Massima

I motivi di ricorso per omesso esame di un fatto decisivo (ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) sono inammissibili se la decisione di primo grado e la sentenza d’appello (c.d. “doppia conforme”) si fondano sulle medesime ragioni di fatto, e il ricorrente non dimostra che tali ragioni siano tra loro diverse. Tali disposizioni procedurali (di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c.) si applicano pienamente anche al giudizio di legittimità in materia tributaria.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Po.Ma. ricorre, con sei motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui la CTR della Campania ha rigettato l’appello del contribuente in controversia attinente l’impugnazione dell’avviso di intimazione n. (Omissis) notificatogli in data 14.7.2014 e la sottostante cartella esattoriale n. (Omissis), che l’Ufficio assume notificata in data 2.7.2009, per Irpef, Iva e Irap per l’anno 2003.

2. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la “Nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.”.

1.1. Il ricorrente deduce l’omessa pronuncia, con la sentenza impugnata, sul motivo d’appello rubricato sub a), proposto in relazione agli artt. 25,26, comma 5 del D.P.R. n. 602/73, 1335 e 2697 c.c., con cui si contestava la “mancanza documentale a fini probatori della cartella n. (Omissis), mai notificata al ricorrente”.

1.2. Afferma, in particolare, che tale censura sarebbe in diretta correlazione con la produzione della sola relata di notifica da parte della resistente, non accompagnata dalla copia dell’atto che si pretende di aver notificato.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la “Violazione e falsa applicazione artt. 2699,2700 c.c.”.

2.1. Il ricorrente censura l’erronea applicazione ed interpretazione operata in sentenza della normativa sull’atto pubblico, per avere attribuito fede privilegiata alla relata di notifica del messo, nonostante le risultanze contrarie dei successivi atti di causa, dalle quali si desume che la spedizione della raccomandata informativa è avvenuta a mezzo di operatore di posta privato.

3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.., l'”Omesso esame di fatto decisivo per il giudizio in relazione art. 2700 c.c., 140 c.p.c.”.

Il ricorrente si duole dell’omesso esame sulla “globalità del procedimento notificatorio ex art. 140 cpc per la cartella n. (Omissis)”.

4. Con il quarto strumento di doglianza si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la “Violazione e falsa applicazione art. 26 primo comma prima parte D.P.R. 602/73”.

4.1. Il ricorrente lamenta la violazione della disciplina della notifica delle cartelle esattoriali, nella parte in cui individua i soggetti esclusivamente legittimati alla notifica, tali non essendo gli operatori della azienda privata di recapito ” Defendini Srl” alla quale il messo notificatore, dopo avere constatato l’assenza temporanea del destinatario, ha affidato la spedizione della raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c.

5. Con il quinto motivo di ricorso, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5. c.p.c., l'”omesso esame e motivazione sul concreto svolgimento della notifica della cartella (Omissis), attuata con il procedimento di cui al primo comma prima parte dell’art. 26 D.P.R. 602/73″.

6. Con il sesto strumento di impugnazione il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione dell’art. 140 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver statuito la validità della notifica ex art. 140 c.p.c. della cartella di pagamento, eseguita da soggetto non qualificato.

7. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

7.1. Giova, al riguardo, richiamare il condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio” (Cass. n. 18018/2024; Cass. n. 20694/2018; Cass. n. 15430/2018; Cass. 23675/2013).

7.2. Il contribuente nel proprio ricorso, ha trascritto le questioni in thesi pretermesse, nei seguenti termini: “in ricorso introduttivo (all. 2), motivi 1) e 2): “Mancata o invalida notifica della cartella e quindi estinzione del ruolo esattoriale con conseguente nullità dell’intimazione in quanto non preceduta da una regolare notifica del ruolo”, “2) Estinzione dell’azione fiscale in quanto prescritta ex L. 156/05, per la mancata o invalida notifica della cartella esattoriale”, ed in appello, pag. 1, motivo a): “Violazione art. 25,26 D.P.R. 602/73, art. 1335 e 2697 c.c. Il motivo principale di ricorso è la mancata notifica della cartella prodromica dell’intimazione impugnata (…) non la mancanza di una relata: si eccepisce la mancanza di notifica del documento esattoriale, unico atto che legittima l’azione di riscossione”, “La relata del messo è solo una constatazione di assenza, quindi nessun atto o contenuto è stato consegnato””.

7.3. Le riportate censure, con tutta evidenza, attengono alla ritualità della notificazione effettuata, in merito alla quale la CTR ha diffusamente argomentato, e non alla mancata produzione in giudizio della copia della cartella di pagamento.

7.4. Tanto rilevato, si osserva che, comunque, il motivo risulta infondato pur esaminando la censura sotto il dedotto profilo di violazione delle norme citate, secondo il consolidato principio di diritto che “Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione” (cfr. Cass., 24953/2020, 14486/2004).

7.5. Va a tale riguardo richiamato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del D.P.R. n. 602 del 1973, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15795/2016; Cass. n. 33563/2018; Cass. n. 12883/2020; Cass. n. 20769/2021).

8. Il secondo, quarto e sesto motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente perché tutti deducono l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale in quanto effettuata, in parte, per mezzo di operatore di posta privata.

8.1. Risulta dalla relata di notifica, integralmente trascritta, in ossequio al principio di specificità, nel ricorso del contribuente che: il messo notificatore del Comune di Castelvolturno ha eseguito l’accesso presso la residenza del contribuente e non è riuscito a consegnare il plico per temporanea assenza del destinatario; quindi, ha proceduto al deposito dell’atto presso la casa comunale e all’invio della raccomandata informativa tramite corriere privato; la consegna della cartolina da parte dell’operatore privato è avvenuta in data 7/07/2009 come da avviso di ricevimento prodotto.

8.2. Ciò premesso in punto di fatto, va rilevato che il D.Lgs. n. 261 del 1999, di recepimento della Direttiva 97/67/CE (emanata con il preciso scopo di dettare “regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio”), ha, nel quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali, mantenuto un servizio postale universale, includendo tra i servizi ad esso riservati “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”.

8.3 Alla suindicata Direttiva del 1997 è seguita la Direttiva 2008/6/CE, recepita con D.Lgs. n. 58 del 2011, che ha modificato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 stabilendo che “Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale: a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni; b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201”

8.4 L’evoluzione normativa della materia ha avuto il suo epilogo nella L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 57 lett. b), che ha espressamente abrogato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, con soppressione pertanto dell’attribuzione in esclusiva alla società Poste Italiane Spa, quale fornitore del servizio postale universale, dei servizi inerenti alle notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ai sensi della L. n. 890 del 1982, nonché dei servizi inerenti alle notificazioni delle violazioni al codice della strada ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201.

8.5 La liberalizzazione del servizio può, quindi, dirsi completata solo a partire dal 10/9/2017, data di entrata in vigore della legge nr. 124/2017.

8.6 Con riferimento agli atti amministrativi diversi da quelli di contestazione delle violazioni al codice della strada questa Corte con la sentenza nr. 8416/2019, resa a Sezioni Unite, ha affermato in motivazione che “A tale stregua, con riferimento alla disciplina ratione temporis nella specie applicabile va osservato che la riserva della notifica a mezzo posta all’Ente Poste (poi società Poste Italiane Spa), pur se posteriore (L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 6, che ha modificato la L. n. 689 del 1981, art. 18) al D.Lgs. n. 261 del 1999 di liberalizzazione (nel più ampio quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali) delle notificazioni, è stata successivamente limitata alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e alla notificazione a mezzo posta delle violazioni al Codice della strada per effetto del disposto di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, vigente alla data di notifica del verbale di contestazione di cui trattasi”.

Da ciò consegue che si è voluta riconoscere la validità delle notifiche degli atti amministrativi diversi dalle contestazioni di violazioni al codice della strada effettuate dopo il 30.4.2011, data di entrata del D.Lgs. 58/2011.

8.7 La giurisprudenza successiva di questa Corte si è adeguata a tale orientamento (cfr. Cass. n. 15360/2020; Cass. n. 25521/2020; Cass. n. 1357/2022; Cass. n. 18541/2024).

8.8. Occorre evidenziare che la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU 10 gennaio 2020, n. 299), secondo cui “In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla Dir. del Parlamento e del Consiglio 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di un atto giudiziario eseguito dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017″, non è riferibile alla fattispecie oggetto di esame nel presente giudizio, che attiene alla notifica di atto sostanziale tributario a mezzo di licenziatario privato nel periodo intercorrente tra la prima, parziale, liberalizzazione operata a mezzo del citato D.Lgs. n. 58 del 2011, e quella infine compiutamente attuata con la summenzionata L. n. 124 del 2017, rilevandosi inoltre come nella fattispecie non sia stata posta la questione del possesso, da parte del corriere ” Defendini Srl”, della licenza individuale rilasciata del Ministero dello sviluppo economico cui all’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 261 del 1999.

8.9. Ancora, con riguardo alla contestata natura fidefaciente della notifica, va richiamato il condiviso orientamento di questa Corte secondo cui “In tema di notificazioni a mezzo posta, la notifica eseguita per il tramite di operatore postale privato in possesso di titolo abilitativo minore, costituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 261 del 1999, nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58 del 2011 e quella portata dalla L. n. 124 del 2017, è fidefacente, per effetto dell’art. 4 del D.Lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., soltanto quando abbia ad oggetto atti amministrativi e tributari, ma non anche quando attenga ad atti giudiziari, ivi compresi i ricorsi introduttivi del processo tributario, per i quali la gestione del servizio, in forza di ragioni di ordine pubblico, correlate a peculiari requisiti di rafforzata affidabilità dell’agente notificatore, è riservata, nel regime del D.Lgs. n. 58 del 2011, al solo gestore del “servizio postale universale” e, nel successivo regime della L. n. 124 del 2017, ai soli titolari di licenza individuale speciale (Cass. Sez. 5, 12/11/2020, n. 25521).

8.10. I motivi sono, pertanto, infondati in relazione a tutti i profili dedotti.

9. Infine, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, proposti con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., sono inammissibili, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 13/11/2015, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse (ex multis, Cass. n. 26860/2014; Cass. n. 11439/2018).

9.1. Questa Corte ha affermato che “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. n. 5947/2023).

9.2. Infine, per quanto specificamente attiene al giudizio di legittimità in materia tributaria, si ricorda che “Le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del D.L. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

9.3. Nel caso in esame, la censura è inammissibile poiché le decisioni dei gradi di merito, entrambe di rigetto del ricorso del contribuente (c.d. “doppia conforme”), si fondano sulle medesime ragioni di fatto e, ad ogni modo, il ricorrente non ha neppure sostenuto il contrario.

10. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria il 29 settembre 2025.

Allegati

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