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Cassazione civile sez. trib.,17/07/2024, n. 19677

Massima

In tema di notificazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC) della cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione, la provenienza del messaggio da un indirizzo PEC non risultante dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC) non determina di per sé la nullità della notifica. Al fine di contestare la validità della notificazione, il contribuente ha l’onere di allegare e dimostrare lo specifico pregiudizio subito al proprio diritto di difesa in conseguenza della ricezione dell’atto da un indirizzo non ufficiale. La mera deduzione dell’estraneità dell’indirizzo del mittente dall’INI-PEC non è sufficiente a inficiare la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto emittente, desumibile dall’indirizzo stesso.

Supporto alla lettura

COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI TELEMATICHE

Ai sensi della normativa vigente, le comunicazioni prescritte dalla legge o dal giudice vengono inviate, nei casi in cui non sia previsto diversamente, direttamente all’indirizzio di Posta Elettronica Certificata (PEC) del soggetto destinatario. Il DM 44/2011 e le specifiche tecniche di cui al provvedimento del 16 aprile 2014 regolamentano le modalità di invio.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. St.Ni. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio il 14 giugno 2022, n. 2765/10/2022, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di preavviso di iscrizione ipotecaria in dipendenza di varie cartelle di pagamento dell’imposta di registro su atti giudiziari, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 13 luglio 2021, n. 8412/05/2021, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali;

2. la Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario – sul rilievo che le prodromiche cartelle di pagamento fossero state ritualmente notificate a mezzo p.e.c. e che i funzionari dell’agente della riscossione avessero diritto alla liquidazione dei compensi per l’attività difensiva svolta;

3. l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha resistito con controricorso;

4. a seguito della formulazione di proposta di definizione accelerata da parte del consigliere delegato allo spoglio, il ricorrente ha chiesto di fissare l’udienza di discussione con il contestuale conferimento di una nuova procura al proprio difensore di fiducia;

5. le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’adunanza camerale;

CONSIDERATO CHE:

1. il ricorso è affidato a due motivi;

1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 16-ter del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., nonché “omessa valutazione di una circostanza determinante integrante motivazione apparente”, in relazione all’art. 132 cod. proc. civ. ed all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di appello di pronunciarsi sull’eccezione di inesistenza/nullità della notificazione delle impugnate cartelle di pagamento a mezzo di p.e.c. non ufficiale e di valutare la circostanza determinante relativa alla natura “non ufficiale” dell’indirizzo di provenienza della notificazione di tutte le impugnate cartelle di pagamento, deducendo che “la notifica della cartella esattoriale… è nulla, perché prodotta da un soggetto che non si conosce, e cioè da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri”; 1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., nonché “omessa valutazione di una circostanza determinante integrante motivazione apparente”, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che fosse legittima “la condanna al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, di primo grado, in favore di ADER che pure era stata assistita nel giudizio da un proprio funzionario”;

2. il consigliere delegato allo spoglio ha formulato proposta di definizione accelerata sul presupposto della manifesta infondatezza del ricorso;

3. tale proposta è stata comunicata ai difensori delle parti;

4. il difensore del ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso in sede collegiale, ai sensi dell’art. 380-bis, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo novellato dall’art. 3 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149);

5. preliminarmente, non senza rilevare l’improprio richiamo, nella formulazione delle censure, all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., il collegio ritiene di condividere la proposta di definizione accelerata per le seguenti ragioni;

6. il primo motivo è infondato;

6.1 l’art. 26, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo novellato dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159 (“Al fine di potenziare la diffusione dell’utilizzo della posta elettronica certificata nell’ambito delle procedure di notifica, nell’ottica del massimo efficientamento operativo, della riduzione dei costi amministrativi e della tempestiva conoscibilità degli atti da parte del contribuente”), prevede che: “La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600“;

6.2 la questione della nullità della notifica a mezzo p.e.c. della cartella di pagamento sotto lo specifico profilo della provenienza del documento informatico da un indirizzo non inserito nell’indice nazionale dei registri di posta elettronica certificata è stata recentemente scrutinata da questa Corte, con soluzione a cui il collegio ritiene di dare continuità; 6.3 in particolare, si è affermato che, in tema di notificazione a mezzo p.e.c. della cartella di pagamento, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo, invece, che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro (in termini: Cass., Sez. 5°, 3 luglio 2023, n. 18684; Cass., Sez. 5°, 9 gennaio 2024, n. 884); per cui, il contribuente non può limitarsi a tale censura, occorrendo la deduzione di uno specifico vulnus all’esercizio del diritto di difesa, che nella specie non è stato allegato;

7. il secondo motivo è infondato;

7.1 è inconferente il richiamo alla costituzione dell’agente della riscossione a mezzo di un proprio funzionario, giacché l’opzione per la difesa “domestica” ex art. 11, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non esclude che la soccombenza del contribuente ne giustifichi la condanna alla rifusione delle spese giudiziali, potendo al più incidere sulla misura dei compensi liquidabili ex art. 15, comma 2-sexies, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel testo novellato dall’art. 9, comma 1, lett. f, n. 2, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156), essendo pacifico che, nel processo tributario, alla parte pubblica assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo (tra le tante: Cass., Sez. 5°, 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., Sez. 5°, 11 ottobre 2021, n. 27634; Cass., Sez. 5°, 1 giugno 2022, n. 17816; Cass., Sez. 5°, 24 ottobre 2023, n. 29439; Cass., Sez. 5°, 6 giugno 2024, n. 15880);

8. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;

9. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;

10. ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. (quale introdotto dall’art. 45, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69), in virtù del richiamo fattone dall’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo novellato dall’art. 3, comma 28, n. 3, lett. g, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la manifesta infondatezza del ricorso giustifica l’ulteriore condanna d’ufficio del soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata nell’importo corrispondente alla liquidazione delle spese giudiziali; difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di responsabilità processuale aggravata, l’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nel disporre che il soccombente può essere condannato a pagare alla controparte una “somma equitativamente determinata”, non fissa alcun limite quantitativo per la condanna alle spese della parte soccombente, sicché il giudice, nel rispetto del criterio equitativo e del principio di ragionevolezza, può quantificare detta somma sulla base dell’importo delle spese processuali (di una loro frazione o di un loro multiplo) o anche del valore della controversia (tra le tante: Cass., Sez. 3°, 4 luglio 2019, n. 17902; Cass., Sez. 3°, 20 novembre 2020, n. 26435; Cass., Sez. 5°, 5 novembre 2021, n. 31870; Cass., Sez. 3°, 26 gennaio 2022, n. 2347; Cass., Sez. 6°-3, 15 febbraio 2023, n. 4725; Cass., Sez. 5°, 12 aprile 2023, n. 9802; Cass., Sez. 5°, 15 giugno 2023, n. 17100; Cass., Sez. 5°, 19 giugno 2024, n. 16934);

11. in applicazione del combinato disposto degli artt. 380-bis, terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., si deve, altresì, condannare il ricorrente a pagare una sanzione di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende; peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. Un., 27 settembre 2023, n. 27433; Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540), per quanto sia stato precisato che la predetta norma non prevede l’applicazione automatica delle sanzioni ivi previste, la quale resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente compatibile del nuovo istituto (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2023, n. 36069), avendosi particolare riguardo, nella specie, alla omogeneità delle ragioni decisorie rispetto alla formulazione della proposta; che, inoltre, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. in favore della cassa delle ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380-bis cod. proc. civ.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195 -nello stesso senso: Cass., Sez. 3°, 4 ottobre 2023, n. 27947); 12. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 1.500,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; condanna il ricorrente al pagamento della ulteriore somma di Euro 1.500,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell‘art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.; condanna il ricorrente al pagamento di una sanzione di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell‘art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2024.

 

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