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Cassazione civile sez. trib., 28/08/2024, n. 23278

Massima

La rettifica in diminuzione della rendita catastale operata in autotutela dall’Agenzia delle Entrate non costituisce un atto autonomamente impugnabile per carenza di interesse ad agire, in quanto priva di effetti lesivi ulteriori rispetto all’originario avviso di accertamento, del quale segue le sorti anche in caso di tempestiva impugnazione di quest’ultimo. Tuttavia, la mancata disamina da parte del giudice di merito delle censure relative alla sovrastima dei costi di produzione e all’erronea determinazione del deprezzamento dei beni contestati, pur inclusi nel calcolo della rendita, comporta la cassazione della sentenza con rinvio per un nuovo esame nel merito.

Supporto alla lettura

CATASTO

Il catasto è un registro pubblico che contiene informazioni su tutti i beni immobili di un territorio. Si configura come un archivio dettagliato di tutte le proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private, che si trovano in un determinato Comune, o in una provincia.

E’ diviso in due categorie:

– catasto dei terreni: elenco dei terreni agricoli e dei terreni non edificati;

– catasto dei fabbricati (o catasto edilizio): elenco dei fabbricati siano essi ad uso industriale, commerciale o civile.

La funzione del catasto è effettuare il censimento dei beni immobili finalizzato all’accertamento delle caratteristiche tecnico-economiche degli stessi e alla registrazione di eventuali cambiamenti. A motivare il censimento e la raccolta di informazioni c’è uno scopo di duplice natura:

  1. lo scopo fiscale, in quanto il censimento al catasto permette di gettare le basi per l’imposizione fiscale e determinare il reddito potenziale imponibile dei fondi rustici e dei fabbricati urbani;
  2. lo scopo civile, in quanto le informazioni raccolte dettagliatamente sono messe a disposizione dei cittadini per diverse finalità.

Per ogni bene immobile vengono indicate le “informazioni catastali” come i dati anagrafici relativi ai proprietari del bene; le caratteristiche del bene (comprensive di materiale grafico come foto e mappa); l’indicazione della localizzione geografica; l’estensione della proprietà e la destinazione d’uso del bene. In particolare per ogni unità immobiliare vengono raccolte l’identificazione catastale (nome del Comune, codice Sezione, numeri di mappa, particella e subalterno); la classe di redditività (solo per alcune unità immobiliari); la consistenza (vani e superficie netta); la rendita catastale e la categoria catastale. Queste ultime sono delle informazioni codificate e correlate alla destinazione d’uso dell’immobile, che si suddividono in 6 gruppi riconducibili a 4 macro categorie:

 immobili a destinazione ordinaria: gruppo A (alloggi, uffici privati), gruppo B (scuole, ospedali, pubblici uffici), gruppo C (attività commerciali/artigianali private);

– immobili a destinazione speciale: gruppo D (industrie, alberghi, cinema, teatri);

– immobili a destinazione particolare: gruppo E (aeroporti, porti, stazoni, chiese, edicole);

– entità urbane: gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili/agibili).

Le informazioni contenute nelle banche dati del catasto sono pubbliche, perciò l’accesso è consentito a tutti i cittadini previo pagamento dei tributi speciali catastali, l’unica eccezione è fatta per i proprietari del bene immobile che possono richiedere informazioni sullo stesso gratuitamente.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE:

1. La Spa Enel Green Power impugnava l’avviso di accertamento del 9 gennaio 2015 con il quale l’Agenzia delle entrate rettificava la rendita catastale proposta dalle prefate società con Docfa del 21 marzo 2013, relativa alla centrale elettrica sita nel Comune di Piancastagnaio, con la quale la contribuente aveva escluso dalla valorizzazione catastale i pozzi geotermici, i vapordotti, gli alternatori ed i trasformatori assimilati alle costruzioni.

A fondamento dell’opposizione, l’ente proprietario della centrale deduceva l’illegittima valorizzazione dei pozzi geotermici, dei vapordotti, degli alternatori e dei trasformatori nonché la sovrastima dei costi per l’inclusione degli oneri aggiuntivi già ordinariamente compresi nella stima catastale, l’omessa valutazione del deprezzamento per vetustà.

I giudici di prossimità respingevano il ricorso avverso l’avviso di accertamento opposto, escludendo il deficit motivazionale dell’atto impositivo in quanto l’ufficio aveva allegato una relazione descrittiva del complesso individuandone la destinazione d’uso nonché il valore della rendita attraverso schede tecniche, considerando tutti i componenti esclusi dalla Docfa idonei, invece, per struttura e funzione a concorrere alla determinazione della rendita catastale. Avverso la sentenza della C.T.P. di Siena la società proponeva appello.

La CTR della Toscana, con sentenza n. 310 depositata il 5 marzo 2020, accoglieva parzialmente il gravame limitatamente alla inclusione nella stima dei pozzi di estrazione e reiniezione, ritenuti inglobati nella miniera e, quindi, non suscettibili di valutazione catastale, includendo, invece, nella valorizzazione ai fini della rendita catastale i vapordotti, gli alternatori, gli impianti di protezione ambientale e i trasformatori in quanto contribuiscono ad assicurare alla centrale autonomia funzionale e reddituale. Il Collegio d’appello rilevava, in particolare, che era legittima l’inclusione dei vapordotti, degli alternatori, dei trasformatori e degli altri impianti alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Enel Green Power Spa ed Enel Green Power Italia Srl, società beneficiaria della scissione parziale di Enel Green Power Spa, resistono con controricorso, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale fondato su quattro motivi.

Le ricorrenti in via incidentale hanno depositato memoria ex art. 380-bis 1 cod. proc. civ., chiedendo -nell’ipotesi di accoglimento del ricorso principale, la rimessione della causa al giudice di merito per la determinazione della stima dei pozzi geotermici.

2. Successivamente all’instaurazione del primo giudizio, l’Agenzia delle Entrate ha notificato alla Enel Green Power Spa, in data 5 marzo 2015, atto di rettifica catastale, riducendo la rendita catastale da Euro 519.943,00 a 345.577,00.

Enel Green Power Spa ha impugnato autonomamente tale atto di autotutela, con ricorso accolto in primo grado, ma dichiarato inammissibile all’esito dell’appello dell’Agenzia. Nella sentenza di appello si legge che “la sentenza della Commissione provinciale di Siena… ha avuto ad oggetto la rendita catastale nella misura definitivamente accertata di Euro 346.997… anche se il ricorso era stato presentato contro la prima rideterminazione della rendita in Euro 521.395,00… essendosi il giudice di primo grado già espresso sulla vicenda non era possibile una nuova statuizione sul medesimo contenzioso”. All’esito della correzione dell’errore materiale il dispositivo recita: “La Commissione accoglie l’appello in relazione all’eccezione preliminare e dichiara inammissibile il ricorso di primo grado”.

3. La Enel Green Power Spa e la Enel Green Power Italia Srl, a cui l’impianto è stato assegnato in sede di scissione societaria, hanno proposto ricorso per cassazione e successivamente hanno depositato memorie difensive.

4. Si è costituita con controricorso l’Agenzia, concludendo per il rigetto del ricorso.

 

CONSIDERATO CHE:

1. In via preliminare, va disposta la riunione del giudizio iscritto al n. 9759/2022 Rg a quello recante n. 29709/2020, che sono connessi, pur non investendo la medesima sentenza, in quanto correlati l’uno all’altro da un rapporto di pregiudizialità. Ed invero, l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., essendo volto a garantire l’economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, trova applicazione anche in sede di legittimità, sia in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi sia in presenza di sentenze pronunciate in grado di appello in un medesimo giudizio, correlate l’una all’altra da un rapporto di pregiudizialità e impugnate, ciascuna, con separati ricorsi per cassazione (cfr. Cass., 31 ottobre 2011, m. 22631;Sez. U., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass. 15.05.2024, n. 13458, in motiv.).

RICORSO n. 9759/2022 Rg

1. Le ricorrenti hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 2-quater del D.L. n. 564 del 1994, conv. in legge n. 656 del 1994 (oggi abrogata dal D.Lgs. n. 219 del 2023), anche in relazione all’art. 2909 cod. civ., ritenendo non ravvisabile, nel caso di specie, alcuna violazione del ne bis in idem, posto che la pronuncia, resa all’esito del giudizio avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale, non è passata in giudicato e che il nuovo atto adottato, con nuovo numero, non ha annullato espressamente il precedente. Le ricorrenti hanno, dunque, chiesto, anche nella successiva memoria depositata, la cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge, o la riunione del presente giudizio con quello avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale (r.g. 29709/2020), pendente dinanzi alla Corte di cassazione e fissato per la trattazione alla medesima udienza.

2. Il ricorso è infondato, in quanto correttamente la corte territoriale ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

Nel caso di specie, come emerge dall’accertamento dei giudici di merito e dalle allegazioni di entrambe le parti, ci si trova in presenza di una rettifica dell’originario accertamento catastale, consistita semplicemente in una riduzione del valore e della rendita originariamente attribuiti all’immobile, non essendo stati evidenziati ulteriori elementi di novità.

2.1. Relativamente agli avvisi di accertamento, si è consolidato l’orientamento secondo cui l’integrazione o la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica in aumento che, determinando una pretesa nuova, deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l’indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., Sez. 6, 30 ottobre 2018, n. 27543). Si è, pure, precisato, da un lato, che è liberamente consentita all’Ente impositore, nel corso del giudizio e anche con la proposizione di una richiesta subordinata, la rettifica della pretesa impositiva che comporti una riduzione dell’onere richiesto al contribuente, senza necessità di emanare un nuovo provvedimento impositivo, necessario, invece, allorché la rettifica comporti un aumento del predetto onere (Cass., Sez. 5, 9 luglio 2021, n. 19367) e, dall’altro, che l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e non è, quindi, impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass., Sez. 5, 15 aprile 2016, n. 7511 e Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29595).

2.2. Gli stessi principi operano anche con riferimento agli atti relativi alle operazioni catastali, di cui alla lett. f dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto una rettifica con cui l’Amministrazione si limiti a rivedere, in diminuzione, i precedenti valori attribuiti all’immobile, senza apportare ulteriori modifiche, è pienamente riconducibile all’atto originario, in cui è ricompreso. Del resto, l’omesso annullamento del primo atto catastale, sostituito da quello più favorevole al contribuente, non comporta neppure alcuna implicazione relativa alla dedotta doppia imposizione, visto che l’attribuzione e la variazione della rendita catastale non hanno mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale, ma solo una efficacia riflessa, ai fini delle imposte sul reddito complessivo, ai fini delle imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari (Cass., Sez. 6-5, 4 novembre 2021, n. 31574).

2.3. Da tali premesse deriva l’inammissibilità di un autonomo ricorso avverso l’atto di autotutela in diminuzione non solo laddove il contribuente abbia lasciato scadere il termine per l’impugnazione del provvedimento originario, ma anche laddove lo abbia tempestivamente e diligentemente impugnato. Difatti, pure in questa seconda ipotesi l’atto di autotutela riduttivo, che non rechi, salvo la diminuzione del valore dell’immobile e della sua rendita catastale, alcuna ulteriore modifica o innovazione, non configurando un atto nuovo, segue le sorti di quello originario, in cui è ricompreso. Pertanto, difetta l’interesse ad agire, visto che, da un lato, il diritto di difesa può e deve essere esercitato nei confronti dell’originario atto catastale e, dall’altro lato, l’autonoma impugnazione dell’atto di autotutela riduttivo potrebbe determinare un contrasto di giudicati nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, sia stato proposto ricorso avverso l’originario provvedimento. Tale assenza di interesse ad agire si traduce nell’inammissibilità del ricorso avente ad oggetto l’atto catastale, adottato in sede di autotutela, che si sia limitato a ridurre il valore e la rendita originariamente attribuiti all’immobile.

2.4. Del resto, con riferimento all’impugnazione dell’atto originario si è già chiarito che la modificazione, in diminuzione, dell’originario avviso, non costituendo atto nuovo, ma revoca parziale di quello precedente, non può comportare la cessazione della materia del contendere, in quanto permane l’interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio credito tributario e quello del contribuente a negare la pretesa, con la conseguenza che l’autorità giudiziaria è tenuta a pronunciarsi sulla fondatezza della residua pretesa erariale (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5, 7 settembre 2020, n. 18625).

3. In conclusione, il ricorso è rigettato in virtù del seguente principio di diritto:

“In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per carenza di interesse ad agire, l’impugnazione di un atto di rettifica catastale, con cui l’Amministrazione si sia limitata a ridurre, in sede di autotutela, il valore e la rendita dell’immobile, precedentemente attribuiti, in quanto si tratta di un atto privo di innovatività e riconducibile a quello originario, di cui segue le sorti (non solo laddove l’originario atto catastale sia divenuto definitivo, ma anche laddove sia stato tempestivamente impugnato)”.

3.2. – I caratteri di novità della questione comportano la sussistenza dei presupposti per la compensazione di tutte le voci di spesa.

Ricorso n. 29709/2022 RG.

1. Con l’unico motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 18, comma 1, R.D. 8 ottobre 1932, n. 1572, 1 e 2 R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, 4 e 10 del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, nonché dell’art. 1- quinquies del D.L. 31 marzo 2005, n. 44, convertito con della legge 31 maggio 2005, nr. 88 e dell’art. 1, comma 244, legge 190 del 2014 ex art. 360, primo comma, n.3) cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver escluso i pozzi, in quanto pertinenze della miniera, dalla stima ai fini della determinazione della rendita catastale di una centrale geotermica. Ad avviso dell’ufficio i pozzi geotermici, i quali intercettano e convogliano le acque ed i vapori che emergono dalla frattura dello stato roccioso, contribuendo alla loro trasformazione in energia, sono componenti strutturali ed impiantistiche della centrale geotermica e non sono, quindi, soggetti, ai fini catastali, alla disciplina delle miniere (e, cioè, alle disposizioni di cui all’ art. 18, comma 1, del R.D. 3 ottobre 1931, n. 1572), ma piuttosto alle indicazioni della circolare n. 6 del 2012, che ha assunto valore di legge in virtù del richiamo da parte dell’art. 1, comma 244, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (ai sensi della quale la stima catastale co struttura perderebbe le caratteristiche che contribuiscono a definirne la specifica destinazione di uso). Si obietta che l’equiparazione alle miniere non emerge dal disposto dell’art. 18 R.D. 3 ottobre 1931, n. 1572 dai giudici di appello, trattandosi di norma eccezionale non interpretabile estensivamente; aggiungendo che, al limite, i pozzi geotermici dovrebbero seguire la medesima sorte giuridica della centrale elettrica cui accedono.

2. Le società controricorrenti hanno chiesto il rigetto del ricorso avversario sui pozzi geotermici rimarcando: – l’autonomia dei medesimi rispetto alla centrale geotermica, trattandosi piuttosto di strutture sotterranee (canalizzazioni di piccolo diametro) afferenti alla miniera geotermica catastalmente irrilevante perché improduttiva (appunto se sotterranea) di reddito immobiliare, ed esente da stima; – la corretta distinzione tra funzione di “sfruttamento industriale” del calore proveniente dal sottosuolo per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (centrale), e funzione di mera “estrazione” del calore (miniera); – che in coerenza con questo assunto l’ordinamento prevedeva un diverso regime autorizzativo o concessorio per le miniere e per le centrali di sfruttamento geotermico; – che i pozzi in questione non avevano neppure i caratteri della “costruzione”, atteso che si trattava di piccole condotte completamente interrate e non oggetto ex lege di licenza o autorizzazione edilizia.

3. Con ricorso incidentale, le contribuenti lamentano: a) la violazione dell’art. 10 legge 11 luglio 1942, n. 843, ex art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. nonché l’erroneità della sentenza censurata per non avere i giudici di appello escluso dalla stima i vapordotti, benché non rientranti nel perimento dell’unità immobiliare – così come di desume anche dalla circolare n. 6/2012 la quale al parg. 3) la quale specifica che nella stima devono essere prese in considerazione solo quelle componenti che ricadono all’interno del perimetro delle unità immobiliari – e non inclusi nel censimento catastale da altra fonte normativa, in particolare, in quanto non menzionati dal cit. art. 10 (il quale elenca gli edifici, le aree, i generatori della forza motrice, le dighe, i canali adduttori o di scarico, la rete di trasmissione e distribuzione di merci, prodotti e servizi, i binari, gallerie, ponti e simili); b) con il secondo motivo si denuncia violazione della medesima norma rubricata nel primo motivo di ricorso con riferimento però agli alternatori, impianti di protezione ambientale e ai trasformatori, in quanto impianti a valle del generatore della forza motrice e non stabilmente infissi al suolo, facendo leva sulle espressioni utilizzate nella citata Circolare laddove si afferma che si devono valorizzare le componenti poste a monte del processo produttivo o allo stesso funzionalmente connesse; c) il terzo strumento di ricorso incidentale prospetta la violazione dell’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212, censurando la sentenza là dove afferma la legittimità della motivazione dell’avviso fondata esclusivamente sulla diversa valutazione tecnica del valore economico dei beni dichiarati dalla società e dei pozzi geotermici, senza specificare i criteri di valorizzazione dei vapordotti, degli alternatori e dei trasformatori e contestando l’omessa allegazione della relazione citata nell’avviso; b) il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 2697 cod. civ., ex art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.; per avere i giudici territoriali onerato le contribuenti del provare i fatti costitutivi della pretesa tributaria, essendo l’Ufficio limitato ad indicare i valori attribuiti agli impianti, contestati invece dalle società.

4. In via di riproposizione, le società sottopongono alla corte le censure proposte in sede di appello e non esaminate dal collegio di appello in quanto le società avevano eccepito la sovrastima dei costi di produzione e l’erronea determinazione del deprezzamento per vetustà dei beni in contestazione, doglianze che la Regionale avrebbe trascurato di considerare.

5. In via preliminare va esaminata la terza censura proposta con ricorso incidentale dalle contribuenti e relativa alla carenza motivazionale dell’avviso, laddove non avrebbe indicato i criteri di valorizzazione dei vapordotti, alternatori e trasformatori e impianti di protezione ambientale.

Il motivo è infondato.

6.1. Il mancato esame di una domanda o di un’eccezione integra infatti vizio di omessa pronuncia (art. 112 cod. proc. civ.). Come è noto, siffatto vizio è tuttavia escluso in ipotesi di rigetto implicito, ovvero quando il provvedimento accolga una tesi incompatibile con la domanda o l’eccezione proposta oppure emetta una decisione che implichi, per logica incompatibilità, il rigetto della domanda o eccezione. Tanto si è verificato nella vicenda in esame. Il positivo apprezzamento del giudice di prossimità in ordine alla idoneità delle ragioni esposte nell’atto di accertamento ha quale ineludibile presupposto la valutazione di compiutezza motivazionale del contenuto dell’avviso opposto.

6.2. Come è noto, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga, come nella fattispecie in esame, a seguito della c.d. procedura “DOCFA”, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., Sez. 5, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 6, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6, 7 ottobre 2019, n. 25006; Cass., Sez. 5, 13 agosto 2020, n. 17016).

6.3. Nella fattispecie sub iudice è pacifico che nell’avviso era inserita una relazione di stima (l’avviso risulta trascritto nel controricorso incidentale) che ne costituiva parte integrante. Al riguardo, nell’avviso opposto risultano indicati i criteri per determinare la rendita catastale dei componenti esclusi dalla Docfa nonché i singoli i valori attribuiti a ciascun componente; in questo modo risulta che l’Ufficio ha indubbiamente esaurientemente e compiutamente motivato il proprio accertamento, producendo una relazione di stima, fornendo i criteri e la metodologia utilizzata per la valorizzazione della rendita catastale. Le doglianze delle contribuenti si risolvono, pertanto, in una irragionevole pretesa di necessaria trasposizione nell’atto di accertamento catastale dei dati contenuti in un atto (relazione di stima) ad esso allegato.

7. Il ricorso principale è fondato.

Questa Corte ha già affrontato – recentemente, tra le stesse parti e con riguardo ad una procedura di rettifica coeva a quella qui dedotta – la questione della rilevanza dei pozzi geotermici ai fini del calcolo della rendita catastale della centrale di produzione energetica, concludendo nel senso che: “In tema di centrali geotermiche, ai sensi dell’art. 1 quinquies del D.L. n. 44 del 2005, conv. dalla legge 88 del 2005, applicabile ratione temporis, i pozzi di estrazione e reiniezione, i vapordotti nonché l’alternatore e i trasformatori, a prescindere dalla loro collocazione nel sottosuolo o nel ciclo produttivo, se a valle o a monte del generatore, in quanto componenti non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua di generazione energetica, vanno inglobati tra gli elementi idonei a descrivere l’unità immobiliare e ad incidere sulla determinazione della rendita, analogamente a tutte le altri componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo che contribuiscono ad assicurarne, in via ordinaria, un’autonomia funzionale e reddituale stabile.” (Cass. n. 27196/22). Si tratta di una conclusione che non vi è ragione di disattendere ed i cui passaggi fondamentali possono così ripercorrersi: – il compendio normativo di riferimento catastale è costituito dall’art. 4 del R.D.L. n. 652 del 1939 secondo cui: “si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituiti, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo”, e dalla disposizione regolamentare di cui all’art. 2, comma 3, del D.M. 2.1.1998 n. 28 in base alla quale: “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Sono considerate unità immobiliari anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”; – pertinente alla tematica dei pozzi geotermici è il consolidato indirizzo interpretativo di legittimità che si è formato in materia di rendita catastale delle centrali elettriche, indirizzo (Cass. nn. 3500/15, 23317/11, 7372/11, 13319/06, 21730/04 vedi Cass. 29/04/2024, n. 11359, in motiv.; Cas. 11329/2024; Cass. 30/10/2023, n. 29972; Cass. 18/07/2022, n. 22551, in tema di pale eoliche; Cass. 05/02/2019, n.3277) che, richiamando analoghi principi già affermati con riguardo alle centrali idroelettriche ed alle relative turbine (nei termini di cui in C. Cost. sent. n.162/08), ha dato rilevanza, ai fini della rendita, alla connessione strutturale e funzionale intercorrente tra parte immobiliare e parte impiantistica, come desumibile anche dall’art. 1 quinquies del D.L. n. 44 del 2005, conv. dalla legge 88 del 2005; così da includere nel calcolo della rendita anche gli impianti ed i macchinari che, per quanto in sé amovibili, risultino tuttavia strutturalmente e funzionalmente connessi con la centrale al punto da caratterizzarne ed attuarne in maniera essenziale la destinazione produttiva; con un’affermazione di portata generale, la C.Cost. ha stabilito (sent. cit.) che: “…tutte quelle componenti… che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l’unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale”; si tratta di interpretazione (applicata in varia casistica di impianti e macchinari, anche relativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, quali le turbine idroelettriche o le torri eoliche: tra le altre, Cass. nn. 4028/2012, 24815/14, 32861/2019) che risulta ulteriormente avvalorata dall’art. 1, comma 244, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per l’anno 2015) che ha risolto la questione degli impianti funzionali al processo produttivo con il richiamo alle “istruzioni di cui alla Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnicoestimativi”.

7.1. La Circolare così recepita richiama, ai fini della inclusione dell’impianto nella rendita, i caratteri della “essenzialità” alla destinazione economico produttiva, della “fissità” entro il perimetro immobiliare e della “stabilità’ nel tempo, ritenendo così rilevanti – tra gli altri – i canali adduttori per il funzionamento delle turbine nelle centrali idroelettriche, le condotte petrolifere o dei prodotti derivati o connesse ai sistemi di raffreddamento utilizzate nelle centrali termoelettriche, le ciminiere, gli impianti di depurazione dei fumi, le caldaie, i condensatori, i catalizzatori ed i captatori di polveri per le centrali termoelettriche, gli aerogeneratori (rotori e navicelle) degli impianti eolici, nonché i pannelli e gli inverter degli impianti fotovoltaici; ed ancora: gli altiforni, le pese, i grandi impianti di produzione di vapore, i binari, le dighe, i canali adduttori e di scarico, le gallerie e le reti di trasmissione e distribuzione di merci e servizi, ” nonché gli impianti che, ancorché integranti elementi mobili, configurino nel loro complesso parti stabilmente connesse al suolo o alle componenti strutturali dell’unità immobiliare, quali montacarichi, carri ponte, ascensori, scale, rampe e tappeti mobili”. Assumono in definitiva rilevanza catastale tutti gli impianti necessari al ciclo di produzione dell’energia elettrica, laddove sia “impossibile separare l’uno dall’altro senza la sostanziale alterazione del bene complesso… che non sarebbe più nel caso di specie, una centrale elettrica” (Cass. n. 24060/2006; n. 4030/2012), poiché anch’essi costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura (Cass. n.3354 del 2015). I pozzi geotermici di iniezione o estrazione (aventi la funzione di captare e veicolare in superficie le acque calde ed i vapori provenienti da fonti sotterranee, così da immetterli nel circuito generatore di turbina alternatore) devono dunque ritenersi, in applicazione di queste linee interpretative, funzionali ed essenziali non già allo sfruttamento di una “miniera’, bensì alla produzione di energia elettrica da parte della “centrale”, di cui costituiscono componente imprescindibile; ed identica conclusione va affermata anche con riguardo ai pozzi di re-iniezione con i quali l’acqua utilizzata e raffreddata viene reimmessa nel sottosuolo per la rinnovazione del ciclo. Alla luce di queste considerazioni emerge dunque con chiarezza l’errore nel quale è incorsa la Commissione Tributaria Regionale la quale ha scisso la funzione dei pozzi dalla destinazione economica-produttiva della centrale (pacificamente iscritta in categoria catastale D/1 – Opificio), invece attribuendola a quella di una (inesistente) “miniera”; con quanto ne consegue in ordine altresì alla irrilevanza in questa sede del citato dato normativo che esclude queste ultime (e solo queste ultime) dalla stima a fini catastali.

7.2. Da ultimo va ancora osservato che la presente fattispecie (2015) va regolata in base alla normativa previgente alla riforma legislativa di cui all’art. 1, comma 21, L. 208/2015 cit. (legge di stabilità 2016), il quale stabilisce che “a decorrere dal 1 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento”, soggiungendosi poi che: “sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”. Si tratta di norma chiaramente innovativa, la cui retroattività è stata anche dallo stesso legislatore esplicitamente esclusa: “a decorrere dal 1 gennaio 2016”.

8. I primi due motivi di ricorso incidentale – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle censure sollevate e la sostanziale identità delle questioni – sono infondati, essendo corretta la decisione resa sul punto dalla Commissione Tributaria Regionale. Basterà in proposito richiamare quanto poc’anzi osservato riguardo ai pozzi geotermici, le cui ragioni di assoggettamento al calcolo della rendita catastale debbono riproporsi anche con riferimento agli impianti in questione. Ed anche questo aspetto della lite trova specifico precedente nella citata decisione di cui in Cass. n. 27196/22, secondo cui: “Analogamente, del resto, devono ritenersi unitariamente finalizzati alla produzione diretta e dinamica dell’energia i vapordotti nonché l’alternatore e i trasformatori, in quanto parti indispensabili al corretto funzionamento della centrale”.

8.1. Neppure giova alle società, per la già richiamata questione temporale, qui invocare lo jus superveniens del 2016 e la Circolare esplicativa emessa in proposito dall’Agenzia delle Entrate (n.2/E del 1 febbraio 2016). Piuttosto si rende applicabile anche a questi fini la più volte menzionata Circolare n.6 del 2012 (recepita dal legislatore) la quale, come detto, include (includeva) nel calcolo (par. 3.) anche “tutte quelle ulteriori componenti che, poste a monte del processo produttivo o allo stesso funzionalmente connesse, rendono possibile proprio il funzionamento di detti generatori. Tra queste, i canali adduttori delle acque per il funzionamento delle turbine nelle centrali idroelettriche, le condotte petrolifere o dei prodotti derivati o connesse ai sistemi di raffreddamento, utilizzate nelle centrali termoelettriche che, in ogni caso, devono essere rappresentate nella mappa catastale. Tale rappresentazione è prevista solo se dette componenti sono ubicate nel territorio dello Stato, con esclusione di quelle poste nei fondali marini, e la loro menzione nella stima è prevista, proprio perché costituiscono impianti funzionali al processo produttivo. Del pari, sono oggetto di stima le ciminiere, gli impianti di depurazione dei fumi, le caldaie, i condensatori, i catalizzatori ed i captatori di polveri per le centrali termoelettriche”. E ciò “anche se posti su suolo pubblico, in ossequio alle previsioni dell’art. 10 della legge 11 luglio 1943, n. 843”.

8.2. In particolare, va disattesa la doglianza relativa all’esclusione dei vapordotti in quanto estranei al perimetro della centrale, in quanto dalla lettura combinata delle due parti del paragrafo 3) della Circolare 6/2012 risulta evidente che sono esclusi dalla rendita catastale solo le componenti esterni al perimetro dell’unità immobiliare che non contribuiscono alla valorizzazione della rendita catastale (come i tralicci, cavi e simili); al contrario gli impianti che “rendono possibile” la produzione di energia vanno inclusi nella rendita catastale indipendentemente dalla loro collocazione territoriale, purché ubicati nel territorio nazionale, ed anche se collocati su suolo pubblico. Ne consegue che i vapordotti – in quanto componenti indispensabili al funzionamento della centrale elettrica, come ampiamente esposto in precedenza – devono essere inclusi nella valorizzazione della rendita per le annualità antecedenti alla novella legislativa del 2015 (v. Cass. 30/10/2023, n. 29972).

9. Il quarto motivo di ricorso e le censure già dedotte in appello, reiterate nel giudizio di legittimità, attengono alla fondatezza e congruità della maggior rendita attribuita dall’Ufficio, aspetti cruciali sui quali la Commissione Tributaria Regionale non si è soffermata, sono fondati nei limiti di seguito indicati. Per quanto concerne l’incidenza estimativa dei pozzi geotermici, le doglianze si palesano formalmente inammissibili in forza del vincolo di assorbimento che ha fatto sì che il giudice regionale neppure esaminasse questo aspetto, stante la ritenuta (erronea) radicale esclusione dei pozzi dal relativo calcolo (il che ha impedito il formarsi di una soccombenza sul punto). Ciò non toglie che si tratti, in parte qua, di doglianze senz’altro riproponibili avanti al giudice di rinvio una volta eliminato, come viene oggi eliminato con l’accoglimento del ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate, quel vincolo. Le stesse doglianze sono invece fondate per quanto concerne le altre componenti della centrale che, per quanto incluse dalla Commissione Tributaria Regionale nel calcolo di rendita, non sono state fatte oggetto del vaglio di asserita eccessività estimativa già allegata dalla società nei precedenti gradi di giudizio e qui ribadita anche con richiamo agli elementi istruttori portati a dimostrazione dell’allegazione stessa.

E ciò nella considerazione del valore infine unitariamente attribuibile all’intera centrale.

Ne deriva dunque la riproponibilità di tutti questi aspetti avanti al giudice di rinvio, il quale dovrà riesaminare la fattispecie alla luce dei principi qui indicati e quindi – in primo luogo – nella valutazione dell’incidenza estimativa sortita anche dai pozzi geotermici nella determinazione complessiva della rendita di cui all’avviso opposto. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

 

P.Q.M.

La Corte

Rigetta il ricorso n. 9759/2022 Rg e compensa tutte le relative voci di spesa; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto;

accoglie il ricorso principale, nonché il quarto motivo di ricorso incidentale n. 29709/2020 Rg, respinti gli altri; – cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Toscana, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di cassazione, in data 2 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 28 agosto 2024.

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