente di guida a seguito dell’irrogazione, a carico del titolare, della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non può essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali è previsto, in via generale, il regime di impugnazione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22-bis poichè esso non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, bensì la constatazione dell’insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida. Ne consegue che il giudizio di opposizione avverso tale provvedimento, non rientrando nella competenza per materia del giudice di pace, è devoluto alla competenza ordinaria del tribunale, ai sensi dell’art. 9 c.p.c. (v. Cass., Sez. 2, ord. n. 22491 del 2010).

5. – Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto. Il provvedimento impugnato deve essere cassato e la causa rinviata, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, al Tribunale ordinario territorialmente competente.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del presene giudizio, al Tribunale ordinario territorialmente competente.Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 12 novembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2014

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