(omissis)
RILEVATO CHE:
In data 17 novembre 1978, (omissis) (d’ora in avanti, anche “il ricorrente”o “il contribuente”) ricevette in donazione dalla madre un lotto di terreno di 900 mq. in (omissis) alla via (omissis), censito al N.C.T., sul quale tuttavia insistevano due piccoli fabbricati non accatastati. Nell’atto di donazione fu indicato un valore di tre milioni delle vecchie lire.
Il terreno fu poi oggetto di frazionamento, dal quale scaturirono quattro particelle catastali.
In data 16/11/2004 il ricorrente vendette l’immobile alla società “G.P. Immobiliare Srl” per il prezzo complessivo di euro 205.000.
L’Agenzia delle Entrate notificò al contribuente un avviso di accertamento per una plusvalenza non dichiarata.
Non essendosi concretizzato l’accertamento con adesione, il contribuente spiegò ricorso dinanzi alla C.T.P. di Frosinone, che respinse il ricorso.
Su appello del contribuente, la C.T.R. riformò in parte la sentenza di primo grado, riducendo ad euro 210.000 il valore della plusvalenza da assoggettare a tassazione.
Contro la sentenza d’appello il (omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 52,54 e 57 del d.P.R. n. 151/131 (rectius, d.P.R. n. 131/1986), dell’art. 7 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, l’odierno ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibili le sue doglianze relative alla mancata allegazione dell’avviso di accertamento ai fini dell’imposta di registro all’avviso di accertamento della plusvalenza, oltre che la doglianza di omessa pronuncia sulla richiesta di ridurre la plusvalenza accertata sottraendo i costi documentati.
Secondo la C.T.R., l’inammissibilità delle riferite doglianze discendeva dal non averle proposte sin dal primo grado.
2. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.”, il contribuente si duole che la sentenza di appello non abbia tenuto conto, ai fini del calcolo della plusvalenza, dei “costi sostenuti ed inerenti”, che il ricorrente individua nel valore della donazione iniziale pari a tre milioni di vecchie lire, rivalutata, “sia delle spese notarili e sia di quelle pagate all’agenzia immobiliare incaricata, ammontanti ad euro cinquemila, come dimostrato”.
Il contribuente censura la sentenza di appello per non avere scomputato dal calcolo della plusvalenza i due fabbricati esistenti sul terreno sin dal 1978.
Il (omissis) assume che avrebbe incassato effettivamente il corrispettivo di euro duecentocinquemila, non rilevando il maggior valore determinato nei confronti della società acquirente ai fini dell’imposta di registro.
3. Il primo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati e decisi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte fondati ed in parte inammissibili.
Sono fondati nella parte in cui censurano la sentenza impugnata per non aver pronunciato sulla richiesta di scomputo dalla plusvalenza realizzata dei costi legittimamente deducibili.
Tale richiesta era stata avanzata dal ricorrente sin dal ricorso di primo grado, sicché la C.T.R., in relazione ad essa, è effettivamente incorsa in un’omessa pronuncia.
Di conseguenza, il giudice del rinvio dovrà accertare quali siano i costi deducibili legittimamente dalla plusvalenza accertata, applicando il comma 2, ultimo periodo, dell’art. 68 Tuir vigente ratione temporis (cioè nel periodo compreso tra l’1/1/2004 e il 2/12/2005: “Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e di successione”), con la precisazione che l’eventuale costo sostenuto dal ricorrente per la mediazione immobiliare non è un costo inerente.
Per il resto, è inammissibile, perché impinge nel merito, la doglianza relativa all’accertamento, compiuto dalla C.T.R., circa l’effettivo ammontare del corrispettivo incassato dal contribuente, ed è anche inammissibile, perché non si confronta con la sentenza impugnata, la censura relativa all’omessa pronuncia circa il vizio della mancata allegazione all’avviso di accertamento dell’avviso di accertamento dell’imposta di registro a carico della società acquirente: la C.T.R. infatti, nel determinare l’ammontare della plusvalenza nella somma di euro 210.000, pari al corrispettivo incassato indicato in contratto, ha inteso prescindere dal maggior valore di cui all’avviso di accertamento notificato alla società acquirente, sul punto aderendo alla pretesa del contribuente di vedersi rideterminata la plusvalenza in base all’importo effettivamente incassato dalla vendita del terreno.
4. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 (redditi diversi), comma 1, lett. a) e b) del d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per non aver escluso dal calcolo della plusvalenza i due fabbricati urbani esistenti da oltre trent’anni sul terreno compravenduto, in base alla motivazione che dall’atto notarile l’immobile oggetto del contratto risultava essere un terreno edificabile censito nel nuovo catasto terreni e che non risultavano i fabbricati.
4.1. Il motivo è fondato.
Ciò che rileva ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile non è lo stato dell’immobile che risulta dal suo accatastamento, bensì lo stato di fatto al tempo della cessione con la quale si realizza la plusvalenza, con la conseguenza che, nel caso di vendita di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, il valore dei fabbricati che eventualmente già insistano sul terreno da più di cinque anni prima della vendita deve essere sottratto nel computo della plusvalenza tassabile.
La decurtazione, nel procedimento di determinazione della plusvalenza tassabile, del valore dei fabbricati preesistenti anche se non censiti in catasto, è la soluzione che meglio consente di adeguare l’imposizione al principio di capacità contributiva (cfr., del resto, per il principio che l’imposizione della plusvalenza deve tener presente lo stato di fatto dell’immobile compravenduto, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4150 del 21/02/2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15629 del 09/07/2014; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1674 del 23/01/2018).
Il giudice del rinvio, dunque, conformemente alla richiesta del contribuente, provvederà a scomputare dalla plusvalenza il valore, al tempo della cessione, dei fabbricati insistenti sul terreno edificabile oggetto di compravendita, se del caso con l’ausilio di una consulenza tecnica d’ufficio.
5. In definitiva, il ricorso è accolto per quanto di ragione.
La sentenza di appello è cassata e la causa è rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, provvederà ad un nuovo giudizio sulla base dei princìpi espressi nella presente ordinanza, oltre che sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo e, per quanto di ragione, il primo e il terzo motivo di ricorso.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2024.