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Cassazione civile sez. trib., 20/12/2023, n. 35570

Massima

Va affermato il seguente principio di diritto: per i termini determinati ad “anni” e a “mesi” trova applicazione il criterio dettato dall’art. 155 c.p.c., secondo il quale gli stessi si computano secondo il calendario comune, quindi secondo il calendario gregoriano non ex numero sed ex numeratione dierum. Pertanto, allorché la parte sia onerata della notifica di un atto (nella specie atto d’appello) entro un termine decadenziale, tale incombente andrà effettuato con riferimento al momento di consegna dell’atto stesso all’ufficiale giudiziario entro il giorno del mese corrispondente a quello da cui il termine decorre.

Supporto alla lettura

COMPUTO DEI TERMINI

Quando si parla di termine si fa riferimento ad un determinato periodo, il quale ha due capi, ossia due giorni:

  • il giorno iniziale o di partenza: dies a quo
  • il giorno finale o di scadenza: dies ad quem

Il periodo di tempo intercorrente tra i due giorni è la sua durata.

L’art. 155 c.p.c. dispone che quando i termini sono calcolati a giorni o ad ore, non si computa il giorno iniziale, ma si computa il giorno di scadenza; se invece si tratta di termini a mesi o anni, si deve osservare il calendario comune e così la scadenza si verifica nel giorno del mese o dell’anno corrispondente a quello del mese o dell’anno iniziale, indipendentemente dall’effettivo numero di giorni compresi in quel periodo (si tratta di un principio generale applicabile sia in materia processuale che sostanziale).

Se occorre calcolare un termine a ritroso, non si computa il giorno di partenza (dies a quo), ma quello finale (dies ad quem), e se viene previsto un termine con indicazione di “giorni liberi”, significa che non devono essere computati nel termine né il giorno iniziale, né quello finale.

Con riferimento alla decorrenza di un termine:

  • interruzione: quando un determinato evento si sostituisce a quello da cui ha iniziato la decorrenza del termine, per determinarne la decorrenza ex novo;
  • sospensione: il termine ricomincia a decorrere per la parte residua.

Tutti i termini processuali subiscono una sospensione generale di diritto dal 1° al 31 agosto di ciascun anno; se il decorso del termine ha inizio durante il periodo di sospensione, tale inizio è differito alla fine di detto periodo ed il termine inizia a decorrere dal 1° settembre. L’istituto della sospensione feriale trova applicazione soltanto per i c.d. “termini endoprocessuali”,cioè quei termini che disciplinano il compimento degli atti all’interno di un processo già instaurato. La L. 7.10.1969, n. 742 prevede delle eccezioni al regime della sospensione generale dei termini, e tale eccezione riguarda le controversie in tema di lavoro o in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, ma, in linea generale, il regime della sospensione dei termini non trova applicazione in tutti quei casi in cui la ritardata trattazione potrebbe recare grave pregiudizio alle parti.

I termini processuali sono soggetti anche ad una sospensione generalizzata, siano essi perentori o ordinatori, a causa di determinati eventi conseguenti a calamità naturali, ma tale sospensione dovrà essere disposta, di volta in volta, da leggi speciali appositamente emanate. Nel caso di irregolare funzionamento degli uffici giudiziari, il meccanismo stabilito dal legislatore prevede una vera e propria sanatoria degli atti compiuti irritualmente o non tempestivamente, sino a cinque giorni dopo l’accertato irregolare funzionamento e una proroga per gli atti ancora da compiere, per i quali viene previsto un termine perentorio di quindici giorni decorrenti dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale.

Con la L. 28.12.2005, n. 263, sono stati introdotti due nuovi commi all’articolo in commento, per derogare ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che considerava il sabato, in quanto giorno non festivo, giorno utile per il computo dei termini. Con tale intervento del legislatore, la proroga, inizialmente prevista espressamente per i giorni festivi, viene estesa anche alla giornata del sabato, ma solo per le attività processuali svolte fuori dall’udienza, e deve intendersi applicata anche ai termini “a ritroso”, nel senso che il termine scadente di sabato, è anticipato al giorno precedente non festivo.

Ambito oggettivo di applicazione

…omissis…

Fatti di causa

Il dante causa dei ricorrenti aveva formulato istanza di rimborso del 90% delle imposte versate nel triennio 1990/92 in base ai benefici accordati dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 (omissis). Avverso il silenzio rifiuto proponeva ricorso che la CTP respingeva, mentre la CTR dichiarava l’appello inammissibile in quanto tardivo.

I contribuenti propongono così ricorso in cassazione affidato a un unico motivo, e l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso. I ricorrenti hanno poi depositato memoria illustrativa in data 26 settembre 2023.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo si assume “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in relazione alle disposizioni contenute negli artt. 327 e 139 c.p.c., quest’ultimo letto in combinato disposto con l’art. 149 c.p.c., comma 3”.

L’art. 149 c.p.c., comma 3, stabilisce che: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto.” La CTR Sicilia, sezione staccata di Siracusa, motiva la propria decisione affermando che: “il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 46, art. 38, al comma 3, primo periodo, prescrive che: “Se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327 c.p.c., comma 1”. La disposizione, richiamata nel testo originario, aveva il seguente contenuto: “Indipendentemente dalla notificazione l’appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione per i motivi indicati dell’art. 395, nn. 4 e 5, non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza”. Per effetto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, il citato art. 327 c.p.c., comma 1, è stato così riformulato: “Indipendentemente dalla notificazione l’appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione per i motivi indicati dell’art. 395, nn. 4 e 5, non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.” Ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1, la modifica è applicabile a decorrere dal 4 luglio 2009, in relazione “ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore.” Tuttavia, nel conteggio dei termini processuali deve tenersi conto del cosiddetto periodo di sospensione feriale, introdotto dalla L. 7 settembre 1969, n. 742, art. 1, poi modificato dal D.L. 12 settembre 2004, n. 132, art. 16, convertito con L. 10 novembre 2014, n. 162, in base al quale, a decorrere dall’anno 2015, il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1 al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione”. Nella fattispecie sottoposta all’esame del collegio, il giudizio di primo grado è stato instaurato con ricorso notificato il 13 novembre 2009, per cui il termine lungo per il passaggio in giudicato della appellata sentenza della CTP di Siracusa è quello di sei mesi dalla sua pubblicazione. Nella specie, la sentenza appellata è stata pubblicata il 6 dicembre 2016, per cui, tenuto conto del termine lungo di sei mesi dalla sua pubblicazione è passata in giudicato il 6 giugno 2017 (giorno feriale). L’atto di appello è stato notificato l’8 giugno 2017 (giorno feriale) quando la sentenza era già passata in giudicato. Da ciò consegue l’inammissibilità dell’appello per tardività”.

Osservano i ricorrenti che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte risulta ormai acquisito dall’ordinamento, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 69 del 1994, n. 358 del 1996, n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale la notificazione è destinata a svolgere – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. La regola generale della distinzione dei due momenti deve essere desunta da quella espressamente prevista dall’art. 149 c.p.c., per la notificazione a mezzo posta e conseguentemente applicata anche alla notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, sicché anche quest’ultima notifica si perfeziona, per il notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (v. Cass. 11995/2004, Cass. 12618/2006). La CTR Sicilia avrebbe dunque dovuto tenere conto, al fine di valutare la tempestività dell’opposizione, del momento in cui il notificante aveva consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario. Viceversa, la suddetta avrebbe considerato rilevante quello dell’effettiva ricezione dello stesso da parte del destinatario, pur non essendo il ritardo imputabile al notificante. Dunque, avrebbe chiaramente errato la suddetta Commissione nel prendere in considerazione esclusivamente la data dell’8 giugno 2017, che è quella della ricezione dell’atto di appello da parte dell’Agenzia delle Entrate di Siracusa, notificato a mani da parte dell’Ufficiale Giudiziario del Tribunale di Siracusa, invece che quella del 6 giugno 2017: ovvero la data in cui tale atto è stato consegnato al predetto. Pertanto, se la CTR Sicilia, avesse applicato ovvero applicato correttamente le norme in epigrafe non avrebbe di certo dichiarato inammissibile l’appello tempestivamente formulato dai ricorrenti nei termini previsti dall’art. 327 c.p.c., e lo avrebbe conseguentemente dovuto accogliere.

Il motivo è fondato.

E’ pacifico che l’atto d’appello venne consegnato all’ufficiale giudiziario il 6 giugno 2017, così come non risulta contestato che la sentenza appellata venne pubblicata il 6 dicembre 2015. Il decorso del termine lungo per l’impugnazione (sei mesi) determina quindi il passaggio in giudicato della sentenza in data 7 giugno 2017 (laddove espressamente, indipendentemente dall’indicazione successiva della data dell’otto giugno, di consegna al destinatario, la sentenza impugnata afferma il passaggio in giudicato il giorno 6 giugno), per cui l’ultimo giorno utile per la tempestiva notifica dell’appello risultava essere il 6 giugno 2017, proprio la data in cui la parte ha consegnato all’ufficiale giudiziario l’atto.

Va ricordato anzitutto che l’osservanza del termine decadenziale in capo al soggetto notificante deve essere riguardato con riferimento al momento in cui egli consegna all’ufficiale giudiziario l’atto per la notifica, restando a tali effetti irrilevante la data di perfezionamento per il soggetto destinatario (nella specie il giorno 8 giugno 2017).

Va anche richiamato l’orientamento della Corte secondo cui, nell’analoga ipotesi dei termini determinati “ad anni” (equiparata a quella a “mesi” dall’art. 155 c.p.c., comma 2), si computa secondo il calendario comune (art. 155 c.p.c.), cioè secondo il calendario gregoriano non ex numero sed ex numeratione dierum; dunque, il dies a quo va escluso dal calcolo e la scadenza si ha all’ultimo istante del giorno, mese ed anno corrispondente a quello in cui il fatto si sia verificato (Cass. 14/03/1962, n. 499 ed altre; da ultimo Cass. 1543/2018).

Va dunque affermato il seguente principio di diritto “Per i termini determinati ad “anni” e a “mesi” trova applicazione il criterio dettato dall’art. 155 c.p.c., secondo il quale gli stessi si computano secondo il calendario comune, quindi secondo il calendario gregoriano non ex numero sed ex numeratione dierum. Pertanto, allorché la parte sia onerata della notifica di un atto (nella specie atto d’appello) entro un termine decadenziale, tale incombente andrà effettuato con riferimento al momento di consegna dell’atto stesso all’ufficiale giudiziario entro il giorno del mese corrispondente a quello da cui il termine decorre”.

Nella specie, dunque, la notifica effettuata mediante consegna all’ufficiale giudiziario il giorno 6 giugno risulta tempestiva rispetto alla data del 6 dicembre dell’anno precedente.

Da quanto precede discende l’accoglimento del ricorso con assorbimento dell’altro motivo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà all’esame del merito e alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Siracusa che, in diversa composizione, provvederà all’esame del merito e alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Allegati

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