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Cassazione civile sez. trib., 30/10/2024, n. 28005

Massima

In tema di imposte sui redditi, qualora siano accertate operazioni soggettivamente inesistenti, la deducibilità dei relativi costi, pur non essendo esclusa dalla consapevolezza del contribuente della natura fraudolenta dell’operazione posta in essere dall’emittente della fattura, è subordinata alla prova, il cui onere incombe sul contribuente, della certezza, determinatezza o determinabilità, e dell’inerenza di tali costi all’attività d’impresa. L’accertamento in fatto da parte del giudice di merito circa la sussistenza di tali requisiti, fondato su elementi probatori quali una perizia tecnica e il confronto con prezzari regionali, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che per vizi di motivazione o violazione di legge. Pertanto, il ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di merito che abbia ritenuto provata l’inerenza e la certezza dei costi sulla base di un positivo accertamento in fatto è infondato, non potendo la Corte di Cassazione sostituirsi al giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie.

Supporto alla lettura

OPERAZIONI INESISTENTI

Sono operazioni inesistenti quelle operazioni prive, in tutto o in parte, di riscontro nella realtà commerciale.

Sul piano tributario, il costo derivante da tali operazioni è indeducibile e l’IVA è indetraibile a causa della carenza del requisito della certezza. Con riferimento alle ipotesi di fatture relative a operazioni inesistenti è onere dell’Amministrazione finanziaria provare che l’operazione oggetto della fattura non è mai stata posta in essere, anche avvalendosi delle presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti.

Dal punto di vista penale la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, nonchè l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti costituiscono reati tributari perseguiti, rispettivamente, ai sensi degli artt. 2 e 8 del D. Lgs. n. 74/2000.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE

1. L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento per recuperare, relativamente all’anno d’imposta 2006, costi indeducibili in quanto portati in fatture per operazioni inesistenti. La CTP ha rigettato il ricorso della contribuente, ma la CTR, con riferimento alla ripresa inerente alle imposte dirette, ha ritenuto infondata la stessa in quanto i costi sarebbero stati certi e inerenti. Ricorre l’Agenzia in cassazione con un unico motivo, mentre la contribuente è rimasta intimata.

CONSIDERATO CHE

1 Con l’unico motivo si deduce violazione dell’art. 109 TUIR, per avere la CTR non considerato che i pagamenti erano avvenuti in contanti, e che se i costi derivanti da operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili nonostante la consapevolezza della natura fraudolenta dell’operazione posta in essere dall’emittente della fattura, tuttavia ai fini della deducibilità stessa occorre che tali costi rivestano i caratteri della certezza, determinatezza o determinabilità e dell’inerenza.
2. Pacifico appare ormai che le operazioni erano soggettivamente inesistenti, come emerge dalle stesse difese dell’Agenzia, e obiettivamente deve ricordarsi che la prova circa l’inerenza, l’ammontare e la certezza dei costi che si possono dedurre in base a siffatte operazioni incombe sul contribuente (Cass. 1147/2010).
In proposito però la CTR ha effettuato un positivo accertamento in fatto, basato sulle risultanze di una perizia redatta dal progettista dei lavori di ristrutturazione oggetto di causa, da cui ha tratto la prova dell’inerenza e della relativa certezza, mentre quanto all’ammontare lo stesso è stato oggetto di confronto con il prezziario regionale in atti.
Il motivo è dunque infondato, non essendo quella della legittimità la sede per una revisione degli accertamenti in fatto operati dal giudice di merito.
3. Il ricorso deve dunque essere respinto. Nulla per le spese in quanto la contribuente è rimasta intimata.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cfr. Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.
Così deciso in Roma il 2 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 2024.

 

 

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