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Cassazione civile sez. trib., 18/08/2025, n. 23470

Massima

L’applicazione dello “scudo fiscale” non è automatica ma è soggetta a due limiti invalicabili:
1. L’onere della prova in capo al contribuente: L’effetto che preclude l’accertamento fiscale non è una “franchigia” generica. Grava sul contribuente che ha aderito allo scudo l’onere di dimostrare la correlazione oggettiva tra i maggiori redditi accertati e le specifiche somme o attività fatte rientrare dall’estero. In assenza di tale prova, l’accertamento è legittimo.
2. Effetti strettamente personali e non estensibili: I benefici dello scudo sono limitati al solo soggetto che ha presentato la dichiarazione riservata e non possono essere estesi alla società di persone (Snc) o agli altri soci.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

La Direzione Provinciale di Genova dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della De. Snc di De.Li. E C. (d’ora in poi, breviter, De. Snc), esercente attività di commercio di orologi di marche di grande qualità e di preziosi e bigiotteria, un avviso di accertamento con il quale rettificava con metodo analitico-induttivo il reddito d’impresa, il valore della produzione netta e il volume d’affari da questa dichiarati in relazione all’anno 2008, operando le corrispondenti riprese fiscali ai fini dell’IRAP e dell’IVA.

L’atto faceva sèguito ad attività di verifica nel corso della quale gli operatori avevano formulato rilievi in ordine alle distinte di magazzino tenute dalla predetta società, nonché alle percentuali di ricarico e agli sconti da essa applicati.

Il medesimo Ufficio notificava ai soci amministratori De.Li. e a De.Ra. due distinti avvisi di accertamento mediante i quali imputava per trasparenza a ciascuno di loro, in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, il maggior reddito d’impresa determinato in capo all’ente collettivo, provvedendo ai correlativi recuperi ai fini dell’IRPEF.

La società e i soci, ognuno per quanto di rispettivo interesse, impugnavano i suddetti atti impositivi introducendo tre autonomi procedimenti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova, la quale, riunite le cause, respingeva i ricorsi della De. Snc e di De.Ra., mentre accoglieva quello di De.Li., ritenendo operante nei confronti di quest’ultima la preclusione di qualsiasi accertamento tributario e contributivo (cd. “scudo fiscale”) derivante dal combinato disposto degli artt. 13-bis, comma 4, del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, e 14, comma 1, lettera a), del D.L. n. 350 del 2001, convertito in L. n. 409 del 2001, in favore di chi avesse effettuato, nel termine all’uopo stabilito, il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato. La decisione veniva appellata dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in via principale dall’Agenzia delle Entrate e in via incidentale dalla De. Snc e da De.Ra.

Con sentenza n. 784/2017 del 29 maggio 2017 l’adìta Commissione rigettava il gravame principale e accoglieva parzialmente quello incidentale, disponendo la rideterminazione del reddito societario in base al criterio della “media ponderata dei prezzi attualizzati”, con applicazione di uno sconto del 15% per gli orologi e del 5% per i gioielli.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, al quale hanno resistito con controricorso la De. Snc in liquidazione, De.Li. e De.Ra.

Con successivo ricorso la stessa De. Snc in liquidazione e De.Ra. hanno anch’essi impugnato la menzionata sentenza sulla base di due motivi.

I ricorsi sono stati avviati alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

(A) Ricorso principale

1. Occorre anzitutto evidenziare che il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate va qualificato come principale, essendo stato notificato prima di quello autonomamente introdotto dalla De. Snc in liquidazione e da De.Ra., il quale deve essere, quindi, ritenuto incidentale, pur non rivestendo la forma del controricorso prevista dall’art. 371, comma 1, c.p.c. (cfr., ex ceteris, Cass. n. 36057/2021, Cass. n. 27680/2021, Cass. n. 448/2020, Cass. n. 5695/2015).

1.1 Tanto premesso, con l’unico motivo del ricorso erariale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 14, comma 1, lettera a), del D.L. n. 350 del 2001, convertito in L. n. 409 del 2001, richiamato dall’art. 13-bis, comma 4, del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, nonché dell’art. 2697 c.c..

1.2 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel ritenere operante in favore di De.Li. la preclusione di ogni accertamento tributario e contributivo posta dalla normativa speciale testè citata.

1.3 Viene, in proposito, obiettato che: – detta preclusione non discende automaticamente dall’adesione al cd. “scudo fiscale”, concernendo solo gli “imponibili… rappresentati dalle somme oggetto del rimpatrio”; – nel caso di specie, risulta “del tutto assente la prova della riconducibilità dei maggiori imponibili accertati alle attività oggetto di emersione”.

1.4 Il motivo è fondato.

1.5 Ai sensi dell’art. 13-bis, comma 4, D.L. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, il pagamento della ivi prevista imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dello Stato in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale “produce gli effetti di cui agli articoli 14 e 15 e rende applicabili le disposizioni di cui all’articolo 17 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 409“.

1.6 L’art. 14 del D.L. n. 350 del 2001, al comma 1, lettera a), prevede, a sua volta, che, “salvo quanto stabilito dal comma 7, il rimpatrio delle attività finanziarie effettuato ai sensi dell’art. 12 e nel rispetto delle modalità di cui all’articolo 13” -ovvero mediante presentazione di una “dichiarazione riservata” e il versamento di una somma pari al 2,5 per cento dell’importo dichiarato o, in alternativa, la sottoscrizione di titoli di Stato per un valore pari al 12 per cento dell’ammontare delle attività rimpatriate- “preclude nei confronti del dichiarante e dei soggetti solidalmente obbligati ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi d’imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l’azione di accertamento alla data di entrata in vigore del presente decreto, limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio”.

1.7 Sul tema in discussione questa Corte ha già più volte statuito che:

– l’effetto preclusivo sancito dall’art. 14, comma 1, lettera a), del D.L. n. 350 del 2001 non comporta una limitazione oggettiva, che si esaurisca nella mera corrispondenza quantitativa fra le somme rimpatriate e qualsiasi reddito accertabile, come se l’importo indicato nella “dichiarazione riservata” possa rappresentare, fino a concorrenza dello stesso, una sorta di franchigia opponibile dal contribuente all’Amministrazione Finanziaria rispetto a qualunque tipologia di accertamento tributario;

– la limitazione normativa agli “imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio” richiede la prova di una correlazione oggettiva fra il reddito accertato e la provenienza delle somme o dei beni rimpatriati o regolarizzati: bisogna, cioè, dimostrare -e il relativo onere è posto a carico del contribuente- che le somme rientrate siano astrattamente riconducibili proprio al reddito contestato (cfr. Cass. n. 2990/2024, Cass. n. 30776/2023, Cass. n. 38722/2021, Cass. n. 34577/2019).

1.8 Alla stregua del surriferito orientamento nomofilattico, che va qui ribadito, deve ritenersi sussistente il dedotto “error in iudicando”, avendo il collegio d’appello “sic et simpliciter” riconosciuto operante a favore della De., in conseguenza della sua adesione al cd. “scudo fiscale-ter”, l’effetto preclusivo del generale potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria, senza minimamente indagare se ella avesse assolto l’onere probatorio da cui era gravata, nei termini innanzi illustrati. (B)Ricorso incidentale.

2. Può ora procedersi all’esame del ricorso incidentale.

2.1 Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

2.2 Si deduce, sul punto, che “la corretta regolarizzazione disposta, ex D.L. 78/2009, dalla Sig.ra De.Li…., lo status di dominus della stessa nella società “di famiglia” De. Snc… e la (altrettanto) oggettiva responsabilità solidale del socio (figlio), Sig. De.Ra., doveva determinare, ex art. 14 D.L. 350/2001, la preclusione di qualsiasi accertamento tributario e contributivo sulla società De. Snc e sul socio De.Ra., fino alla concorrenza dei “valori” fatti rientrare”.

2.3 I giudici d’appello, viene soggiunto, non avrebbero tenuto conto dell'”efficacia intersoggettiva dello scudo fiscale in capo ai soggetti solidalmente responsabili aventi un reddito unico derivato per trasparenza da una Snc”.

3. Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13-bis del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, dell’art. 14 del D.L. n. 350 del 2001, convertito in L. n. 409 del 2001, e dell’art. 2291 c.c.

3.1 Viene rimproverato alla CTR di aver erroneamente ritenuto “inapplicabile lo scudo fiscale nei confronti della società De. Snc… e dell’altro socio (e figlio), Sig. De.Ra., che dalla medesima unica attività ricavava il medesimo reddito, per il noto principio di trasparenza, rimanendo solidalmente (ed illimitatamente) responsabile con il soggetto scudato”.

4. È bene subito precisare che il ricorso incidentale non può ritenersi assorbito dall’accoglimento del principale.

4.1 Per giurisprudenza di legittimità, l’assorbimento di un motivo di ricorso per cassazione postula che la questione con esso prospettata si presenti incondizionatamente irrilevante, ai fini della decisione della controversia, a sèguito dell’accoglimento di un altro motivo; situazione che non appare configurabile ove la questione stessa possa diventare rilevante in relazione a uno dei prevedibili esiti del giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza impugnata.

4.2 In tale ultima evenienza, la Suprema Corte deve ugualmente procedere all’esame del motivo ed eventualmente annullare la medesima sentenza anche in relazione ad esso, sia pure condizionatamente a un determinato esito del giudizio di rinvio sulla questione oggetto del motivo principale accolto (cfr. Cass. n. 13532/2018, Cass. n. 22602/2017, Cass. n. 13259/2006).

4.3 Proprio questa è l’ipotesi ricorrente nella specie, atteso che, qualora al termine dell’instaurando giudizio di rinvio dovesse essere confermata la decisione precedentemente assunta dalla CTR nei riguardi di De.Li., tornerebbe nuovamente in gioco la questione relativa alla possibilità di estendere gli effetti preclusivi dello “scudo fiscale” alla De. Snc in liquidazione e all’altro socio De.Ra.

4.4 Chiarito ciò, il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile, in parte infondato.

4.5 Va, in primo luogo, notato che i ricorrenti lamentano l’omesso esame di una questione giuridica, e non di un fatto storico principale o secondario, nei termini esplicitati dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 8053-8054/2014, onde il vizio denunciato non appare riconducibile al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c.

4.6 Fermo quanto precede, tale “fatto” (recte: questione) è stato comunque tenuto in considerazione dalla CTR, la quale ha trattato il tema, osservando che, “per quanto riguarda la questione del cosiddetto “scudo fiscale… si conviene che non possa essere applicato alla società ed ai suoi soci…”.

5. Il secondo motivo è infondato.

5.1 L’avviso di accertamento emesso nei confronti di De.Li., unica aderente allo “scudo fiscale-ter”, ha ad oggetto il reddito da partecipazione alla De. Snc imputatole per trasparenza, ai fini dell’IRPEF, a norma dell’art. 5, comma 1, del TUIR.

5.2 Rispetto all’obbligazione tributaria scaturente da tale accertamento non è configurabile una responsabile solidale della società, che non è soggetto passivo IRPEF, né tantomeno dell’altro socio, tenuto a rispondere solidalmente e illimitatamente, ex art. 2291, comma 1, c.c., per le sole obbligazioni sociali, e non anche per quelle facenti capo ad altri soci.

5.3 In proposito, deve rammentarsi che quello da partecipazione costituisce reddito personale del socio (cfr. Cass. n. 28081/2024, Cass. n. 11989/2015, Cass. n. 3946/2011), sul quale soltanto grava, conseguentemente, l’obbligo di pagamento della relativa IRPEF.

5.4 Non sussistono, quindi, nella fattispecie in esame, i presupposti richiesti per poter estendere a soggetti diversi dalla dichiarante la preclusione di ogni accertamento tributario e contributivo sancita dall’art. 14, comma 1, lettera a), del D.L. n. 350 del 2001.

5.5 Deve, inoltre, escludersi che la protezione del cd. “scudo fiscale” possa essere invocata anche dalla De. Snc, per il fatto che al tempo della presentazione della “dichiarazione riservata” De.Li. rivestisse il ruolo di amministratrice della predetta società.

5.6 Non va, infatti, dimenticato che l’art. 13-biS, comma 5, del D.L. n. 78 del 2009 richiama, fra gli altri, l’art. 11 del D.L. n. 350 del 2001.

5.7 Tale ultimo articolo, al comma 1, lettera a), precisa che gli “interessati” ammessi ad avvalersi delle disposizioni contenute nel capo III del menzionato decreto-legge (rubricato “Emersione di attività detenute all’estero”) sono solamente “le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917“.

5.8 Dalla lettura coordinata delle norme innanzi citate si ricava, dunque, che le società in nome collettivo, in quanto enti commerciali, non rientrano fra i soggetti che possono beneficiare degli effetti del rimpatrio delle attività finanziarie fissati dall’art. 14 del D.L. n. 350 del 2001.

(C) Statuizioni conclusive

6. In definitiva, il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale è da respingere.

6.1 Si impone, pertanto, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c., e 62, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza, nei limiti delle censure accolte, con rinvio alla CGT-2 della Liguria, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame delle questioni controverse uniformandosi ai principi di diritto sopra espressi.

6.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D.Lgs. cit.

7. Stante l’esito dell’impugnazione incidentale, viene resa a carico delle parti che l’hanno proposta l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell‘art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 3 luglio 2025.

Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2025.

Allegati

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