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Cassazione civile sez. trib., 11/11/2024, n. 28938

Massima

L’annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza d’appello che costituiva il titolo esecutivo per la cartella di pagamento impugnata in un successivo giudizio, determina la sopravvenuta carenza di fondamento della pretesa sanzionatoria, rendendo inammissibile il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva accolto l’impugnazione della cartella.

Supporto alla lettura

CARTELLA ESATTORIALE

La cartella esattoriale (o di pagamento) è un atto con il quale l’Agenzia delle Entrate ordina al contribuente il pagamento di un credito vantato da un Ente pubblico entro 60 giorni, decorso il quale potrà procedere ad esecuzione forzata. Si tratta di un documento con cui si fa valere un credito già esistente e, quindi, non ha un autonomo termine di prescrizione a cui riferirsi, infatti se si tratta di una cartella con cui viene ordinato il pagamento di un credito erariale si prescriverà in 10 anni; se si tratta del pagamento di una multa per violazione al Codice della Strada si prescriverà in 5 anni.

Quando si ritiene che la cartella sia illegittima, è possibile utilizzare 3 rimedi:

  • istanza per autotutela: richiesta che il contribuente rivolge direttamente all’Ente creditore illustrando le proprie ragioni e chiedendo l’annullamento del debito. Se la richiesta è fondata, l’Amministrazione provvede alla rimozione dell’atto. Non ci sono limiti procedurali o temporali, infatti l’istanza può essere presentata anche dopo che siano scaduti i termini per il ricorso, l’Amministrazione però ha la facoltà di non accettare le richieste del contribuente, in tal caso non ci sarà possibilità di impugnazione;
  • istanza di sospensione: proponibile solo in determinate ipotesi, e deve essere presentata esclusivamente al Concessionario della riscossione (non all’Ente) entro il termine tassativo di 60 giorni dalla notifica dell’atto, sarà poi l’Ente impositore a rispondere. La risposta potrà essere di accoglimento o di rigetto, ma finchè l’ente non risponde la riscossione rimane sospesa. Nel caso in cui la risposta non arriva entro 220 giorni il debito è annullato di diritto.
  • ricorso all’autorità giudiziaria: bisogna distinguere a seconda della natura del credito e del vizio che si vuole far valere: se si tratta di crediti tributari, l’opposizione va proposta dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni; se si tratta di crediti non tributari e si vuole contestare il merito della pretesa bisogna distinguere tra crediti per sanzioni amministrative (opposizione proposta dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale entro 30 giorni dalla notifica della cartella), crediti di natura previdenziale (opposizione proposta dinanza al Tribunale in funzione del Giudice del Lavoro entro 40 giorni dalla notifica della cartella); se si tratta di crediti non tributari e si vuole fa valere l’estinzione del debito per cause sopravvenute, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c; se si vogliono contestare vizi formali dell’atto, a prescindere dalla natura del credito, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione del luogo dove risiede il ricorrente.

Tali rimedi non sono alternativi, nel senso che la scelta di uno non esclude la possibilità di utilizzarne anche un altro.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate emetteva due avvisi di accertamento nei confronti di (omissis), esercente la professione di avvocato, per gli anni di imposta 2004 e 2005, sulla base di accertamenti bancari, sulla base dei quali rettificava la dichiarazione dei redditi accertando maggiore reddito imponibile e recuperava a tassazioni maggiori Iva e imposte dirette.

La CTP di Ragusa, previa riunione, disponeva consulenza tecnica d’ufficio e accoglieva parzialmente i ricorsi, riducendo il reddito dichiarato per il 2004 ad Euro 8.429,52 e quello relativo al 2005 ad Euro 47.305,33.

2. Per la riforma della sentenza proponevano appello l’Agenzia delle Entrate e appello incidentale la contribuente. La CTR della Sicilia, con sentenza n. 2794 del 25/11/2014, accoglieva parzialmente l’appello principale dell’ufficio, rideterminando il reddito da recuperare a tassazione per il 2004 da Euro 8.429,52 ad Euro 11.766,61, e rigettava quello incidentale del contribuente.

3. A seguito della sentenza di appello e in pendenza del relativo giudizio di cassazione, era notificata al contribuente la cartella di pagamento n. (omissis), relativa alle sanzioni consequenziali alla sentenza menzionata, oltre aggio e spese, per un importo complessivo pari ad Euro 42.991,90.

4. La predetta cartella veniva impugnata dal contribuente avanti alla CTP di Ragusa, che rigettava il ricorso.

5. La CTR della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello del contribuente, accoglieva il ricorso originario.

6. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con unico motivo.

Resiste con controricorso il contribuente.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma. n. 3 cod. proc. civ., la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 27.7.2000, n. 212, dell’art. 68 D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, nonché dell’art. 19 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472”.

L’Amministrazione finanziaria deduce che la CTR della Sicilia, nel rilevare l’omessa corrispondenza tra gli importi riportati nella cartella e quanto deciso con la sentenza di appello, abbia, erroneamente, fatto riferimento alla pronuncia di primo grado, espressamente richiamata nella motivazione, e ciò a fronte delle puntuali deduzioni dell’Agenzia.

2. Preliminarmente, si rileva che, nel controricorso, il contribuente ha affermato di avere aderito, in relazione alle cartelle di pagamento oggetto della presente controversia, alla definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della riscossione, senza peraltro produrre, diversamente da quanto ha indicato, la relativa documentazione.

3. Deve pertanto procedersi all’esame, nel merito, del ricorso.

A tale riguardo, si rileva che questa Suprema Corte, con ordinanza n. 35440 del 19/11/2021, accogliendo parzialmente, in relazione al recupero derivante dalle operazioni di prelevamento, il ricorso incidentale del contribuente, ha cassato con rinvio la sentenza n. 2794 del 25/11/2014 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, su cui si fonda la cartella di pagamento impugnata nella presente controversia. È conseguentemente venuto meno il titolo sul quale si fondava la cartella impugnata nel presente giudizio.

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

 

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria l’11 novembre 2024.

Allegati

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