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Cassazione civile sez. trib., 29/05/2025, n. 14326

Massima

In materia di accertamento tributario relativo a ricavi non contabilizzati derivanti da attività di scommesse illecite, qualora la pretesa erariale sia fondata su proventi da fatto costituente reato, la sopravvenuta sentenza penale definitiva di assoluzione dal reato tributario emessa con la formula “perché il fatto non sussiste” impone alla Corte di Cassazione il rinvio della causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione di massima importanza attinente al vincolo derivante dagli effetti, ai fini fiscali, di tale giudicato penale di assoluzione.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. L’amministrazione finanziaria notificò a De.Ma., titolare dell’omonima impresa individuale, un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione ricavi non contabilizzati per complessivi Euro 127.825,00.

L’atto impositivo, relativo ad Irap e Irpef per l’anno 2014, traeva origine da un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza all’esito di un’indagine, dalla quale era emerso che la contribuente, nell’ambito della propria attività di gestione di un centro di scommesse autorizzate, aveva raccolto giocate relative a scommesse gestite da un bookmaker estero non autorizzato.

Al riguardo, infatti, l’art. 66, comma 1, lett. a), della l. n. 220/2010 stabilisce che, ferma restando l’illiceità della condotta, l’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse è dovuta anche se la raccolta del gioco sia avvenuta in assenza della concessione rilasciata dai Monopoli di Stato.

La contribuente impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Viterbo, che rigettò il ricorso.

2. Il successivo appello della contribuente fu ugualmente respinto con la sentenza indicata in epigrafe dalla C.T.R. del Lazio.

Quest’ultima rilevò che il gestore delle scommesse è soggetto passivo di imposta anche per l’ipotesi nella quale la raccolta del gioco venga effettuata per conto terzi.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.

Le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. 546/1992 per nullità della decisione per omessa e/o apparente motivazione”.

Al riguardo, assume che la sentenza impugnata avrebbe preso in considerazione il solo “ambito di operatività – applicabilità” dell’imposta unica sulle scommesse, senza entrare nel merito dell’effettivo incremento patrimoniale, né del concetto di ricavi e costi ed omettendo di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento.

2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Mancata valutazione delle prove fornite”, la ricorrente rappresenta che la C.T.R. avrebbe omesso di considerare i reali ricavi da lei ottenuti, frutto della provvigione riconosciutale, essendosi limitata a far coincidere la base imponibile con le somme acquisite a titolo di giocate a fini di scommessa.

3. In via preliminare va osservato che la ricorrente, con la memoria integrativa depositata il 24 aprile 2025, ha dato atto della propria assoluzione in sede penale, verificatasi medio tempore per effetto della sentenza n. 211/2024 del Tribunale di Civitavecchia (ritualmente depositata), passata in giudicato (come da attestazione del competente cancelliere).

Ferme restando le ulteriori questioni sottoposte alla cognizione di questa Corte, poiché a fondamento della pretesa erariale risulta il riscontro della mancata imputazione a reddito dei proventi da fatto costituente reato ai sensi dell’art. 6, comma 1, del TUIR – in relazione all’illecito penale di cui all’art. 4, comma 4 – bis, della l. n. 40/1989 (oggetto della pronuncia assolutoria), e richiamato il contenuto dell’ordinanza n. 5714/2025 di questa Corte, che ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di massima di particolare importanza attinente al vincolo derivante dagli effetti, ai fini fiscali, della sentenza penale definitiva di assoluzione dal reato tributario, emessa ad esito del dibattimento con la formula “perché il fatto non sussiste”, il Collegio ritiene opportuno rinviare la causa a nuovo ruolo in attesa della pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte.

 

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 7 maggio 2025.

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2025.

Allegati

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