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Cassazione civile sez. trib., 11/04/2024, n. 9823

Massima

In tema di contenzioso tributario relativo a cartelle esattoriali, l’intervenuto annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, derivante dall’applicazione dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 2018, determina la cessazione della materia del contendere e la conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio.

Supporto alla lettura

CARTELLA ESATTORIALE

La cartella esattoriale (o di pagamento) è un atto con il quale l’Agenzia delle Entrate ordina al contribuente il pagamento di un credito vantato da un Ente pubblico entro 60 giorni, decorso il quale potrà procedere ad esecuzione forzata. Si tratta di un documento con cui si fa valere un credito già esistente e, quindi, non ha un autonomo termine di prescrizione a cui riferirsi, infatti se si tratta di una cartella con cui viene ordinato il pagamento di un credito erariale si prescriverà in 10 anni; se si tratta del pagamento di una multa per violazione al Codice della Strada si prescriverà in 5 anni.

Quando si ritiene che la cartella sia illegittima, è possibile utilizzare 3 rimedi:

  • istanza per autotutela: richiesta che il contribuente rivolge direttamente all’Ente creditore illustrando le proprie ragioni e chiedendo l’annullamento del debito. Se la richiesta è fondata, l’Amministrazione provvede alla rimozione dell’atto. Non ci sono limiti procedurali o temporali, infatti l’istanza può essere presentata anche dopo che siano scaduti i termini per il ricorso, l’Amministrazione però ha la facoltà di non accettare le richieste del contribuente, in tal caso non ci sarà possibilità di impugnazione;
  • istanza di sospensione: proponibile solo in determinate ipotesi, e deve essere presentata esclusivamente al Concessionario della riscossione (non all’Ente) entro il termine tassativo di 60 giorni dalla notifica dell’atto, sarà poi l’Ente impositore a rispondere. La risposta potrà essere di accoglimento o di rigetto, ma finchè l’ente non risponde la riscossione rimane sospesa. Nel caso in cui la risposta non arriva entro 220 giorni il debito è annullato di diritto.
  • ricorso all’autorità giudiziaria: bisogna distinguere a seconda della natura del credito e del vizio che si vuole far valere: se si tratta di crediti tributari, l’opposizione va proposta dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni; se si tratta di crediti non tributari e si vuole contestare il merito della pretesa bisogna distinguere tra crediti per sanzioni amministrative (opposizione proposta dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale entro 30 giorni dalla notifica della cartella), crediti di natura previdenziale (opposizione proposta dinanza al Tribunale in funzione del Giudice del Lavoro entro 40 giorni dalla notifica della cartella); se si tratta di crediti non tributari e si vuole fa valere l’estinzione del debito per cause sopravvenute, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c; se si vogliono contestare vizi formali dell’atto, a prescindere dalla natura del credito, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione del luogo dove risiede il ricorrente.

Tali rimedi non sono alternativi, nel senso che la scelta di uno non esclude la possibilità di utilizzarne anche un altro.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

FATTI DI CAUSA

1. La C.T.P. di Agrigento, con la sentenza n. 991/4/2011, rigettava l’impugnazione proposta da (omissis) avverso la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti in relazione all’omesso pagamento di tributi TARSU/TIA, relativi agli anni 2002-2004 e confermava l’impugnata cartella.

2. La C.T.R. della Sicilia, con sentenza n. 133/14/2010, depositata in data 3 dicembre 2015 e non notificata, rigettava l’appello proposto dalla contribuente osservando che erano infondate tutte le eccezioni relative all’omessa notifica dell’avviso di accertamento (atto presupposto) ed agli ulteriori vizi dedotti afferenti la notifica della cartella.

3. Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi la contribuente. Riscossione Sicilia Spa ed il Comune di Canicattì sono rimasti intimati.

4. La contribuente, con memoria in data 13 febbraio 2024, ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 2018, convertito in Legge n. 136 del 2018 il quale dispone che: “I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati”. In via subordinata ha dichiarato di rinunziare ai primi otto motivi e di insistere sull’ ultimo.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va osservato l’ art. 4, comma 1, del D.L. n. 119 del 2018, convertito in L. n. 136 del 2018 così recita: “I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre ancorché’ riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati”.

1.1. Parte contribuente ha indicato la tipologia e la date delle cartelle e gli importi al fine di giustificare la chiesta estinzione per cessata materia del contendere, sicché va emessa la relativa pronunzia.

2. Le spese rimangono a carico di chi le ha anticipate.

3. La tipologia di pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude – trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione – l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, quale inserito dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, circa l’obbligo per il ricorrente non vittorioso di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione; e la stessa estraneità della fattispecie a quella prevista dalla norma ora richiamata consente pure di omettere ogni ulteriore specificazione in dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 6°-3, 30 settembre 2015, n. 19560; Cass., Sez. 5°, 12 ottobre 2018, n. 25485; Cass., Sez. 5°, 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., Sez. 5°, 9 marzo 2021, n. 6400; Cass., Sez. 5°, 17 giugno 2022, n. 19599).

 

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; le spese rimangono a carico di chi le ha anticipate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 28 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria l’11 aprile 2024.

Allegati

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