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Cassazione civile sez. trib., 22/04/2024, n. 10829

Massima

In tema di atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate, le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), comprese quelle relative al documento informatico e alla firma digitale, trovano applicazione agli avvisi di accertamento. L’esclusione prevista dall’art. 2, comma 6, del CAD (nel testo vigente tra il 14 settembre 2016 e il 26 gennaio 2018) riguarda unicamente le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale” svolte “nell’esercizio” delle stesse, da intendersi come le attività propedeutiche quali accessi, ispezioni e verifiche, distinte dagli atti impositivi che rappresentano l’esito di tali attività. Pertanto, è legittima l’emissione di un avviso di accertamento in formato elettronico con sottoscrizione digitale nel periodo in questione.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE

Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 541/2017 della Commissione tributaria provinciale di Varese, in accoglimento del ricorso proposto da Ambienthesis Spa, Greenthesis Spa e Plurifinance Srl avverso avviso di rettifica e liquidazione di imposta di registro relativamente al valore di un immobile oggetto di trasferimento tra le dette parti;

le Società resistono con controricorso

 

CONSIDERATO CHE

1.1. va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalle controricorrenti, per tardiva notifica, effettuata in data 26/10/2020 a fronte del deposito della sentenza impugnata (non notificata) in data 18/2/2020;

1.1. invero, il termine previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. di sei mesi dal deposito della sentenza scadeva, nel caso in esame, in data 23/11/2020 (considerato che il termine veniva a scadere il 21/11/2020, che cadeva nella giornata di sabato, con scadenza prorogata al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., e cioè al 23/11/2020), dovendo computarsi sia la sospensione straordinaria, dal 9 marzo all’11 maggio 2020, prevista dall’art. 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla l. n. 27 del 2020 (e, successivamente, dal d.l. n. 23 del 2020, conv. dalla l. n. 40 del 2020), per l’emergenza epidemiologica Coronavirus, che il termine di sospensione feriale ex l. n. 742 del 1969, atteso che, diversamente, in caso di termine finale ricadente nel periodo di sospensione feriale, sarebbero frustrate le peculiari esigenze di natura sanitaria poste a fondamento della sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio 2020, pregiudicando il diritto di difesa delle parti legittimate all’impugnazione (cfr. Cass. n. 2095 del 24/01/2023);

2.1. con unico motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione del d.l. n. 82/2005 e dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi dell’art. 2, comma 6, del suddetto codice, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dall’art. 2, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 179 del 2016, solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento, e che tale interpretazione è confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2 ad opera dell’art. 2 del D.Lgs. n. 217 del 2017 che, mediante l’aggiunta del comma 6 bis, rendeva esplicita tale applicazione, evidenziando che la copia cartacea notificata alla parte contribuente presentava l’attestazione di conformità prevista dall’art. 23 del CAD, che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata introdotta solo a decorrere dal 1° luglio 2017 con l’inserimento del comma 7 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità;

2.2. la censura è fondata;

2.3. questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza dell’art. 2, comma 6, del D.Lgs. n. 82 del 2005 (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 179 del 2016, entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera dell’art. 2, lett. d) ed e), del D.Lgs. n. 217 del 2017, entrato in vigore dal 27 gennaio 2018;

2.4. dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione;

2.5. si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa del comma 6, prima parte, dell’art. 2 del CAD, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, che prevede quanto segue: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali”;

2.6. l’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale;

2.7. va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1° luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici;

2.8. ai sensi dell’art. 40 del CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal DPCM del 13-11-2014;

2.9. come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 1557 del 26/01/2021, Cass. n. 1150 del 21/01/2021, Cass. n.1555 del 26/01/2021), posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2, comma 6, del CAD, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico;

2.10. rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo;

2.11. la distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente;

2.12. in tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del d.P.R. n. 600 del 1973, denominato “accertamento e controllo”;

2.13. le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 dello stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonché di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza;

2.14. prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni;

2.15. anche il d.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss. le rettifiche e gli accertamenti;

2.16. lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni;

2.17. correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicché l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti;

2.18. va poi evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla Commissione tributaria regionale si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi, atteso che la modifica apportata all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici;

2.19. il comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 del CAD dall’art. 2, lett. e), del D.Lgs. n. 217 del 2017, ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”;

2.20. seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale;

2.21. alla ritenuta applicabilità del CAD consegue la legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico;

2.22. ai sensi dell’art. 23 del CAD “le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”;

2.23. nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente, cfr. Cass. n. 15074 del 2017);

2.24. non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta;

2.25. occorre ribadire che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’1 luglio 2017, a seguito dell’aggiunta del comma 6 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 7-quater, comma 6, del d.l. n. 193 del 2016;

2.26. l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità;

2.27. inoltre, risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario, trovando pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156, terzo comma 3, c.p.c., ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo (cfr. ex multis Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018);

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che procederà all’esame delle questioni rimaste assorbite ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 11 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2024.

Allegati

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