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Cassazione civile sez. trib., 22/09/2025, n. 25759

Massima

È legittima la liquidazione dell’Imposta di Registro (aliquota del 9%, quale atto traslativo di diritti reali immobiliari) sull’atto giudiziario (sentenza di Corte d’Appello) che accerta la simulazione di una compravendita immobiliare, qualificando il negozio come donazione dissimulata lesiva della quota di riserva, poiché tale sentenza determina un passaggio reale di immobile e costituisce, pertanto, un diritto immobiliare tassabile, conformemente all’Allegato 1 del D.P.R. n. 131 del 1986.

Supporto alla lettura

IMPOSTE

Si tratta di quel tributo che colpisce tutti i contribuenti mediante un prelievo coattivo da parte dello Stato utilizzato per finanziare i servizi pubblici fruibili dalla collettività (es. sanità, istruzione o difesa). La differenza con le tasse sta nel fatto che queste sono direttamente collegate all’utilizzo di un servizio specifico e, quindi, vengono pagate per beneficiare di un servizio.

Le imposte si dividono in:

– dirette: gravano direttamente sul reddito o sul patrimonio delle persone fisiche e giuridiche, nel senso che vengono calcolate in base alla capacità contribuitva del soggetto, ovvero alla sua abilità di generare reddito o possedere beni, sono quindi collegate in modo diretto alla situazione economica del contribuente. Le principali imposte dirette sono:

  • IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche): colpisce il reddito complessivo generato dalle persone fisiche e sui soci delle società di persone (SAS o SNC).
  • IRES (Imposta sul Reddito delle Società): grava sul reddito delle società (SRL).
  • IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive): colpisce i redditi prodotti nell’esercizio di imprese.

– indirette: vengono applicate a transazioni commerciali, beni e servizi, sono infatti generalmente incluse nel prezzo dei beni e dei servizi acquistati dai consumatori e vengono riscosse dai venditori al momento della vendita, per poi essere versate allo Stato, colpiscono, cioè, il consumo o la spesa del contribuente. Questo tipo di imposte sono c.d. regressive, nel senso che essendo un costo fisso aggiunto al prezzo del bene o servizio, colpiscono in modo più incisivo i gruppi a reddito più basso in quanto l’importo dei tributi indiretti non varia in base al reddito o alla ricchezza del consumatore. Le principali imposte indirette sono:

  • IVA (Imposta sul valore aggiunto): colpisce i beni o i servizi acquistati o scambiati.
  • Accise: colpiscono specifici beni di consumo (es. tabacchi, alcolici, benzina e carburanti).
  • Imposta di bollo: si versa per la stipula di atti, documenti e scritture private.
  • Imposta di registro: colpisce tutti gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di proprietà di beni immobili o diritti reali.

Le imprese sono soggette a entrambe le tipologie di imposte, ma le imposte dirette possono avere un impatto più significativo sul loro bilancio, influenzando non solo i profitti netti ma anche le decisioni strategiche riguardo agli investimenti e alla crescita.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Il ricorso riguarda un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate di Roma per il pagamento di Euro 70.470,75 a

titolo di imposta di registro, relativo alla registrazione della semenza0116 civile n. 4647/2014 del 09/05/14 emessa dalla Corte d’Appello di Roma, la quale aveva stabilito che un atto di compravendita di immobile, in cui i ricorrenti figuravano come venditori, dissimulava in realtà una donazione lesiva della quota di riserva in favore dei coeredi.

2. L’Ufficio del Registro, basandosi sull’Allegato 1 del D.P.R. n. 131 del 1986, ha applicato una tassazione del 9%, prevista per gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali immobiliari, sostenendo che la sentenza di merito, rilevando una dissimulazione di donazione, avesse determinato un passaggio reale di immobile e quindi la costituzione di un diritto immobiliare tassabile.

3. I ricorrenti, in primo grado, si sono opposti all’avviso di liquidazione, sostenendo che la sentenza non avesse determinato alcuna costituzione di diritti reali, ma la CTP di Roma ha respinto il ricorso.

4. In appello, la Commissione Tributaria Regionale di Roma ha confermato la decisione di primo grado con la sentenza n. 3107/21 del 22/06/21, condannando i contribuenti al pagamento delle spese di lite.

In particolare, la CTR ha affermato che la non definitività della sentenza non sospende la riscossione delle imposte; ha richiamato gli artt. 37 e 8 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. n. 131/1986, affermando che gli atti giudiziari che definiscono, anche parzialmente, un giudizio sono soggetti all’imposta di registro, salvo conguaglio o rimborso in base a una sentenza passata in giudicato; ha confermato la correttezza della tassazione applicata dall’Agenzia delle Entrate, considerando che la sentenza aveva accertato la simulazione di una donazione; infine ha respinto l’eccezione relativa alle agevolazioni per la “prima casa”, richiamando l’orientamento della Cassazione secondo cui tali agevolazioni devono essere richieste al momento della registrazione della sentenza.

5. I ricorrenti hanno formulato ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza della CTR, affidandosi a due motivi.

6. Non si è costituita la parte intimata.

7. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

8. Il collegio ha disposto l’acquisizione del fascicolo di merito al fine di verificare la fondatezza del primo motivo di ricorso.

9. Parte ricorrente ha depositato nuova memoria illustrativa.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso deducono i ricorrenti, in relazione all’art. 360 c.p.c., c. 1, n.3, la violazione di norme di diritto in relazione all’art. 27 D.L. 37/2020. La Commissione Tributaria Regionale non avrebbe rispettato la loro richiesta di discussione in pubblica udienza presentata ai sensi dell’art. 27 del D.L. 37/2020, che regola lo svolgimento delle udienze durante lo stato di emergenza causato dalla pandemia COVID-19, atteso che la normativa prevede che, in alternativa allo svolgimento da remoto, le controversie vengano decise sulla base degli atti, a meno che una delle parti non richieda la discussione. Nel caso in questione, la Commissione avrebbe dovuto fissare un’udienza da remoto o procedere alla trattazione scritta, ma non ha notificato alcuna delle due opzioni ai ricorrenti.

1.1. Va osservato che in ordine al primo motivo di ricorso, questa Corte si è effettivamente pronunciata (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20420 del 23/07/2024) dichiarando nulla la sentenza impugnata, nell’ipotesi in cui, pur avendo la parte insistito per l’udienza di discussione, la stessa era stata pronunciata allo stato degli atti, senza dare atto dell’impossibilità di procedere al collegamento da remoto e senza neppure concedere i termini per la trattazione scritta.

1.2. Nel caso di specie non risulta tuttavia depositata una specifica richiesta ai sensi della normativa emergenziale invocata, ma risulta invece presenta una diversa e generica richiesta di udienza allegata al ricorso introduttivo, precedente alla legislazione emergenziale e quindi svincolata dai relativi presupposti. Negli atti del fascicolo acquisito non è presente la dedotta richiesta – che si assume da parte del ricorrente essere stata depositata via PEC – né tantomeno la stessa è stata trascritta o riprodotta nell’atto di ricorso.

A ciò si aggiunga che il ricorrente, ai fini dell’autosufficienza, non ha indicato la precisa localizzazione dell’atto cui fa riferimento, incorrendo, per ciò solo, in altro profilo di inammissibilità, per violazione dell’art. 366 c.p.c.

I principi di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione concernono anche le doglianze di natura processuale dal momento che, pur essendo quello di legittimità giudice del ‘fatto processuale’, anche queste doglianze devono essere rese immediatamente e compiutamente ricostruibili dalla parte nei loro presupposti contingenti, senza necessità di particolari indagini e ricerche da parte della Corte. Indagini e ricerche che, in ogni caso, sono state qui svolte senza esito positivo, come detto.

1.3. Il motivo non può quindi essere accolto, in quanto inammissibile.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si eccepisce la formazione del giudicato esterno formale e sostanziale ex art. 324 c.p.c. e 2909 c.c., atteso che la questione (relativa all’applicabilità dell’imposta di registro sulla sentenza di merito della Corte di Appello relativa al trasferimento di diritti reali immobiliari), sarebbe già stata oggetto di un precedente giudizio presso la Commissione Tributaria Regionale del Lazio. In particolare, un’altra coerede, Sa.An., aveva presentato ricorso contro il medesimo avviso di liquidazione, ottenendo una sentenza favorevole che dichiarava non dovuta l’imposta di registro, sulla quale si sarebbe formato il giudicato, sia formale che sostanziale, il quale dovrebbe produrre effetti anche nei loro confronti, essendo aventi causa della stessa.

2.1. Va rilevato che, riguardo a tale secondo motivo, non risulta prodotto il certificato di passaggio in giudicato della invocata sentenza n. 5507/19. Il documento n. 6 è, invero, soltanto la ‘richiesta’ di attestazione di passaggio in giudicato.

A ciò si aggiunga che, essendo rimesso alla volontà del coobbligato se avvalersi o meno di un giudicato che gli è estraneo, perché formatosi in un giudizio al quale non ha partecipato né avrebbe dovuto necessariamente partecipare, l’estensione dell’efficacia della sentenza, ai sensi dell’art. 1306, comma 2, c.c. non può mai essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere invocata dalla parte convenuta in giudizio (cfr. Cass. n. 1681/00, n. 6212/01, n. 2383/06, n. 15462/08). Nella fattispecie, nonostante il giudicato esterno si sia formato al più tardi nel 2020 – considerato che la sentenza n. 5507/2019 è stata pubblicata in data 27.09.2019 – il ricorrente non ha sollevato la relativa eccezione nel giudizio di secondo grado (producendo quindi il relativo documento tempestivamente a seguito della comunicazione del provvedimento del 06.04.2021 della Commissione Regionale).

2.2. Indi, poiché il giudicato esterno si è formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non è stata eccepita nel corso dello stesso dalla parte interessata, si tratta di eccezione nuova e inammissibile.

In ogni caso, il rimedio esperibile avverso la sentenza di appello che eventualmente si fosse pronunciata in difformità da tale giudicato sarebbe il ricorso per revocazione, e non quello per cassazione (cfr. Cass. n.21493/10).

2.3. Anche tale motivo va quindi rigettato.

3. La Corte rigetta dunque il ricorso nella sua interezza.

4. Nulla si dispone sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio della parte intimata.

5. In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i requisiti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2025.

Allegati

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