Massima

In tema di accertamento di redditi derivanti da attività illecite, qualora sia accertato che una società di capitali costituisca una “società schermo” creata al solo fine di commettere illeciti fiscali, la Commissione Tributaria non può contemporaneamente invocare il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta della società e disconoscere l’imputazione dei redditi al reale percettore, amministratore della stessa. La motivazione della sentenza che contenga tale contraddizione è nulla per vizio di motivazione apparente, non consentendo di comprendere l’iter logico-giuridico seguito per superare la presunzione di imputazione del reddito al soggetto interposto.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. Al Sig. Sc.Pi. veniva notificato avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, ai sensi del combinato disposto degli artt. 37, comma 3, e 41 – bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 accertava ai fini IRPEF, per l’anno d’imposta 2014, redditi diversi pari Euro 324.977,00, derivanti dall’esercizio di un’attività illecita svolta mediante la gestione dell’attività svolta dalla società Pisca Trading Srl, di cui il contribuente era legale rappresentante.

2. Contro detto avviso proponeva ricorso il contribuente dinanzi la C.t.p. di Napoli; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo conferma del proprio operato.

3. La C.t.p. adita, con sentenza n. 534/06/2021, accoglieva integralmente il ricorso del contribuente, ritenendo che, essendosi caducato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società Pisca Trading Srl, sul quale era fondato l’avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente Sc.Pi., tale avviso andava annullato.

4. Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Campania; si costituiva anche il contribuente, chiedendo conferma della sentenza di primo grado.

5. Con sentenza n. 8467/2021, depositata in data 1 dicembre 2021, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio ritenendo non provata che Sc.Pi. fosse unico e diretto beneficiario economico dei vantaggi contestati alla società Pisca Trading Srl

6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi ed il contribuente ha resistito con controricorso.

La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 3 aprile 2025 per la quale il contribuente ha depositato memoria.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell’art. 37, terzo e quinto comma, D.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.” l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che, benché fosse sostanzialmente provata la natura fittizia della società Pisca Trading Srl (e i relativi guadagni illeciti), mancasse la prova di un riscontro patrimoniale circa i benefici economici tratti personalmente dal Sig. Sc.Pi., amministratore legale della società, così non considerando la sussistenza delle presunzioni di legge e ponendo a carico dell’Ufficio un onere probatorio contrario alle norme di riferimento.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione. Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 36D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.” l’Ufficio lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto vinta la presunzione di cui causa senza esplicitare il percorso logico seguito per giungere ad una tale conclusione.

2. Ragioni di ordine logico-giuridico impongono la previa disamina del secondo motivo; esso è fondato in quanto la motivazione della sentenza impugnata, pur graficamente presente, è intrinsecamente contraddittoria e non consente di comprendere l’iter logico sotteso alla decisione adottata.

2.1. In particolare, si palesa contraddittoria l’affermazione dei giudici di appello che, da un lato, hanno ritenuto provata l’esistenza di una società schermo, costituita al solo fine di commettere illeciti fiscali, e, dall’altro, hanno sostenuto l’applicazione, al caso di specie, del principio dell’autonomia patrimoniale perfetta che contraddistingue la società di capitali.

Quindi, dopo aver dato per pacifico che la Pisca Trading Srl era una società schermo appositamente costituita per l’esclusivo vantaggio economico di Sc.Pi., non ne hanno tratte le dovute conseguenze ai fini fiscali relative all’imputazione dei redditi, che vanno ricondotti, al reale percettore degli stessi, ove effettivamente dimostrato anche sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti.

Invero, questa Corte ha avuto modo di ricordare che: “La norma prevede che l’Ufficio possa utilizzare elementi indiziari, dotati di pregnanza presuntiva, al fine di accertare il fatto costitutivo dell’imposizione tributaria rappresentato dal possesso effettivo di un reddito “per interposta persona”. Giova sottolineare che, come costantemente ribadito dalla Corte, ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio dell’Ufficio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza (Cass. n. 13807 del 22/05/2019; Cass. n. 4168 del 21/02/2018; Cass. n. 17833 del 19/07/2017; Cass. n. 25129 del 7/12/2016; già Cass. S.U. n. 9961 del 13/11/1996).

3. Dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso discende l’assorbimento del primo motivo.

4. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso e, assorbito il primo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 3 aprile 2025.

Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2025.

Allegati

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