FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Treviso dell’Agenzia delle Entrate notificava a Ve.Re. un avviso di accertamento con il quale determinava sinteticamente ex art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, in applicazione del c.d. “nuovo redditometro” (D.M. 24 dicembre 2012), il reddito complessivo del contribuente ai fini dell’IRPEF relativo all’anno 2010, rettificando in aumento (da – 13.439 a 1.508.122 euro) quello da lui dichiarato.
Il Ve.Re. impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, la quale, dopo aver disposto l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che con sentenza n. 636/2020 del 10 novembre 2020 accoglieva, per quanto di ragione, l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria, dichiarando legittima la ripresa a tassazione delle sole “somme relative alle spese certe e per elementi certi”, ammontanti a complessivi 76.047 euro.
Rilevava il giudice regionale: – che “effettivamente” le spese in discorso “non risulta(va)no contestate dal contribuente e non (era)no state oggetto della perizia effettuata nel corso del procedimento di primo grado, per cui la relativa ripresa doveva essere confermata”; – che, per il resto, la C.T.U. svolta in prime cure aveva “confermato che gran parte degli importi contestati derivavano da giroconti utilizzati per finanziare le diverse società di proprietà del contribuente e… non aveva preso in esame le disponibilità finanziarie acquisite e provate dal Ve.Re. nelle annualità immediatamente precedenti a quella in esame (2008/2009)”; – che, in definitiva, “il contribuente aveva, quindi, dimostrato di possedere nel 2010 le somme necessarie a coprire gli investimenti rilevati dall’Ufficio”, sicché “su tali punti… l’appello doveva essere rigettato e la relativa ripresa doveva essere annullata”.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Ve.Re. ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.
Nel termine stabilito dal comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il controricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n 4) c.p.c., viene denunciata la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4) del D.Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si sostiene che l’impugnata sentenza risulterebbe affetta da nullità per essere corredata di una motivazione meramente apparente.
1.2 Viene, al riguardo, osservato che la C.T.U. disposta in prime cure dalla CTP aveva confermato almeno in parte la legittimità dei recuperi a tassazione operati dall’Amministrazione Finanziaria; in particolare, da essa era emerso: (a)che con riferimento al prestito infruttifero di 1.477.135 euro asseritamente effettuato dal Ve.Re. in favore della Visual Srl, a lui facente capo, “non risultava dimostrata la provvista per ulteriori versamenti pari ad Euro 785.135”; (b)che appariva privo di idonei riscontri bancari l’assunto difensivo del contribuente, secondo cui la provvista in questione sarebbe stata acquisita mediante operazioni finanziarie da lui compiute nel biennio precedente (2008/2009).
1.3 Sennonché, il giudice provinciale si era poi immotivatamente discostato dalle risultanze peritali, accogliendo in toto il ricorso della parte privata, e nel successivo grado d’appello la CTR, “senza fornire alcuno spunto ricostruttivo che giustific(asse) la reiezione dei motivi di gravame”, aveva disatteso le censure sollevate sul punto dall’Agenzia delle Entrate, limitandosi a prestare acritica adesione alla pronuncia impugnata.
2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., per l’ipotesi in cui non fosse ritenuta sussistente la grave anomalia motivazionale denunciata con il precedente mezzo di gravame, si rimprovera alla CTR di aver omesso di esaminare le conclusioni rassegnate dall’ausiliario nominato nel giudizio di primo grado, nettamente contrastanti con la soluzione accolta dalla sentenza gravata.
3. Prima di ogni altra considerazione, alla luce dei rilievi svolti dal controricorrente nella memoria illustrativa ex art. 380-bis 1, comma 1, terzo periodo, c.p.c., è bene precisare che, quand’anche fosse ritenuta sussistente, nel caso di specie, l’ipotesi della cd. “doppia conforme”, risulterebbe precluso in questa sede, in base al combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348-ter c.p.c., applicabile “ratione temporis”, esclusivamente lo scrutinio della seconda censura svolta dall’Amministrazione Finanziaria, formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., ma non anche della prima, rientrante nella diversa tipologia di cui al n. 4) della medesima norma.
4. Tanto premesso, il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe l’esame del secondo.
4.1 A sèguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del c.d. “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. – di “mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza della mera “insufficienza” o “contraddittorietà” della motivazione; con la precisazione che l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo del provvedimento impugnato, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis, Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014).
4.2 In particolare, si definisce “apparente” la motivazione che, sebbene riconoscibile sotto il profilo materiale e grafico come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, risultando obiettivamente inidonea a far conoscere l’iter logico seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, sì da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ad opera dell’interprete, al quale non può essere lasciato il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2767/2023, Cass. n. 6758/2022, Cass. n. 13977/2019, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. Sez. Un. n. 16599/2016).
4.3 Nel caso di specie, ricorre la descritta grave anomalia motivazionale, in quanto, a fronte delle specifiche censure articolate con l’atto di appello dall’Agenzia delle Entrate, la quale aveva criticato l’impugnata sentenza per essersi immotivatamente discostata dalle conclusioni del C.T.U. nominato in corso di causa, la Commissione regionale veneta si è limitata ad osservare, per quanto qui ancora interessa: “…correttamente i giudici di primo grado hanno rilevato che la CTU ha confermato che gran parte degli importi contestati derivavano da giroconti utilizzati per finanziare le diverse società di proprietà del contribuente e che la stessa CTU non ha preso in esame le disponibilità finanziarie acquisite e provate dal Ve.Re. nelle annualità immediatamente precedenti a quella in esame (2008/2009). Il contribuente ha quindi dimostrato di possedere nel 2010 le somme necessarie a coprire gli investimenti rilevati dall’Ufficio”.
4.4 Valgano, al riguardo, le seguenti considerazioni.
4.4.1 In primo luogo, la genericità dell’espressione “gran parte degli importi contestati” non consente di comprendere: (1)quali siano le spese sostenute dal contribuente nell’anno d’imposta 2010, il cui finanziamento risulterebbe giustificato da operazioni di “giroconto” intercorse con società a lui facenti capo; (2)se tali spese ammontino a un importo non inferiore a quello recuperato a tassazione dall’Ufficio, per la parte ancora in contestazione (pari a 1.432.075 euro, essendo stata confermata la ripresa per 76.047 euro).
4.4.2 In secondo luogo, non viene minimamente spiegato dalla CTR per quale ragione non possano essere ripresi a tassazione gli altri “importi contestati” non rientranti nell’anzidetta, imprecisata, “gran parte”.
4.4.3 In terzo luogo, non risulta affatto chiarito dal collegio d’appello: (a)quali fossero, e a quanto ammontassero, “le disponibilità finanziarie acquisite e provate dal Ve.Re. nelle annualità immediatamente precedenti a quella in esame (2008/2009)”; (b)come possa ritenersi raggiunta la prova di tali disponibilità, nonostante la mancanza di obiettivi riscontri bancari, contestata con specifica doglianza dall’Amministrazione Finanziaria sulla scorta delle risultanze della C.T.U. espletata in prime cure (trascritte nell’odierno ricorso, in osservanza del principio di specificità e autosufficienza, per quanto rileva in questa sede).
4.5 In definitiva, la sentenza d’appello risulta motivata “per relationem” a quella di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza un autonomo esame critico delle censure mosse dalla parte impugnante (cfr. Cass. n. 20883/2019, Cass. n. 28139/2018, Cass. n. 27112/2018, Cass. n. 22022/2017), sì da non consentire alla Corte un effettivo controllo circa l’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio seguìto dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 6626/2022, Cass. n. 22022/2017).
5. Va, conseguentemente, disposta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, C.P.C., la cassazione dell’impugnata pronuncia con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, fornendo congrua motivazione.
5.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 19 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2024.