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Cassazione civile sez. trib., 12/08/2025, n. 23152

Massima

In materia di contenzioso tributario, la compensazione delle spese processuali, al di fuori del caso di soccombenza reciproca, è consentita soltanto qualora sussistano “gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Costituisce, pertanto, un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità, il provvedimento con cui il giudice di merito disponga la compensazione delle spese adoperando una motivazione stereotipata e indeterminata, quale il mero riferimento all’”esito del giudizio”.

Supporto alla lettura

SPESE PROCESSUALI

I costi previsti quando si fa ricorso all’Autorità Giudiziaria sono generalmente definiti spese processuali. Questi possono essere di varia natura, ma in particolare le parti devono sostenere complessivamente:

  • spese legali: spese che ciascuna parte deve versare al legale (nell’ordinamento italiano, fatte salve le eccezioni, la parte deve valersi dell’assistenza di un avvocato) che la assiste e difende nel giudizio, quantificabili sulla base di parametri stabiliti dalla legge (sia in caso di processo civile che di processo penale);
  • spese processuali: spese legate alla giustizia e all’attività degli organi giurisdizionali e devono essere tendenzialmente versate allo stato.

Il soggetto tenuto a versarle sarà individuato dalla stessa Autorità giudiziaria secondo il c.d. principio della soccombenza, con il quale il giudice condanna la parte soccombente al rimborso in favore della parte vittoriosa di tutte le spese legali e processuali da questa sostenute. A questo principio si affianca il c.d. principio di causalità, secondo il quale chi deve sostenere i costi del giudizio è colui che l’ha reso necessario proponendolo o resistendovi indebitamente.

Esistono però dei correttivi che consentono al Giudice di valorizzare il caso concreto, in quanto l’automatismo del principio della soccombenza può risultare troppo rigido e quindi non essere sempre la scelta più idonea.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Ri.Lu., sulla base di un solo motivo, ricorre per la cassazione della sentenza n. 1192/2023, depositata il 21 aprile 2023, con la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria ha accolto, per quanto di ragione, l’appello dallo stesso odierno ricorrente proposto, compensando, tra le parti, le spese del doppio grado di giudizio.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione si è tardivamente costituita in giudizio al fine di partecipare alla discussione del ricorso.

La Regione Calabria non ha svolto attività difensiva.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, ed agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., assumendo, in sintesi, che la compensazione delle spese processuali era stata disposta, in difetto di soccombenza reciproca, senz’alcuna motivazione e, per dir meglio, sullo stereotipato riferimento all’esito del giudizio.

2. Il motivo è fondato, e va accolto.

2.1 Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2, (ratione temporis) dispone(va) che “Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.”.

In più occasioni la Corte ha, pertanto, statuito che, nel processo tributario, la compensazione delle spese processuali, ex art. 15, commi 1 e 2, cit., come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. f, del D.Lgs. n. 156 del 2015, è consentita esplicitando nella motivazione le gravi ed eccezionali ragioni che la sorreggono, che non possono essere illogiche o erronee, configurandosi altrimenti un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (v. ex plurimis, e da ultimo, Cass., 15 aprile 2025, n. 9878; Cass., 8 aprile 2024, n. 9312).

2.2 Nella fattispecie, la compensazione delle spese processuali è stata disposta (testualmente) “atteso l’esito del giudizio” quando – con dispositivo conforme alla motivazione – l’impugnato avviso di intimazione veniva annullato relativamente alle cartelle di pagamento presupposte recanti i nn. “(Omissis), (Omissis) e (Omissis) (“per sopravvenuta illegittimità” dell’avviso di intimazione ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 4, conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136; cd. “Stralcio dei debiti fino a mille Euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010”) ed i nn. (Omissis), (Omissis) e (Omissis) (cartelle che “dovevano ritenersi già prescritte al momento della notifica dell’impugnata intimazione di pagamento, essendo ormai spirato a tale data – e cioè al 13 giugno 2018 – il relativo termine triennale.”).

Complessivo contesto argomentativo, questo, che rende allora del tutto perplesso, ed indeterminato, il riferimento all’esito del giudizio.

3. L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per le spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria che, in diversa composizione, procederà al riesame della disciplina delle spese processuali attenendosi al principio di diritto sopra esposto.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio 2025.

Depositata in Cancelleria il 12 agosto 2025.

Allegati

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