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Cassazione civile sez. trib., 08/10/2025, n. 27065

Massima

In sede di ricorso per cassazione, la censura è dichiarata inammissibile quando è formulata mediante un unico motivo che cumula una molteplicità di profili e vizi di legittimità tra loro inestricabilmente combinati, in violazione del principio secondo cui il giudizio di cassazione è “a critica vincolata”. Tale inammissibilità sussiste anche laddove i motivi siano volti a sollecitare una rivalutazione del materiale istruttorio già apprezzato nei gradi di merito, richiesta estranea al perimetro del giudizio di legittimità.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. L’Amministrazione finanziaria notificò a 2D Trasporti Srl un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione maggiori redditi a fini Irap, Ires e Iva per l’anno di imposta 2006.

La pretesa impositiva traeva origine dal rilievo dell’indebita deduzione – da parte della società, esercente l’attività di trasporto di merci su strada – di costi relativi ad operazioni commerciali ritenute elusive.

In particolare, dalle verifiche di polizia tributaria era emerso che la contribuente faceva parte di un gruppo, composto anche dalle società Chris e Siciltir Srl, attivo nel settore del trasporto di merci, con le quali aveva dato luogo a un utilizzo promiscuo di personale e mezzi, gestito in modo unitario dallo stesso imprenditore; ne era derivato uno scambio di fatture indipendente dall’effettiva prestazione di servizi, finalizzato alla minimizzazione del carico fiscale attraverso l’utilizzo di crediti di imposta non spettanti e il mancato pagamento di imposte.

La contribuente impugnò vittoriosamente l’avviso innanzi alla C.T.P. di Messina, che ne riconobbe le ragioni con riferimento al dedotto difetto di motivazione, rigettando i restanti motivi di doglianza e compensando le spese del giudizio.

2. La pronunzia fu oggetto di appello principale dell’Ufficio e di appello incidentale di 2D Trasporti.

La sentenza in epigrafe ha respinto il gravame principale, ritenendo fondate le giustificazioni rese dalla contribuente, la quale aveva sostenuto di aver utilizzato i mezzi della propria collegata Siciltir quando non aveva la disponibilità di un proprio automezzo o di uno situato nelle vicinanze, avendo necessità di non fare mai viaggiare i propri automezzi vuoti e, conseguentemente, di attivare una continua collaborazione infragruppo.

Del pari, ha disatteso il gravame incidentale della società, rilevando che la compensazione delle spese operata dai primi giudici era giustificata dal “suo comportamento non… improntato alla fedeltà fiscale”, idoneo a dare “causa all’accertamento per cui è processo”; e ciò in quanto “risulta(va) un ingente debito fiscale non pagato, che fa ragionevolmente ipotizzare che l’odierna società contribuente fosse stata individuata dal gruppo come entità sulla quale concentrare il carico fiscale”.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, il primo dei quali condizionato all’accoglimento del ricorso principale. Ha, inoltre, depositato memoria in prossimità dell’udienza.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Il primo motivo del ricorso principale è rubricato “nullità della sentenza per apparenza della motivazione poiché illogica, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c.”.

Secondo l’Agenzia ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe sorretta da motivazione apparente ed illogica, in specie laddove, dopo aver apoditticamente escluso che fosse stato dimostrato un indebito risparmio di imposta da parte della contribuente, aveva poi affermato, nel motivare sulla decisione di compensare le spese, che la stessa aveva accumulato “un ingente debito fiscale non pagato”.

2. Il secondo motivo è rubricato “abuso del diritto e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 109-tuir, articolo 19 D.P.R. 600/73, articolo 53 cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.

La ricorrente richiama gli esiti delle verificazioni, osservando che, sulla base delle stesse, le fatture emesse dalle singole società del gruppo “non avevano un effettivo significato economico e non identificavano un effettivo interesse delle singole società ma, piuttosto, un interesse comune, visto che erano utilizzati promiscuamente gli stessi operai, gli stessi mezzi, le stesse strutture e ricollegandosi tutto ad un unico centro decisionale”.

Su tale presupposto, critica la sentenza impugnata che, a fronte di tali incoerenze, ha ritenuto di condividere le giustificazioni rese dalla contribuente.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale la società contribuente assume che, ove ritenute fondate le censure erariali, dovrebbe procedersi al riesame della sua eccezione relativa al rispetto del contraddittorio preliminare, erroneamente disattesa dai giudici d’appello.

4. Con il secondo motivo, la società contribuente denunzia “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15, 36, 46 D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e 24, 111 Cost., nonché degli artt. 91 e 92 c.p.c.”, dolendosi del fatto che la Corte regionale ha compensato le spese di lite di entrambi i gradi di merito, “pur in presenza di una soccombenza totale della parte pubblica, in violazione del principio di causalità ed identificando in maniera illogica e/o erronea le “altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” che potevano giustificare la compensazione”.

5. Il ricorso principale è inammissibile sotto due profili.

5.1. Innanzitutto, le due censure vengono esposte con un’unica argomentazione, che denunzia, nel medesimo contesto, più vizi di legittimità.

Al riguardo, la consolidata giurisprudenza di questa Corte si attesta nel senso dell’inammissibilità della censura formulata, non essendo possibile valutare a quale dei vizi cumulativamente denunziati essa si riferisca, in violazione del principio secondo cui il giudizio di cassazione è “a critica vincolata”.

Si è affermato, in particolare, che è inammissibile la critica della sentenza impugnata formulata mediante un unico motivo articolato in una molteplicità di profili, tra loro inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (così, fra le altre, Cass n. 11603/2018).

Né rientra nei poteri della Corte la possibilità di interpretare, specificandone a suo giudizio il contenuto, i motivi di ricorso proposti in maniera promiscua dalle parti (Cass. n. 24147/2021).

5.2. In ogni caso, poi, dietro la denunzia di nullità della sentenza e violazione di legge, i motivi appaiono in realtà volti, nel loro complesso, a sollecitare una rivalutazione del materiale istruttorio già apprezzato nei gradi di merito.

Si tratta, pertanto, della richiesta di un sindacato estraneo al perimetro del giudizio di legittimità.

6. Passando all’esame del ricorso incidentale, va esaminato il solo secondo motivo, essendo stato condizionato il primo all’accoglimento del ricorso principale.

La censura è all’evidenza infondata.

I giudici regionali hanno, infatti, disposto la compensazione delle spese (del solo grado d’appello) sull’affermata reciproca soccombenza delle parti, avendo respinto tanto il gravame principale interposto dall’Ufficio, quanto quello incidentale proposto dalla società.

7. In conclusione, vanno respinti sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.

Le spese del presente giudizio vanno anch’esse compensate per reciproca soccombenza.

Il rigetto del ricorso incidentale comporta la condanna della contribuente al pagamento di un importo pari al doppio del contributo unificato, ove dovuto, statuizione, invece, non adottabile nei confronti della ricorrente Agenzia delle Entrate, stante la sua natura di parte pubblica.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 23 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria l’8 ottobre 2025.

Allegati

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