FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale del Molise, con sentenza n.7/2/2018 depositata il 17/01/2018 respingeva l’appello proposto dal Comune di Pesche (IS) e accoglieva l’appello incidentale proposto dalla Regione Molise, formulati avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Isernia n. 41/01/2016 di accoglimento del ricorso proposto dal contribuente Regione Molise avverso l’avviso di liquidazione e accertamento n. 6 del 29/10/2014, con il quale il comune aveva accertato l’omesso pagamento dell’ICI per l’anno 2010 e liquidato la somma di Euro 47.964,00 comprensiva di interessi e sanzioni, in quanto proprietaria di immobile dato in comodato d’uso gratuito alla Università del Molise e da quest’ultima utilizzato anche per scopi esulanti le ipotesi di esonero previste dall’art. 7 c. 1 lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504.
2. Avverso la suddetta sentenza il comune di Pesche ha proposto ricorso per cassazione affidato a 5 motivi, cui ha resistito con controricorso la Regione Molise.
3. Il comune ricorrente ha depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il comune ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 c. 1 lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, ritenendo che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto applicabile la esenzione, atteso che i locali richiederebbero l’utilizzazione diretta degli immobili da parte del proprietario.
2. Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 c. 1 lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e dell’art. 2697 cod. civ., ritenendo che gli immobili potrebbero godere della esenzione solo a condizione che siano stati adibiti allo svolgimento delle attività tassativamente indicate nella norma, mentre invece non sarebbero adibiti a sole esigenze didattiche, di ricerca e scientifiche delle proprie facoltà universitarie.
3. Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 c. 1 lett. i) del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 in quanto il comodato d’uso gratuito non sarebbe omologabile al diritto reale di uso richiesto dalla legge per l’individuazione di soggetto diverso dal proprietario ai fini della imposizione tributaria (cui sarebbe correlato un difetto di legittimazione passiva).
4. Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in combinato disposto con l’art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per aver la decisione di gravame erroneamente accolto le censure della Regione Molise circa il difetto di motivazione.
5. Con il quinto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, c. 1, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e dell’art. 2697 cod. civ., in quanto il giudice d’appello avrebbe accolto anche la censura di esenzione dal tributo di superficie di mq. 1650 destinata ad archivio proprio gestito dalla Regione Molise stessa.
6. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente e risultano fondati.
6.1. La Corte ha avuto modo di affermare, in analoga controversia tra le stesse parti (Cass. 4/11/2019, n. 28299), che: “Non trova applicazione, inoltre, alla fattispecie, l’art. 7, comma primo, comma 1 lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che ha introdotto un’esenzione specifica dall’Ici per gli immobili posseduti da una serie di enti pubblici e soggetti giuridici a condizione che utilizzino gli immobili destinandoli ad attività esclusivamente istituzionali (attività assistenziali, previdenziali, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a) della legge 20 maggio 1985, n. 222) essendo correlata l’esenzione medesima all’esercizio, effettivo e concreto, nell’immobile di una delle attività indicate, sia esso immobile destinato o meno, in astratto, anche ad altro e diverso scopo. Poiché la previsione normativa ha natura speciale e derogatoria della norma generale, ed è perciò di stretta interpretazione, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva, posto in riferimento alla legge speciale dall’art. 14 delle disp. prel. c.c. L’esenzione dall’imposta prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5485 del 29/02/2008).”
6.2. Nella fattispecie esaminata, dunque, manca il requisito dello svolgimento dell’attività esente direttamente da parte dell’ente proprietario, ai fini della esenzione ICI, né può ritenersi dimostrata una sorta di immedesimazione tra la Regione Molise e l’Università comodataria, trattandosi di soggetti giuridici assolutamente distinti.
6.3. Al riguardo, è stato chiarito che, a certe condizioni, l’utilizzazione indiretta del bene può consentire il riconoscimento dell’esenzione in oggetto. Questa Corte, tuttavia, ha precisato, sulla scorta di un principio avente carattere generale, che: “In tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 504 del 1992 spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore (nella specie, una fondazione di religione e di culto) per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass. 18/12/2015, n. 25508; Cass. 30/09/2019, n. 24308; Cass. 11/03/2020, n. 6795; Cass. 12/5/2021, n. 12539; Cass. 16/2/2023, n. 4953).
6.4. La richiamata giurisprudenza ha avuto modo di rimarcare che detto ordine di idee concerne l’ipotesi – che qui non ricorre – nella quale “il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi “compenetrante”, ovverosia il caso in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa (Cass. 12/5/2021, n. 12539; Cass. 16/2/2023, n. 4953).
6.5. La giurisprudenza di questa Corte è, altresì, ferma nel ritenere che – di regola – l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, postula l’utilizzazione diretta del bene, essendosi, anche di recente, ribadito che: “che l’utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore è condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, D.Lgs. n. 504 del 1992, nel caso di esercizio delle attività considerate dalla norma come “esentabili”” e che l’esenzione “esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse (Cass. 30/08/2006, n. 18838; Cass. 09/04/2010, n. 8496; Cass. 24/02/2012, n. 2821; Cass. 20/07/2016, n. 14912; Cass. 20/05/2016 n. 10483; Cass. 21/03/2019, n. 8073; Cass. 23/07/2019, n. 19773, relativamente alla lett. a) dello stesso art. 7, comma 1; Cass. 2/10/2023, n. 27761).
6.6. La circostanza che l’utilizzazione indiretta del bene trovi titolo in un contratto di comodato (gratuito) non è quindi sufficiente a giustificare l’applicazione dell’agevolazione.
6.7. È opportuno anche dare atto che, con riferimento all’imposta che ha sostituito l’ICI, riproponendone sostanzialmente il presupposto di impositivo (c.d. IMU), è recentemente intervenuta la norma di interpretazione autentica (v. art. 1, comma 71, legge n. 213 del 2023,) relativa alla disposizione (v. art. 1, comma 759, lettera g), legge n. 160 del 2019), che dispone l’esenzione per gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lett. i) del comma 1 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992. Orbene, in conformità con l’orientamento di questa Corte in tema di ICI, sopra menzionato (Cass. 12/5/2021, n. 12539; Cass. 16/2/2023, n. 4953), anche tale norma di interpretazione autentica pone un limite al beneficio della esenzione, rappresentato dalla circostanza che le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, siano svolte esclusivamente con modalità non commerciali.
6.8. La norma in questione non assume rilievo nella fattispecie concreta e, in ogni caso, per quanto appena detto, non induce a mutare l’orientamento giurisprudenziale innanzi ricordato, atteso che l’esercizio di attività di ristorazione (accessibile anche ad avventori esterni, circostanza rimasta incontestata) e di palestra (si veda in proposito Cass. 12/11/2021, n. 33766), sono da presumersi con finalità di lucro, atteso anche che la parte onerata non ha provato il contrario (Cass. 12/02/2019, n. 4051).
6.9. In questo senso, si è anche sostanzialmente espressa la CTR nella sentenza impugnata, la quale ha affermato che tale carattere commerciale è sussistente (anche se poi lo ha ritenuto compatibile con le attività di cui all’art. 7).
6.10. Deve dunque escludersi che nella fattispecie sussistano i presupposti per il godimento del beneficio invocato, per cui i motivi proposti dal comune ricorrente ai nn. da 1 a 3 del ricorso vanno accolti.
7. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente Comune lamenta anche la violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in combinato disposto con l’art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 42 del D.P.R. 600/1973 laddove si ritenga che il giudice di appello abbia implicitamente accolto le censure della Regione Molise circa il difetto di motivazione del provvedimento impositivo.
7.1. Deve però rilevarsi che le censure relative al vizio di motivazione espresse nel motivo sono introdotte dal ricorrente in via ipotetica, qualora cioè la Corte le ritenga “implicitamente accolte dai giudici tributari regionali”.
7.2. La motivazione della CTR ha invece, all’opposto, respinto implicitamente tali doglianze, passando ad esaminare direttamente il merito (che presuppone il superamento del vizio di forma).
7.3. Tale censura è dunque inammissibile, considerato che non risulta introdotta in questo giudizio con ricorso incidentale della parte interessata (cioè il controricorrente), sicché si è formato il giudicato interno sul punto, che va rilevato di ufficio (Cass. 21/04/2022, n.12754).
8. Con il quinto motivo di ricorso, infine, il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, c. 1, lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e dell’art. 2697 cod. civ., in quanto il giudice d’appello avrebbe accolto anche la censura (incidentale) di esenzione dal tributo di superficie di mq. 1650 destinata ad archivio proprio gestito dalla Regione Molise stessa.
8.1. In realtà la CTR nulla dice riguardo a tale aspetto, sostanzialmente assorbito dall’accoglimento dell’appello, nella propria decisione.
8.2. Trattandosi di aspetto di merito non direttamente esaminabile in questa sede in quanto implicante accertamenti di fatto, anche tale profilo dovrà essere considerato dalla Corte tributaria, quale giudice di rinvio, nel rivalutare nel merito la fattispecie, alla luce dei principi espressi con riferimento ai primi tre motivi di ricorso sopra analizzati.
8.3. Anche tale motivo va quindi accolto, nei sensi sopra indicati.
9. In conclusione, la sentenza impugnata, in accoglimento dei motivi nn. da 1 a 3 e n. 5 di ricorso, deve essere cassata con rinvio, mentre il motivo n. 4 è invece inammissibile.
10. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, provvederà anche alla quantificazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il restante motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2024.