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Cassazione civile sez. trib., 29/07/2025, n. 21788

Massima

Il ricorso per cassazione che denunci la violazione dell’art. 2909 c.c. (giudicato esterno) per omessa pronuncia o erronea valutazione, è inammissibile qualora il ricorrente ometta del tutto di trascrivere nel corpo del ricorso, anche solo nei passaggi più significativi, la sentenza passata in giudicato di cui invoca gli effetti, poiché tale trascrizione è condizione essenziale per consentire al giudice di legittimità l’interpretazione diretta del giudicato.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 12895/28/21 depositata il 23.11.2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso proposto da Po.Ma. avverso la cartella di pagamento n. (Omissis), notificatagli il 26.01.2019 dal Consorzio di Bonifica Tevere ed Agro Romano per il mancato pagamento di contributi consortili per l’anno 2016, di Euro 22,57, in relazione a tre unità immobiliari site in Via (Omisssis), di cui era comproprietario, pro indiviso con la sorella Po.Ca .

2. Sull’impugnazione del contribuente, la CTR del Lazio rigettava il gravame, affermando che, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione di contributi consortili sia motivata con riferimento ad un Piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente, che disconosca il debito, contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio in difetto di specifica contestazione, che l’inserzione nel perimetro di contribuenza e nel piano di classifica implica una presunzione di vantaggio ex art. 860 c.c. e R.D. 13 febbraio 1933 n. 215, art. 10, che può essere messa in discussione solo impugnando il Perimetro di Contribuenza e il Piano di Classifica, e che sarebbe spettato ai contribuenti l’onere di dimostrare il mancato conseguimento di concreti benefici da parte degli immobili di loro proprietà, ovvero il fatto che gli stessi si trovassero al di fuori del perimetro di contribuenza.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Po.Ma. sulla base di un solo motivo. Il Consorzio di Bonifica Litorale Nord ha resistito con controricorso.

A fronte della proposta di definizione accelerata formulata dal consigliere all’uopo delegato, il ricorrente ha invocato la decisione della causa.

In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va evidenziato che la violazione nelle indicazioni del Protocollo 17 dicembre 2015, quanto alla esposizione dei fatti contenuta nel ricorso, non determina di per sé l’inammissibilità dello stesso, a meno che non provochi la sua assoluta oscurità, ma, semmai, può essere presa in considerazione ai fini del governo finale delle spese processuali.

2. Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’articolo 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, (il ricorrente ha omesso di indicare lo specifico motivo oggetto di doglianza) c.p.c., per non aver la CTR “esaminato la denunciata violazione dell’art. 2909 c.c. degli effetti del giudicato per annualità contributive precedenti”, dal quale avrebbe desunto che egli non doveva alcun contributo perché la sua proprietà non rientrava “nell’ambito di quella per la quale il contributo sarebbe in ipotesi dovuto”.

2.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 19/04/2018).

Pur essendosi al cospetto di una omissione di pronuncia (atteso che, laddove sia eccepito il giudicato esterno, la statuizione di rigetto nel merito della questione principale non può essere intesa come rigetto implicito dell’eccezione medesima; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 6413 del 05/03/2019), l’eccezione di giudicato esterno è destituita di fondamento.

Invero, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto suscettibili di variazione annuale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4832 del 11/03/2015; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21824 del 07/09/2018).

Questa Corte già in passato (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4832 del 11/03/2015) ha escluso l’efficacia espansiva del giudicato ad una controversia analoga, tra le stesse parti e in relazione ad una precedente annualità, ricorrendo l’elemento variabile della sussistenza o meno del diritto di proprietà o di altro diritto reale sugli immobili, ed ha altresì escluso che la sentenza passata in giudicato con la quale la commissione tributaria regionale aveva accertato la non debenza del contributo consortile per un determinato anno d’imposta e con riferimento a determinati immobili, facesse stato nella controversia avente ad oggetto i medesimi immobili e le stesse parti per un diverso anno d’imposta (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25546 del 03/12/2014).

È opportuno altresì osservare che, in tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l’inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16227 del 16/07/2014). Nel caso di specie, il ricorrente ha del tutto omesso di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, le sentenze passate in giudicato dalle quali, a suo dire, si sarebbe potuto desumere che egli non era proprietario delle aree sottoposte ad imposizione.

3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Dott. P., la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal citato art. 380-bis c.p.c. La novità normativa introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 149/2022 contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad Euro 500,00 e non superiore a Euro 5.000,00 a favore della Cassa delle ammende (art. 96, quarto comma, c.p.c.). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale.

Sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma equivalente alle spese liquidate in favore del controricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e al pagamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 552,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge;

– condanna il ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento in favore del Comune di Acerra dell’ulteriore somma di Euro 500,00;

– condanna il ricorrente, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., al pagamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende;

–ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio 2025.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2025.

Allegati

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