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Cassazione civile sez. trib., 22/04/2025, n. 10458

Massima

In tema di svalutazione dei crediti per la determinazione del reddito d’impresa, è legittima e non costituisce indebito vantaggio fiscale per il contribuente l’imputazione a conto economico di crediti integralmente svalutati che, prescindendo dal criterio quantitativo (nella specie, svalutati al 100 per cento, con loro iscrizione in bilancio con valore pari a zero), a conclusione di un’analisi valutativo-estimativa, poggi esclusivamente sulla riconosciuta sussistenza del rischio d’inesigibilità ragionevolmente prevedibile, ma non ancora definitiva, trattandosi di crediti che non sono venuti meno né giuridicamente né economicamente e sono suscettibili di “ripresa di valore”, per rivalutazione e per incasso, donde la loro deducibilità ai sensi degli artt. 101 e 106 T.U.I.R., che consente agli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992 di dedurre in ciascun esercizio le perdite se risultanti da elementi certi e precisi.

Supporto alla lettura

IRPEF

L’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) è disciplinata dal titolo I del D.P.R. n.917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), il cui presupposto è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie di reddito indicate nell’art.6 del D.P.R.n.917/1986:

  • fondiari, cioè dei fabbricati e dei terreni
  • di capitale
  • di lavoro dipendente (inclusi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di pensione)
  • di lavoro autonomo
  • di impresa
  • diversi (elencati nell’articolo 67 del Testo unico delle imposte sui redditi)

Le caratteristiche dell’ imposta IRPEF: diretta, personale, progressiva per scaglioni di reddito

  • diretta: grava direttamente sul reddito delle persone fisiche.
  • personale: perché colpisce in modo autonomo i redditi di ciascun contribuente ed
    anche perché tiene conto di circostanze estranee alla produzione delle diverse categorie di reddito
    (quali particolari tipologie di spese sostenute e carichi di famiglia) che determinano deduzioni dal
    reddito complessivo e detrazioni dall’imposta lorda.
  • progressiva per scaglioni: il prelievo cresce in modo più che proporzionale rispetto al
    crescere del reddito imponibile tramite un sistema di aliquote crescenti applicate al reddito
    imponibile suddiviso in scaglioni di reddito.

Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello
Stato. Per queste ultime è imponibile solo il reddito prodotto in Italia, mentre per quelle residenti in
Italia sono imponibili i redditi ovunque prodotti.

L’Irpef, dunque, si applica sul reddito complessivo del soggetto. L’imposta lorda si calcola applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le aliquote per scaglioni.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

L’atto impositivo ebbe origine dal processo verbale di constatazione redatto dall’Agenzia delle Entrate e consegnato alla Liguria Assicurazioni Spa, incorporata nella UnipolSai Spa (d’ora in avanti, anche “la contribuente”), in data 17/7/2012.
Con riferimento al periodo d’imposta 2014, l’Ufficio contestò alla contribuente due rilievi: le perdite su crediti indeducibili ai sensi degli artt. 106, comma 5, e 101, comma 5, Tuir; il componente negativo di reddito non deducibile ai sensi dell’art. 109, commi 1 e 5, Tuir.
La contribuente propose ricorso esclusivamente con riferimento al primo rilievo, avente ad oggetto la svalutazione dei crediti commerciali verso gli assicurati per premi scaduti e non incassati.
L’Agenzia riprese fiscalmente i crediti svalutati, ritenendo che la fattispecie rientrasse nella “perdita su crediti” e che non vi fossero i presupposti per la deduzione dal reddito imponibile.
La C.T.P. di Milano respinse il ricorso.
La C.T.R., su appello della contribuente, riformò integralmente la sentenza di primo grado, annullando la ripresa fiscale impugnata nel contraddittorio con l’Ufficio.
Avverso la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
Resiste la contribuente con controricorso.
Essa ha anche depositato una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2426 c.c., n. 8, c.c. e 2697 c.c., nonché degli artt. 101, comma 5, e 106, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.)”, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’azzeramento, mediante svalutazione, dei crediti, violando le regole di riparto dell’onere della prova e esonerando la contribuente dall’onere di provare con elementi specifici che i crediti, pur valutati a zero, erano ancora almeno parzialmente recuperabili nel futuro, così da giustificare la classificazione come svalutazione, anziché come perdita.
Secondo la ricorrente, la formulazione dell’art. 106, comma 3, Tuir porterebbe ad escludere ontologicamente la possibilità di configurare una “svalutazione integrale del credito” a zero diversa dalla perdita del credito stesso, la cui deduzione possa avvenire secondo le regole di tale svalutazione anziché secondo le regole della perdita su crediti.
La contribuente avrebbe operato una svalutazione a zero dei crediti applicando, sostanzialmente, la disciplina fiscale della perdita su crediti senza dimostrare la sussistenza dei relativi presupposti.
1.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha statuito che in tema di svalutazione dei crediti per la determinazione del reddito d’impresa, è legittima e non costituisce indebito vantaggio fiscale per il contribuente l’imputazione a conto economico di crediti integralmente svalutati che, prescindendo dal criterio quantitativo (nella specie, svalutati al 100 per cento, con loro iscrizione in bilancio con valore pari a zero), a conclusione di un’analisi valutativo-estimativa, poggi esclusivamente sulla riconosciuta sussistenza del rischio d’inesigibilità ragionevolmente prevedibile, ma non ancora definitiva, trattandosi di crediti che non sono venuti meno né giuridicamente né economicamente e sono suscettibili di “ripresa di valore”, per rivalutazione e per incasso, donde la loro deducibilità ai sensi degli artt. 101 e 106 T.U.I.R., che consente agli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992 di dedurre in ciascun esercizio le perdite se risultanti da elementi certi e precisi (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 34483 del 16/11/2021, Rv. 663031 – 01; cfr. anche Cass., sez. 5-, n. 22763/2021).
Ancora, si è detto che in tema di redditi di impresa, il discrimine tra “perdite sui crediti” e “svalutazione dei crediti” si correla alla definitività del venir meno della posta attiva, nel senso che, alla stregua di un giudizio prognostico, si ha perdita del credito quando esso è divenuto definitivamente inesigibile, mentre si ha svalutazione quando il credito è solo temporaneamente non realizzabile (Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 10686 del 04/05/2018, Rv. 648070 – 01).
La sentenza impugnata, dunque, non si pone in contrasto con le norme di legge evocate nel motivo di ricorso in esame, il quale, peraltro, nella parte in cui contesta la sussistenza dei presupposti di fatto della operata svalutazione a zero, impinge nel merito del giudizio espresso dalla C.T.R., sconfinando nella inammissibilità.
2. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di UnipolSai Assicurazioni Spa, delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro cinquemiladuecento per compenso, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge, ed oltre ad Euro duecento per spese vive.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2025.

Allegati

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