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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2025, n. 21790

Massima

In tema di classamento catastale, per l’inquadramento di un immobile nelle categorie catastali speciali (E/1 – E/9), ai sensi dell’art. 2, comma 40, del D.L. n. 262/2006, non è sufficiente la mera mancanza di autonomia funzionale e reddituale, bensì è richiesto anche il requisito della strumentalità effettiva al servizio pubblico. Le aree adibite allo stoccaggio di merci in transito, pur se ubicate in un interporto, non possono essere considerate strumentali al “servizio pubblico di trasporto” né funzionali alle esigenze di mobilità generale della collettività, configurando piuttosto attività di natura industriale o commerciale svolte secondo parametri economico-imprenditoriali. Pertanto, tali aree non rientrano nella categoria E/1, anche qualora l’attività sia indispensabile per il concessionario o l’ente, prevalendo la destinazione ad uso industriale o commerciale sul criterio di ubicazione o sull’eventuale interesse pubblico.

Supporto alla lettura

CATASTO

Il catasto è un registro pubblico che contiene informazioni su tutti i beni immobili di un territorio. Si configura come un archivio dettagliato di tutte le proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private, che si trovano in un determinato Comune, o in una provincia.

E’ diviso in due categorie:

– catasto dei terreni: elenco dei terreni agricoli e dei terreni non edificati;

– catasto dei fabbricati (o catasto edilizio): elenco dei fabbricati siano essi ad uso industriale, commerciale o civile.

La funzione del catasto è effettuare il censimento dei beni immobili finalizzato all’accertamento delle caratteristiche tecnico-economiche degli stessi e alla registrazione di eventuali cambiamenti. A motivare il censimento e la raccolta di informazioni c’è uno scopo di duplice natura:

  1. lo scopo fiscale, in quanto il censimento al catasto permette di gettare le basi per l’imposizione fiscale e determinare il reddito potenziale imponibile dei fondi rustici e dei fabbricati urbani;
  2. lo scopo civile, in quanto le informazioni raccolte dettagliatamente sono messe a disposizione dei cittadini per diverse finalità.

Per ogni bene immobile vengono indicate le “informazioni catastali” come i dati anagrafici relativi ai proprietari del bene; le caratteristiche del bene (comprensive di materiale grafico come foto e mappa); l’indicazione della localizzione geografica; l’estensione della proprietà e la destinazione d’uso del bene. In particolare per ogni unità immobiliare vengono raccolte l’identificazione catastale (nome del Comune, codice Sezione, numeri di mappa, particella e subalterno); la classe di redditività (solo per alcune unità immobiliari); la consistenza (vani e superficie netta); la rendita catastale e la categoria catastale. Queste ultime sono delle informazioni codificate e correlate alla destinazione d’uso dell’immobile, che si suddividono in 6 gruppi riconducibili a 4 macro categorie:

 immobili a destinazione ordinaria: gruppo A (alloggi, uffici privati), gruppo B (scuole, ospedali, pubblici uffici), gruppo C (attività commerciali/artigianali private);

– immobili a destinazione speciale: gruppo D (industrie, alberghi, cinema, teatri);

– immobili a destinazione particolare: gruppo E (aeroporti, porti, stazoni, chiese, edicole);

– entità urbane: gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili/agibili).

Le informazioni contenute nelle banche dati del catasto sono pubbliche, perciò l’accesso è consentito a tutti i cittadini previo pagamento dei tributi speciali catastali, l’unica eccezione è fatta per i proprietari del bene immobile che possono richiedere informazioni sullo stesso gratuitamente.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. La INTERPORTO TOSCANO AMERIGO VESPUCCI Spa impugnava due sentenze della CTP di Livorno con le quali erano stati rigettati i ricorsi da essa proposti per l’annullamento di due avvisi di accertamento catastale con rideterminazione del classamento e della rendita catastale aventi ad oggetto, rispettivamente, un’area asfaltata e servita da raccordi stradali adibita al carico/scarico e movimentazione merci e un’area adibita allo stoccaggio merci.

2. La CTR della Toscana accoglieva il gravame, affermando che, ai sensi dell’art. 2, comma 40, del D.L. n. 262/2006, convertito dalla L. n. 286/2006 “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale” e che nella specie difettava sia il requisito dell’autonomia funzionale (in considerazione del fatto che si trattava di un’area destinata alla sosta di veicoli e al deposito delle merci, attività strettamente e funzionalmente connessa con le finalità del complesso interportuale) sia quello dell’autonomia reddituale (non avendo gli immobili la capacità di produrre un reddito indipendente ed autonomo rispetto a quello ascrivibile agli altri cespiti ubicati nel complesso immobiliare di cui è parte), con la conseguenza che era applicabile la categoria E/1 proposta dall’appellante nel DOGFA.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo. La INTERPORTO TOSCANO AMERIGO VESPUCCI Spa ha resistito con controricorso.

A fronte della proposta di definizione accelerata formulata dal consigliere all’uopo delegato, la ricorrente ha invocato la decisione della causa.

In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 61 e ss. del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, 2, commi 40 e 41, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che possono essere considerati strumentali solo gli immobili utilizzati esclusivamente per l’erogazione del servizio pubblico di trasporto.

1.1. Il motivo è fondato, alla luce del recente intervento di questa Sezione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27544 del 23/10/2024) su una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, che il Collegio intende condividere.

In tema di classamento, ai sensi dell’art. 2, comma 40, del D.L. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli artt. 5 del r.D.L. n. 652 del 1939 e 40 del D.P.R. n. 1142 del 1949.

Ai fini dell’inquadramento catastale di un immobile nella categoria E/1, occorre, tuttavia, non solo che lo stesso sia privo dell’autonomia funzionale e reddituale, ma anche che sia strumentale al servizio pubblico.

Orbene, non è revocabile in dubbio che, mentre gli spazi sosta veicoli adibiti al servizio pubblico ed i parcheggi auto ad uso del personale dipendente siano strettamente strumentali all’esercizio delle funzioni coerenti con la destinazione d’uso dell’interporto, non altrettanto possa dirsi per i magazzini e per le aree di deposito per stoccaggio container o merci in genere.

Nel caso di specie, per stessa ammissione della contribuente (cfr. pagg. 13-14 del controricorso), si tratta di aree scoperte pacificamente utilizzate per lo stoccaggio di merci in transito ed, in particolare, per un traffico di autovetture nuove in importazione. Del resto, in tema di classamento di immobili, ciò che rileva è che nell’unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento venga svolta attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell’immobile anche ad attività di pubblico interesse (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2004 del 2019, secondo cui è proprio la destinazione del cespite ad una attività che sia svolta rispettando parametri economico-imprenditoriali ad essere decisiva in ordine alla classificazione in questione). Infatti, in tema di classamento, ai sensi dell’articolo 2, comma 40, del D.L. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli articoli 5 del r.D.L. n. 652 del 1939 e 40 del D.P.R. n. 1142 del 1949, siano immobili per sé stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare (Cass., Sez. 5, n. 20026 del 7 ottobre 2015).

In questi termini va valorizzata Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 5070 del 21/02/2019, secondo cui ” In tema di classamento catastale dei beni immobili, gli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, come le sciovie, le funivie e le seggiovie, possono essere classificati come “mezzi pubblici di trasporto”, con il conseguente accatastamento nella categoria catastale E, ove, pur soddisfacendo un interesse commerciale, siano anche funzionali alle esigenze di mobilità generale della collettività.”. Invero, nel caso di specie, l’attività di stoccaggio delle auto nel piazzale dell’interporto, in attesa di rispedirle alle destinazioni finali (venendo caricate su mezzi di trasporto), non è funzionale ad esigenze di mobilità generale della collettività.

Sia pure in tema di ICI, si è affermato (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 10674 del 17/04/2019) che, ai fini del classamento di un immobile nella categoria E, come previsto dall’art. 2, comma 40, del D.L. n. 262 n. 2006, conv. in L. n. 286 del 2006, è necessario che lo stesso presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, con la conseguenza che le aree portuali non sono classificabili in detta categoria se in concreto destinate a tali finalità. Senza tralasciare che l’imposizione ICI sulle aree portuali è fondata sul criterio della funzione (attività libero-imprenditoriale) e non sul criterio di ubicazione, con la conseguenza che il censimento catastale delle stesse impone l’accertamento non già della loro localizzazione, bensì dell’esercizio dell’attività secondo parametri imprenditoriali, restando invece irrilevante l’interesse pubblico al suo svolgimento (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23067 del 17/09/2019; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018). Ne consegue che sono assoggettate ad ICI, in quanto non classificabili nella categoria E, le aree scoperte di un terminal portuale utilizzate per svolgere l’attività pubblica portuale e le relative necessarie operazioni, in quanto indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della sua attività, atteso che il presupposto dell’imposizione è che ogni area sia suscettibile di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 10287 del 12/04/2019).

2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio 2025.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2025.

Allegati

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