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Cassazione civile sez. trib., 11/04/2024, n. 9833

Massima

La rinuncia al ricorso per cassazione, che pur essendo atto unilaterale non esige di per sé l’accettazione della controparte per la sua operatività procedurale formale ai fini dell’estinzione (purché notificata/comunicata), se accettata dall’odierno controricorrente (come nella fattispecie), comporta l’estinzione del giudizio.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RITENUTO CHE

La controversia ha ad oggetto la domanda di restituzione dell’Iva, pagata sulla tariffa integrata ambientale, cd Tia 2, alla Ve. Energie Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi – V.E.R.T.A.S. Spa (d’ora in poi ricorrente), proposta con decreto ingiuntivo da Al.Fe. (d’ora in poi controricorrente).

Il Giudice di pace ha respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo spiegata dall’attuale ricorrente.

Il Tribunale, riformando la sentenza di primo grado, ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’odierna controricorrente, condannando quest’ultima alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio in favore dell’odierno controricorrente e condannando l’attuale ricorrente al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, liquidate in Euro 440,00.

La ricorrente ha proposto ricorso fondato su un motivo, depositato dichiarazione di rinuncia al giudizio, il controricorrente ha proposto controricorso e depositato istanza di accettazione della rinuncia.

 

CONSIDERATO CHE

La ricorrente ha depositato atto di rinuncia al giudizio, allegando di avere raggiunto un accordo con l’odierno controricorrente.

Come statuito dalla Corte, la rinuncia al ricorso per cassazione è atto unilaterale che non esige, per la sua operatività, l’accettazione della controparte, ma pur sempre di carattere ricettizio, poiché la norma esige che sia notificato alle parti costituite o comunicato ai loro avvocati che vi appongono il visto, così che, ove effettuata nel rispetto di tali formalità, dà luogo alla pronuncia di estinzione del processo di cassazione, ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ. (Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 26 febbraio 2015, n. 3971; Cass. Sez. U., 25 marzo 2013, n. 7378; Cass., 5 maggio 2011, n. 9857); e, peraltro, in assenza di dette formalità, la rinuncia è pur sempre significativa del venir meno dell’interesse al ricorso cui si correla, per l’appunto, la pronuncia di inammissibilità del ricorso stesso (v., ex plurimis, Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732; Cass., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass., 21 giugno 2016, n. 12743; Cass. Sez. U., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass., 14 luglio 2006, n. 15980).

La rinuncia, nella fattispecie, comprensiva anche della compensazione delle spese legali è stata accettata dall’odierno controricorrente, come risulta dalla documentazione agli atti.

L’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, latu sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass., 18 luglio 2018, n. 19071; Cass., 12 novembre 2015, n. 23175).

Va ribadito, inoltre, che anche la ratio di detta disposizione, orientata a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose (cfr., ex plurimis, Cass., 18 gennaio 2019, n. 1343; Cass., 25 luglio 2017, n. 18348; Cass., 2 luglio 2015, n. 13636), induce ad escludere che il meccanismo ivi previsto sia applicabile in ipotesi di inammissibilità, come nella specie, sopravvenuta (cfr. Cass., 6 agosto 2020, n. 16765; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31372; Cass., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass., 2 luglio 2015, n. 13636).

 

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del giudizio.

Così deciso in Roma il 12 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria in data 11 aprile 2024.

Allegati

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