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Cassazione civile sez. trib., 28/04/2025, n. 11119

Massima

In tema di contributi di bonifica, in presenza di un piano di classifica approvato dalla competente autorità e di inclusione dell’immobile nel relativo perimetro di contribuenza, si presume il beneficio derivante dall’attività consortile. Tale presunzione esonera l’ente impositore (Consorzio) dalla prova del beneficio stesso, che può consistere anche in mere azioni di manutenzione, esercizio e sorveglianza volte a conservare o incrementare il valore degli immobili. L’onere di dimostrare l’insussistenza di tale beneficio grava, pertanto, sul contribuente, potendo quest’ultimo fornire la prova contraria nel giudizio tributario, anche se non ha impugnato il piano di classifica in sede amministrativa. La decisione che, nel merito, accoglie la pretesa del consorzio implica implicitamente il rigetto dell’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità.

Supporto alla lettura

CONSORZIO DI BONIFICA

Si tratta di un ente di diritto pubblico che cura l’esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica e controlla l’attività dei privati, sul territorio di competenza, c.d. “comprensorio di bonifica”.

Questo tipo di ente è amministrato dai consorziati, tutti i proprietari di beni immobili (terreni e fabbricati in genere) ricadenti all’interno del comprensorio di competenza dell’ente sono tenuti, per legge, a contribuire alla spese per la manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica tramite i c.d. “contributi di bonifica”. Il riparto delle spese ed il conseguente calcolo del contributo a carico di ogni singolo consorziato viene eseguito in proporzione al beneficio che gli immobili di proprietà traggono dalle suddette attività. La riscossione del tributo consortile può avvenire mediante l’emissione di avvisi di pagamento (riscossione spontanea) oppure mediante cartelle di pagamento. I consorziati eleggono inoltre i rappresentanti (tutti proprietari di immobili dell’area di bonifica) di un consiglio di amministrazione che a sua volta elegge un presidente.

I Consorzi di bonifica realizzano anche nuove opere di bonifica, in genere con fondi statali o regionali.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. La “RICAMI AURORA Srl” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno il 16 luglio 2020, n. 3733/02/2020, che, in controversia su impugnazione di ingiunzione di pagamento n. (Omissis) notificatale il 28 agosto 2018 dalla “Ge.Fi.L. Gestione Fiscalità Locale Spa”, in qualità di affidataria del servizio di riscossione coattiva dei contributi di bonifica, in dipendenza di avvisi di pagamento nn. (Omissis) e (Omissis), per contributi di bonifica relativi agli anni 2014 e 2015, per l’importo complessivo di euro 850,44, con riguardo ad immobili ubicati nel comprensorio del “Consorzio di Bonifica Integrale – Comprensorio Sarno – “Bacini del Sarno, dei Torrenti Vesuviani e dell’Irno””, ha accolto l’appello proposto dal “Consorzio di Bonifica Integrale – Comprensorio Sarno – “Bacini del Sarno, dei Torrenti Vesuviani e dell’Irno”” nei confronti della medesima – nel giudizio di cui anche la “Ge.Fi.L. Gestione Fiscalità Locale Spa” è stata parte – avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno il 30 maggio 2019, n. 1724/03/2019, con compensazione delle spese giudiziali.

2. Il giudice di appello ha riformato la decisione di primo grado – che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul presupposto che la contribuente era gravata dall’onere della prova della carenza di beneficio consortile, laddove quest’ultimo poteva “risolversi anche in mere azioni di manutenzione, esercizio e sorveglianza al fine di incrementare o anche solo di conservare il valore degli immobili”, ben essendo possibile che “un’opera che riguarda un determinato fondo produce effetti positivi anche su altri fondi e sull’intera area consortile”.

3. Il “Consorzio di Bonifica Integrale – Comprensorio Sarno – “Bacini del Sarno, dei Torrenti Vesuviani e dell’Irno”” ha resistito con controricorso, mentre la “Ge.Fi.L. Gestione Fiscalità Locale Spa” è rimasta intimata.

4. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

2. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, violazione dell’art. 42 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei relativi motivi, che era stata formulata in sede di controdeduzioni depositate il 10 febbraio 2020.

2.1 Il predetto motivo è inammissibile.

2.2 Difatti, il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (tra le tante: Cass., Sez. 3, 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass., Sez. 5, 8 marzo 2019, n. 6811; Cass., Sez. 6-5, 15 ottobre 2019, n. 25958; Cass., Sez. 5, 23 ottobre 2019, n. 27096; Cass., Sez. 5, 13 ottobre 2020, n. 22007; Cass., Sez. 5, 4 dicembre 2020, n. 27804; Cass., Sez. 5, 5 novembre 2021, n. 31855; Cass., Sez. 6-5, 23 dicembre 2021, n. 41362; Cass., Sez. 3, 16 ottobre 2024, n. 26913), quale quella che il ricorrente assume oggetto della mancata decisione.

2.3 Invero, è pacifico che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2020, n. 2153; Cass., Sez. 5, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. 3, 29 gennaio 2021, n. 2151; Cass., Sez. Trib., 3 agosto 2023, n. 23672; Cass., Sez. Trib., 13 agosto 2024, n. 22775). Ed è stato, quindi, ritenuto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass., Sez. 6 – 1, 4 giugno 2019, n. 15255). Per cui, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omissione di pronuncia non è ravvisabile quando una decisione resa in grado di appello, ancorché mancante di un’espressa statuizione su un motivo di impugnazione, sia giustificata da argomentazioni logicamente e giuridicamente incompatibili con detto motivo, sì da comportarne l’implicita reiezione (tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 17 marzo 2022, n. 8710; Cass., Sez. 5, 24 maggio 2022, nn. 16672 e 16673; Cass., Sez. 5, 7 giugno 2022, n. 18253; Cass., Sez. 5, 16 giugno 2022, n. 19502; Cass., Sez. Trib., 29 novembre 2022, n. 35137; Cass., Sez. Trib., 26 giugno 2023, n. 18153; Cass., Sez. Trib., 27 maggio 2024, n. 14811).

2.4 Nella specie, a ben vedere, decidendo nel merito, il giudice di appello ha implicitamente disatteso l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità.

3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., 860 cod. civ., 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stato valutato dal giudice di secondo grado “che i benefici derivanti dall’attività di bonifica devono consistere in un vantaggio diretto e specifico delle opere di bonifica funzionale ad un loro incremento di valore e che tale prova non era stata offerta dal consorzio”.

3.1 Il predetto motivo è infondato.

3.2 La disciplina vigente ratione temporis in materia di consorzi di bonifica è dettata dalla legge reg. Campania 25 febbraio 2003, n. 4, per quanto questa Corte abbia affermato – a conferma della sentenza impugnata sul punto – l’ultrattività del piano di classifica adottato, con il relativo perimetro di contribuenza, ai sensi dell’art. 22 dell’abrogata legge reg. Campania 11 aprile 1985, n. 23, non delineandosene una caducazione sopravvenuta per contrasto con gli artt. 6 e 12 della legge reg. Campania 25 febbraio 2003, n. 4, giacché “nessuna disposizione normativa ha stabilito la perdita di efficacia del piano di classifica adottato dai vari consorzi nella vigenza della legge abrogata ovvero, comunque, individuato elementi da cui possa desumersi il travolgimento del piano di classifica già validamente adottato in conformità della precedente disciplina” (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. 5, 5 luglio 2023, n. 19074).

Tale fonte ha individuato nella “bonifica integrale” – comprendente, per la rilevanza regionale, “a) la sistemazione e l’adeguamento della rete scolante, la captazione, raccolta, provvista, adduzione e distribuzione d’acqua a usi prevalentemente irrigui, nonché la sistemazione, regimazione e regolazione dei corsi d’acqua di bonifica ed irrigui ed i relativi manufatti; b) il sollevamento e la derivazione delle acque e connesse installazioni; c) la sistemazione idraulico agraria e la bonifica idraulica; d) gli interventi di completamento, adeguamento funzionale e ammodernamento degli impianti e delle reti irrigue e di scolo e quelle per l’estendimento dell’irrigazione con opere di captazione, raccolta, adduzione e distribuzione delle acque irrigue; e) gli interventi per la realizzazione degli usi plurimi delle acque irrigue […]; f) gli interventi realizzati in esecuzione dei piani e dei programmi adottati dalle Autorità di Bacino” – un'”attività pubblica permanente di conservazione, valorizzazione e tutela del territorio, di razionale utilizzazione delle risorse idriche per uso agricolo e di salvaguardia dell’ambiente rurale” (art. 1, comma 1), prevedendo per l’attuazione di tali finalità l’istituzione ed il funzionamento dei “consorzi di bonifica” (artt. 3 e 18), i quali “provvedono, nei rispettivi comprensori, a realizzare e gestire gli impianti a prevalente uso irriguo, gli impianti per l’utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti, compresi in sistemi promiscui, funzionali ai sistemi civili e irrigui di bonifica” (art.3, comma 3).

Ciascuno di tali consorzi è costituito tra i proprietari degli immobili situati nell’ambito del perimetro di contribuenza, che ricevono beneficio dall’attività di bonifica (art. 12, comma 1).

Nell’ambito del singolo comprensorio, il consorzio di bonifica delimita (ed approva) il “piano di classifica per il riparto della contribuenza consortile che, in base a parametri ed elementi obiettivi di individuazione e quantificazione dei benefici tratti dagli immobili, stabilisce gli indici di attribuzione dei contributi alle singole proprietà, i cui dati identificativi sono custoditi ed aggiornati nell’apposito catasto consortile” (art. 12, comma 2).

Per cui, la partecipazione al consorzio di bonifica è obbligatoria e la qualifica di consorziato del singolo proprietario è acquisita con l’iscrizione delle proprietà immobiliari nel perimetro di contribuenza.

Su tali premesse, il “contributo consortile” costituisce la prestazione pecuniaria dovuta anno per anno da ciascun consorziato per lo svolgimento dell’attività del consorzio in relazione al beneficio ritratto e per il funzionamento del consorzio medesimo. Esso costituisce onere reale sugli immobili ed è esigibile mediante ruoli compilati in base al piano di ripartizione (art. 12, comma 4).

Peraltro, la citata legge regionale (art. 38) ha sancito che, “(p)er quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni”.

3.3 Per orientamento costante di questa Corte, in tema di contributi di bonifica ex art. 10 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (cioè, il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), riguardanti l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella di pagamento dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente, assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente (tra le tante: Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2014, n. 21176; Cass., Sez. 6-5, 29 novembre 2016, n. 24356; Cass., Sez. 5, 18 aprile 2018, n. 9511; Cass., Sez. 5, 18 settembre 2019, nn. 23246, 23247, 23248 e 23251; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2020, n. 6839; Cass., Sez. 5, 23 aprile 2020, n. 8079; Cass., Sez. 6-5, 1 aprile 2021, nn. 9097 e 9098; Cass., Sez. 5, 16 luglio 2021, n. 20359; Cass., Sez. 5, 8 aprile 2022, n. 11431; Cass., Sez. Trib., 27 luglio 2023, n. 22730).

Dunque, tale inversione dell’onere probatorio realizza una presunzione iuris tantum e non iuris ed de iure (che può derivare solo dalla legge), per cui non viene meno il diritto del contribuente di fornire nel giudizio tributario la prova contraria, anche se non abbia impugnato il piano in sede amministrativa, stante la possibilità per il giudice tributario, avvalendosi dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di disapplicare un regolamento od un atto amministrativo generale ove ritenuto illegittimo in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente.

Ne deriva che il contribuente è ammesso a provare in giudizio l’insussistenza del beneficio, sia sotto il profilo della sua inesistenza, con conseguente illegittimità del piano, in ordine a tale punto specifico, e correlativa disapplicazione dello stesso, sia in ordine ai criteri con cui il consorzio di bonifica abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato (Cass., Sez. 5, 21 luglio 2010, n. 17066; Cass., Sez. 5, 23 marzo 2012, n. 4671; Cass., Sez. 5, 6 giugno 2012, n. 9099). Inoltre, l’obbligo contributivo sussiste in ragione del beneficio fondiario, che, in mancanza di specifiche contestazioni, si presume in ragione dell’avvenuta approvazione del piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile, poiché non rileva il luogo di esecuzione delle opere, ma il beneficio che ne deriva e, dunque, va escluso che il contributo implichi l’esecuzione di opere consortili direttamente sui fondi assoggettati (Cass., Sez. 5, 12 novembre 2014, n. 24070).

3.4 Nella specie, con espresso richiamo alla conforme giurisprudenza di legittimità, sulla premessa che “la documentazione versata in atti dal Consorzio appellante è esaustiva e ben suffragata la pretesa azionata con l’avviso di pagamento in oggetto”, la sentenza impugnata ha correttamente valutato che “l’inclusione degli immobili nel perimetro di contribuenza esonera dall’onere della prova del beneficio ricavato”, ribadendo che “(è) comunque ammessa la prova contraria, ma questa, evidentemente, deve consistere nella dimostrazione […] che il Consorzio non provveda neppure al normale esercizio e alla normale manutenzione delle opere idrauliche esistenti”, precisando che “il beneficio può risolversi anche in mere azioni di manutenzione, esercizio e sorveglianza al fine di incrementare o anche solo di conservare il valore degli immobili” ed ammettendo che “un’opera che riguarda un determinato fondo produce effetti positivi anche su altri fondi e sull’intera area consortile”.

3.5 Su tali premesse, quindi, la censura non può che essere disattesa, risolvendosi, per un verso, nell’affermazione di un’inversa distribuzione dell’onere probatorio, che graverebbe sull’ente impositore a fronte della contestazione del contribuente in ordine al piano di classifica e al piano di ripartizione, e, per altro verso, nella pretesa ad un’inammissibile revisione del merito sulla base di una rivalutazione delle risultanze probatorie

4. In conclusione, valutandosi l’infondatezza e l’inammissibilità dei motivi dedotti, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato.

5. Quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:

– nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;

– nei rapporti tra ricorrente ed intimata, nulla deve essere disposto per la mancata costituzione della parte vittoriosa.

6. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il

versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di euro 200,00 per esborsi e di euro 600,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge;

–dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2025.

Allegati

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