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Cassazione civile sez. trib., 19/11/2024, n. 29754

Massima

Un impianto fotovoltaico su terreno agricolo, utilizzato per l’attività agricola, può essere classificato come fabbricato rurale strumentale (categoria D/10) anche se l’imprenditore agricolo ne è il mero utilizzatore (in leasing) e non il proprietario, purché sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dall’art. 9, comma 3-bis, del D.L. n. 557/1993, convertito nella legge n. 133/1994, in quanto la produzione di energia fotovoltaica, imputabile all’imprenditore agricolo e normalmente impiegata nell’attività agricola, costituisce attività connessa ai sensi dell’art. 2135, terzo comma, cod. civ..

Supporto alla lettura

CATASTO

Il catasto è un registro pubblico che contiene informazioni su tutti i beni immobili di un territorio. Si configura come un archivio dettagliato di tutte le proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private, che si trovano in un determinato Comune, o in una provincia.

E’ diviso in due categorie:

– catasto dei terreni: elenco dei terreni agricoli e dei terreni non edificati;

– catasto dei fabbricati (o catasto edilizio): elenco dei fabbricati siano essi ad uso industriale, commerciale o civile.

La funzione del catasto è effettuare il censimento dei beni immobili finalizzato all’accertamento delle caratteristiche tecnico-economiche degli stessi e alla registrazione di eventuali cambiamenti. A motivare il censimento e la raccolta di informazioni c’è uno scopo di duplice natura:

  1. lo scopo fiscale, in quanto il censimento al catasto permette di gettare le basi per l’imposizione fiscale e determinare il reddito potenziale imponibile dei fondi rustici e dei fabbricati urbani;
  2. lo scopo civile, in quanto le informazioni raccolte dettagliatamente sono messe a disposizione dei cittadini per diverse finalità.

Per ogni bene immobile vengono indicate le “informazioni catastali” come i dati anagrafici relativi ai proprietari del bene; le caratteristiche del bene (comprensive di materiale grafico come foto e mappa); l’indicazione della localizzione geografica; l’estensione della proprietà e la destinazione d’uso del bene. In particolare per ogni unità immobiliare vengono raccolte l’identificazione catastale (nome del Comune, codice Sezione, numeri di mappa, particella e subalterno); la classe di redditività (solo per alcune unità immobiliari); la consistenza (vani e superficie netta); la rendita catastale e la categoria catastale. Queste ultime sono delle informazioni codificate e correlate alla destinazione d’uso dell’immobile, che si suddividono in 6 gruppi riconducibili a 4 macro categorie:

 immobili a destinazione ordinaria: gruppo A (alloggi, uffici privati), gruppo B (scuole, ospedali, pubblici uffici), gruppo C (attività commerciali/artigianali private);

– immobili a destinazione speciale: gruppo D (industrie, alberghi, cinema, teatri);

– immobili a destinazione particolare: gruppo E (aeroporti, porti, stazoni, chiese, edicole);

– entità urbane: gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili/agibili).

Le informazioni contenute nelle banche dati del catasto sono pubbliche, perciò l’accesso è consentito a tutti i cittadini previo pagamento dei tributi speciali catastali, l’unica eccezione è fatta per i proprietari del bene immobile che possono richiedere informazioni sullo stesso gratuitamente.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE:

1. La “UBI Leasing Spa” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 28 febbraio 2017, n. 912/13/2017, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. (OMISSIS) per rettifica di classamento (dalla categoria D/10 alla categoria D/1) a seguito di procedura “DOCFA” in base a dichiarazione di variazione del 26 luglio 2012, con riguardo ad un impianto fotovoltaico sito in V alla Strada (…), esteso mq. 11.460, dotato di potenza complessiva per Kw 197,16 (entro il limite fissato in Kw 200 dalla circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 6 luglio 2009, n. 32/E) e censito in catasto con la particella (…) del folio (…), del quale essa era proprietaria superficiaria (a seguito della costruzione fattane dalla “Agrisolare Uno Srl”, in qualità di proprietaria del suolo gravato dal diritto di superficie a favore della “UBI Leasing Spa”) ha accolto l’appello proposto in via principale dall’Agenzia delle Entrate ed ha rigettato l’appello proposto in via incidentale dalla medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Viterbo l’8 febbraio 2016, n. 115/02/2016, con compensazione delle spese giudiziali.

2. Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure – che aveva accolto il ricorso originario – sul presupposto che l’impianto fotovoltaico appartenesse in proprietà superficiaria a soggetto non esercente impresa agricola e, pertanto, non potesse avere le caratteristiche della ruralità.

3. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

4. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Il ricorso è affidato a tre motivi.

Ragioni di pregiudizialità logico-giuridica suggeriscono di derogare all’ordine di prospettazione dei motivi in ricorso, esaminando in via prioritaria il terzo motivo per la diretta attinenza alla forma dell’atto impositivo, essendo assorbente il suo eventuale accoglimento di ogni contestazione inerente al rapporto tributario.

2. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, 52, commi 2 e 2-bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’avviso di accertamento con rettifica di classamento fosse munito di adeguata motivazione, essendo stati indicati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto per la rettifica della categoria da D/10 a D/1.

2.1 Il suddetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

2.2 Anzitutto, il mezzo è carente di autosufficienza in relazione alla motivazione dell’atto impositivo, di cui si lamenta l’inadeguatezza per la carente esposizione dei “presupposti di fatto” e delle “ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’amministrazione finanziaria ex art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

2.3 Invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo (tra le tante: Cass., Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass., Sez. 5, 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., Sez. 5, 6 novembre 2019, n. 28570; Cass., Sez. 5, 10 dicembre 2021, n. 39283; Cass., Cass., Sez. 5, 14 marzo 2022, n. 8156; Cass., Sez. 6 – 5, 11 maggio 2022, n. 14905; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2023, n. 33442; Cass., Sez. 5, 26 agosto 2024, n. 23105). Ciò in quanto non è altrimenti possibile per il giudice di legittimità verificare la corrispondenza di contenuto dell’atto impositivo rispetto alle doglianze del contribuente, venendo preclusa ogni attività nomofilattica (Cass., Sez. 5, 29 luglio 2015, n. 16010; Cass., Sez. 5, 6 novembre 2019, n. 28570).

2.4 Ad ogni modo, è incontroverso tra le parti, come emerge anche dalla sentenza impugnata, che l’atto impositivo in contestazione riviene da dichiarazione di variazione (ex artt. 20 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, nel testo novellato dall’art. 2 del D.Lgs. 8 aprile 1948, n. 514, e 56 del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142), che è stata presentata secondo la procedura (c.d. “DOCFA”) disciplinata dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701.

2.5 Come è noto, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura “DOCFA”, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., Sez. 5, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 6, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6 – 5, 7 ottobre 2019, n. 25006; Cass., Sez. 5, 13 agosto 2020, n. 17016; Cass., Sez. 5, 2 febbraio 2021, n. 2247; Cass., Sez. 5, 9 febbraio 2021, nn. 3104, 3106 e 3107; Cass., Sez. 6-5, 15 marzo 2021, n. 7210; Cass., Sez. 6 – 5, 22 dicembre 2021, n. 41179; Cass., Sez. 5, 7 aprile 2022, n. 11281; Cass., Sez. 5, 8 novembre 2023, nn. 31032 e 31073; Cass., Sez. 5, 5 aprile 2024, n. 9127).

2.6 La fattispecie in disanima è chiaramente riconducibile alla prima ipotesi, giacché i dati forniti dalla contribuente non sono stati disattesi, ma soltanto rivalutati dall’amministrazione finanziaria con riferimento all’attribuzione della diversa categoria al fabbricato; per cui, è possibile (e, il più delle volte, accade) che la eventuale difformità tra la classificazione denunciata dal contribuente e la classificazione accertata dall’amministrazione finanziaria nell’ambito della procedura “DOCFA” derivi da una diversità di valutazione, qualificazione o inquadramento dei medesimi elementi di fatto (descrizioni, misure, grafici e planimetrie), che vengono elaborati sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale; il che esime, comunque, l’amministrazione finanziaria dall’onere di formulare una motivazione più particolareggiata per l’atto di riclassamento con specifico riguardo alle discrepanze emerse all’esito dell’accertamento rispetto alla proposta del contribuente (Cass., Sez. 5, 9 febbraio 2021, n. 3104).

2.7 Nel caso di specie, secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello, l’avviso di accertamento con rettifica di classamento – riveniente da procedura “DOCFA” – contiene tutti gli elementi descrittivi e valutativi, idonei a porre in grado la contribuente di adeguatamente ed immediatamente percepire i presupposti di fatto e le ragioni di diritto della pretesa; si legge, infatti, nella motivazione della sentenza impugnata, che “l’atto contiene tutti gli elementi idonei a rappresentare l’iter motivazionale che ha portato alla decisione dell’amministrazione finanziaria”.

3. Con il primo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo coma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che l’impianto fotovoltaico apparteneva in proprietà superficiaria alla “UBI Leasing Spa”, la quale aveva acquistato in origine il diritto di superficie sul terreno sottostante a garanzia della concessione in leasing dell’edificando impianto fotovoltaico alla “Agrisolare Uno Srl”, la quale era la proprietaria del terreno sottostante, per cui tale impianto era destinato a servizio dell’impresa agricola esercitata dalla “Agrisolare Uno Srl” sul medesimo terreno; tanto comportava che, in caso di leasing, i requisiti soggettivi ed oggettivi per il riconoscimento della “ruralità” dovessero essere verificati in relazione ai soggetti utilizzatori dei fabbricati ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.

4. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, 2135 cod. civ., 32 e 34 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 9, commi 3 e 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: “L’appello dell’Agenzia delle Entrate è fondato. Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 369, della legge numero 296/2006, per essere considerata produttiva di reddito agrario, con i connessi benefici fiscali relativi al classamento immobiliare la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti fotovoltaiche deve essere effettuata da produttori agricoli. Perciò, ai fini del beneficio in questione, questi ultimi devono direttamente effettuare la produzione di energia elettrica e non essere solo utilizzatori dell’energia prodotta, come nel caso di specie. Infatti, l’impianto fotovoltaico di cui si discute è di proprietà della società appellata che, pacificamente, non esercita un’impresa agricola ed ha costruito l’impianto a seguito dell’acquisto del diritto di superficie sul terreno di proprietà della società agricola Agrisolare Uno Srl alla quale è stato concesso in leasing l’impianto”; così non tenendo conto: a) che la produzione di energia elettrica mediante l’impianto fotovoltaico costituiva “attività connessa” all’attività agricola esercitata dalla “Agrisolare Uno Srl”; b) che quest’ultima era imprenditore agricolo; c) che la produzione e la cessione di energia elettrica mediante l’impianto fotovoltaico generavano reddito agrario in capo alla “Agrisolare Uno Srl”; d) l’impianto fotovoltaico costituiva fabbricato rurale.

5. I suddetti motivi – la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per il riconoscimento della “ruralità” all’impianto fotovoltaico – sono fondati.

5.1 Seppure ai soli fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, questa Corte ha recentemente affermato il principio che gli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici), realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita, sono considerati, a tutti gli effetti, come beni immobili poiché la connessione strutturale e funzionale tra il terreno e gli impianti è tale da poterli ritenere sostanzialmente inscindibili, a nulla rilevando l’astratta possibilità di rimozione ed installazione in altro luogo (Cass., Sez. 5, 14 marzo 2024, n. 6480), sul presupposto che: “La messa in opera di un impianto di apprezzabili dimensioni, ivi compresa l’integrazione tra i diversi elementi e il loro allacciamento alla rete elettrica nazionale, lascia, infatti, presupporre un collegamento con il luogo in cui lo stesso è impiantato funzionale ad una duratura utilizzazione del bene in quel determinato posto mentre la precarietà dell’ancoraggio al suolo e l’esportabilità non può in alcun modo comportare un’alterazione dell’originaria funzionalità”.

5.2 Secondo l’iter argomentativo del richiamato arresto: “In particolare, ferma restando la qualificabilità in termini immobiliari della struttura di sostegno (trattandosi di un manufatto che, anche a non volerlo far rientrare nell’ambito delle “altre costruzioni”, rientra senz’altro nel novero di “tutto ciò che (…) artificialmente è incorporato al suolo” ), è stato osservato condivisibilmente in dottrina che in simili ipotesi anche il singolo pannello fotovoltaico, dopo essere stato imbullonato o incastrato nella struttura di sostegno, “assume senza dubbio una natura immobiliare per essere parte componente di un bene immobile, tanto quanto le turbine della centrale elettrica (così come divengono parte di un edificio gli infissi destinati a servire da porte e finestre: pur essi erano mobili prima di essere montati)”. (…) Tale ricostruzione risulta del resto conforme alla lettura dell’art. 812 cod. civ. sopra prospettata, in base alla quale la natura mobiliare o immobiliare di un bene va considerata – al di là della conservazione o meno della sua individualità fisica a seguito dell’immobilizzazione – essenzialmente in ragione degli interessi che sullo stesso si appuntano. Pertanto, pur non perdendo il pannello “immobilizzato” la propria identità reale (nel senso che, rispetto all’immobile cui è unito, rimane un’entità oggettivamente distinta), la sua condizione di connessione funzionale con il suolo, conseguente al suo ancoraggio alla struttura di sostegno nell’ambito di un parco fotovoltaico, ne modifica la considerazione giuridica. Né rileva ad escludere l’immobilizzazione la sua reversibilità, legata all’agevole spostamento o rimozione dei moduli fotovoltaici. (…) Ciò che rileva, infatti, come si è già detto, è la funzione di un dato bene in quanto collocato in un dato contesto spaziale (e cioè in connessione con il suolo)”.

5.3 Tali conclusioni sono coerenti con le indicazioni offerte dalla risoluzione emanata dall’Agenzia del Territorio il 6 novembre 2008, n. 3, secondo cui “le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accertate nella categoria “D/1 – opifici”e che nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in analogia con la prassi, ormai consolidata, adottata in merito alle turbine delle centrali elettriche”, nonché dalla nota resa dall’Agenzia del Territorio il 22 giugno 2012, n. 31892, secondo cui “gli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accertati nella categoria “D/1 – opifici” e che nella determinazione della relativa rendita catastale, qualora valutata in base al costo di ricostruzione, riferito all’epoca censuaria 1988 – 89, a cui applicare il saggio di fruttuosità fissato al 2%, devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in quanto ne determinano il carattere sostanziale di centrale elettrica e, quindi, di “opificio””, con l’ulteriore precisazione che, “ai fini catastali, non rileva esclusivamente la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che le medesime componenti possano essere posizionate in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento”.

Analoghe indicazioni sono state date anche con la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 19 dicembre 2013, n. 36/E.

5.4 Venendo al caso di specie, la questione controversa attiene al riconoscimento della “ruralità” (con la conseguente attribuzione della classificazione in categoria D/10) ad un impianto fotovoltaico, di cui una società di leasing sia divenuta proprietaria superficiaria, in conseguenza della cessione in suo favore del diritto di superficie sul terreno sottostante (ove, cioè, il suddetto impianto è stato successivamente costruito), la cui proprietà spetti ad una società esercente l’attività agricola.

5.5 A tal proposito, l’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel testo vigente ratione temporis, stabiliva che “(…) la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario (…)”.

5.6 Si rammenta che, nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, e dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in riferimento agli artt. 2,3 e 53 Cost., il giudice delle leggi (Corte Cost., 24 aprile 2015, n. 66) ha opportunamente precisato che: “Il legislatore si preoccupa, peraltro, di perimetrare la categoria delle attività connesse, ricorrendo al principio della “prevalenza” dell’attività propriamente agricola nell’economia complessiva dell’impresa. E questa condizione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, riguarda tutte le attività connesse, ivi compresa quella di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, anche se per quest’ultima non vi è una espressa indicazione in tal senso nel citato comma 423. Difatti, la norma base della materia, non a caso richiamata sia da questo comma che dall’art. 2 del D.Lgs. n. 99 del 2004, è l’art. 2135 del codice civile. È la norma codicistica che individua in termini generali la categoria, specificando, al terzo comma, che si intendono connesse: “le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata (…). Ebbene, l’attività di cui è questione è appunto da qualificarsi come “attività diretta alla fornitura di beni” e, quindi, per essa vale il requisito della “utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola”. In particolare, quello che qui viene in evidenza è il fondo, quale “risorsa” primaria dell’impresa agricola, che, anche quando sia utilizzato per la collocazione degli impianti fotovoltaici, insieme alle eventuali superfici utili degli edifici addetti al fondo, deve comunque risultare “normalmente impiegata” nell’attività agricola. Del resto, il requisito risulta immanente al concetto stesso di connessione ed è coerente con la ratio dell’intera normativa in materia, volta a riconoscere un regime di favore per l’impresa agricola pur in presenza dell’esercizio di attività connesse, purché queste ultime non snaturino la stessa impresa, contraddicendone la vocazione agricola”.

5.7 Con riferimento agli impianti fotovoltaici, al fine di rispettare la ratio della norma appena citata, la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 6 luglio 2009, n. 32/E (al pari della nota resa dall’Agenzia del Territorio il 22 giugno 2012, n. 31892), ha individuato specifici criteri di connessione con l’attività agricola svolta sul fondo, chiarendo che: “Si tratta, dunque, di un’attività connessa “atipica” in quanto il suo svolgimento non richiede all’imprenditore agricolo l’impiego di prodotti derivanti dalla coltivazione del fondo. Tale produzione prescinde, infatti, dalla coltivazione del fondo, del bosco o dall’allevamento di animali; ciò nonostante, trattandosi di attività agricola “connessa” presuppone, comunque, un collegamento con l’attività agricola tipica, caratterizzata dalla presenza di un’azienda con terreni coltivati e distinti in catasto con attribuzione di reddito agrario. In particolare, i terreni, di proprietà dell’imprenditore agricolo o, comunque nella sua disponibilità, devono essere condotti dall’imprenditore medesimo ed essere ubicati nello stesso Comune ove è sito il parco fotovoltaico, ovvero in Comuni confinanti. Per rispettare la ratio della disposizione si rende, inoltre, necessario individuare specifici criteri di “connessione” con l’attività agricola che consentano di evitare di attrarre al regime dei redditi agrari attività prive di un significativo rapporto con l’attività agricola stessa”.

5.8 Riguardo ai requisiti oggettivi che devono essere soddisfatti affinché la produzione di energia da fonti fotovoltaiche possa essere assimilata ad attività agricola connessa, la nota indirizzata all’Agenzia delle Entrate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il 27 luglio 2008, n. 3896, ha precisato (par. 4) che: “1. la produzione di energia fotovoltaica derivante dai primi 200 KW di potenza nominale complessiva, si considera in ogni caso connessa all’attività agricola; 2. la produzione di energia fotovoltaica eccedente i primi 200 KW di potenza nominale complessiva, può essere considerata connessa all’attività agricola nel caso sussista uno dei seguenti requisiti: a) la produzione di energia fotovoltaica derivi da impianti con integrazione architettonica o da impianti parzialmente integrati, come definiti dall’articolo 2 del D.M. 19 febbraio 2007, realizzati su strutture aziendali esistenti. b) il volume d’affari derivante dell’attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 KW. Detto volume deve essere calcolato senza tenere conto degli incentivi erogati per la produzione di energia fotovoltaica; c) “entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 KW di potenza installata eccedente il limite dei 200 KW, l’imprenditore deve dimostrare di detenere almeno 1 ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola”.

5.9 Secondo la nota resa dall’Agenzia del Territorio il 22 giugno 2012, n. 31892: “In coerenza con i principi finora esposti, quindi, agli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici realizzati su fondi agricoli, che soddisfano i requisiti sopra richiamati, deve essere riconosciuto il carattere di ruralità. Si deve, cioè, accertare, in sintesi che: • l’azienda agricola esista, ossia si riscontri la presenza di terreni e beni strumentali che congiuntamente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola; • l’energia sia prodotta dall’imprenditore agricolo, nell’ambito dell’azienda agricola; • l’impianto fotovoltaico sia posto nel Comune ove sono ubicati i terreni agricoli, o in quelli limitrofi; • almeno uno dei requisiti oggettivi, richiamati al paragrafo 4 della citata circolare n. 32 del 2009, sia soddisfatto”; di qui la conclusione che “agli immobili ospitanti le installazioni fotovoltaiche, censiti autonomamente e per i quali sussistono i requisiti per il riconoscimento del carattere di ruralità, nel caso in cui ricorra l’obbligo di dichiarazione in catasto, ai sensi degli articoli 20 e 28 del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249), è attribuita la categoria “D/10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”, introdotta con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139, con rendita determinata secondo le consuete disposizioni di prassi”.

5.10 Analogamente, secondo la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 19 dicembre 2013, n. 36/E: “Agli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici realizzati su fondi agricoli, che soddisfano i requisiti sopra richiamati, deve essere riconosciuto il carattere di ruralità. Si deve, cioè, accertare, in sintesi: • che esista l’azienda agricola, ossia che si riscontri la presenza di terreni e fabbricati che congiuntamente siano, di fatto, correlati alla produzione agricola. L’esistenza dell’azienda agricola, sulla base di quanto stabilito dall’art. 9, comma 3, lettera c) del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 5574, presuppone che il fondo deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati (fatta eccezione per alcune fattispecie, in relazione alle quali tale limite è ridotto a 3.000 metri quadrati), fermo restando che le particelle interessate debbono essere iscritte al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario; • che sia soddisfatto uno dei requisiti oggettivi richiamati ai punti 1 e 2 del citato paragrafo 4 della circolare n. 32/E del 2009”.

5.11 Tale ragionamento è destinato a valere anche nel caso in cui l’imprenditore agricolo non sia proprietario, ma mero utilizzatore dell’impianto fotovoltaico in forza di un contratto di leasing, purché l’energia elettrica prodotta da quest’ultimo sia destinata a supportare l’attività agricola esercitata sul medesimo terreno in cui l’impianto fotovoltaico è stato installato ovvero in un terreno limitrofo ad esso, essendo sufficiente la disponibilità a qualsivoglia titolo (non solo dominicale) del suddetto manufatto.

Difatti, non è necessaria l’identità soggettiva tra utilizzatore e proprietario del fabbricato strumentale all’attività agricola ai fini del riconoscimento della “ruralità” in catasto, fermo restando che l’utilizzatore sia imprenditore agricolo. Invero l’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, anche alla luce delle direttive impartite con la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 15 giugno 2007, n. 7, consente che l’imprenditore agricolo o la società agricola (ex art. 1, comma 3-bis, del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, sulla base dell’art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), purché titolare della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un terreno avente superficie non inferiore mq. 10.000 e censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario, detenga sulla base di un “titolo idoneo” un fabbricato strumentale alle attività agricole ai sensi dell’art. 32, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (tra le quali, la lett. c individua “le attività indicate dall’art. 2135, terzo comma, cod. civ., dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali” ), su cui un terzo sia titolare della proprietà o di altro diritto reale di godimento, può ottenere il riconoscimento della “ruralità” del predetto fabbricato agli effetti fiscali.

5.12 Su tali premesse, è evidente che la sentenza impugnata ha contravvenuto ai principi enunciati, argomentando che, “ai fini del beneficio in questione, questi ultimi (cioè, i produttori agricoli) devono direttamente effettuare la produzione di energia elettrica e non essere solo utilizzatori dell’energia prodotta, come nel caso di specie”, giacché “l’impianto fotovoltaico di cui si discute è di proprietà della società appellata che, pacificamente non esercita un’impresa agricola ed ha costruito l’impianto a seguito dell’acquisto del diritto di superficie sul terreno di proprietà della società agricola Agrisolare Uno Srl alla quale è stato concesso in leasing l’impianto”.

In tal modo, però, sulla scorta di una distorta esegesi della disciplina normativa, oltre che di una manifesta confusione tra l’imputabilità della produzione di energia elettrica (che, nella specie, deve essere ascritta alla “Agrisolare Uno Srl”, proprio in qualità di utilizzatore dell’impianto fotovoltaico in base al contratto di leasing) e la titolarità della proprietà (superficiaria) sull’impianto fotovoltaico (che, nella specie, spetta alla “UBI Leasing Spa”, in forza della concessione del diritto di superficie con termine venticinquennale – per effetto dell’installazione fattane dalla “Agrisolare Uno Srl” – su un terreno compreso nell’azienda agricola, ai sensi dell’art. 952, primo comma, cod. civ.), il giudice di appello si è astenuto da ogni accertamento in ordine alla sussistenza del requisiti soggettivi ed oggettivi per il riconoscimento della “ruralità” (e l’attribuzione della categoria D/10) all’impianto fotovoltaico in questione.

6. In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del primo motivo e del secondo motivo, nonché l’inammissibilità/infondatezza del terzo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

7. Nell’accertamento demandatogli, il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: “In materia di catasto, l’impianto fotovoltaico insistente su un terreno agricolo e concorrente allo svolgimento dell’attività agricola, secondo la previsione dell’art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (e successive modificazioni ed integrazioni), in linea con l’interpretazione datane dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 66 del 24 aprile 2015, anche nel caso in cui l’imprenditore agricolo (individuale o collettivo) non ne sia proprietario, ma mero utilizzatore (lessee) in base a contratto di locazione finanziaria (leasing), deve essere classato – in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 – come fabbricato rurale strumentale (con la conseguente attribuzione della categoria D/10) all’esito di procedura “DOCFA”, giacché la produzione di energia fotovoltaica, che deve essere sempre imputabile all’imprenditore agricolo (individuale o collettivo), se normalmente impiegata (con l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse aziendali) nell’attività agricola, costituisce attività connessa ai sensi dell’art. 2135, terzo comma, cod. civ.”

 

P.Q.M.

La Corte

accoglie il primo motivo ed il secondo motivo, rigetta il terzo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2024.

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