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Cassazione civile sez. trib., 08/10/2025, n. 27059

Massima

Il credito erariale relativo alla riscossione di tributi come l’IRPEF e le addizionali (nonché Irap e Iva) si prescrive nell’ordinario termine decennale (ex art. 2946 cod. civ.), e non nel termine quinquennale previsto per le prestazioni periodiche (ex art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ.), poiché l’obbligazione tributaria, pur se annuale, conserva un carattere autonomo e unitario.

Supporto alla lettura

PRESCRIZIONE E DECADENZA CREDITI TRIBUTARI

In materia tributaria la normativa individua frequentemente termini di decadenza, mentre raramente menziona la prescrizione, per la quale valgono in generale le regole civilistiche.

Generalmente, in ambito tributario si parla di decadenza con riferimento a:

  • potere di acquisto;
  • potere di liquidazione;
  • potere di iscrizione a ruolo;
  • diritto al rimborso da parte del contribuente.

L’”infruttuoso decorso del termine”, idoneo a determinare la decadenza, può consistere o nella mancata conclusione di un procedimento, se si tratta dell’Amministrazione finanziaria, o nella omissione di un comportamento attivo, qualora si tratti del contribuente. In entrambi i casi, l’applicazione di questa particolare sanzione prevista dall’ordinamento deve conseguire ad un accertamento.

Mentre sarà soggetto a prescrizione il diritto di credito già definitivamente sorto e non ancora attuato per l’inadempimento del debitore (sia esso privato contribuente, sia l’Amministrazione finanziaria). In via generale può affermarsi che la prescrizione non può essere rilevata d’ufficio, e ad essa si applicano gli istituti della sospensione e interruzione dell’ordinaria disciplina civilistica. Per quanto riguarda i termini, questi, variano da tributo a tributo, decorrono dalla data di notifica della cartella di pagamento o dal momento in cui l’avviso di accertamento è divenuto definitivo.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Sc.An. impugnava innanzi alla C.t.p. di Reggio Calabria la cartella di pagamento (n. (Omissis) come da epigrafe della sentenza della C.t.r.), notificatagli in data 28 gennaio 2008, convenendo in giudizio la società di riscossione e l’Agenzia delle entrate. Con la cartella l’Ufficio intimava al contribuente, nella qualità di socio della Sc.Do. E Figli Snc, solidalmente e illimitatamente responsabile, il pagamento dei debiti di quest’ultima, come da precedente cartella notificata alla società in data 30 agosto 2003.

2. La C.t.p. accoglieva il ricorso, compensando integralmente le spese.

Avverso la sentenza di primo grado la società di riscossione spiegava appello principale e l’Agenzia delle entrate appello incidentale.

Con la sentenza in epigrafe, la C.t.r. accoglieva il solo appello incidentale, dichiarando il difetto di legittimazione passiva dell’ente impositore, e rigettava l’appello principale della società di riscossione, confermando la sentenza della C.t.p. che aveva accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dal contribuente. Osservava in proposito che la notifica ai soci era avvenuta nel 2008, a distanza di nove anni dall’insorgenza del debito e di cinque anni dalla formazione del ruolo; che, inoltre, la notifica eseguita nel 2003 nei confronti della società non era “dotata di fungibilità anche per ciò che concerne l’onere di notifica ai singoli soci”. Aggiungeva che non poteva richiamarsi il principio di solidarietà tra società e soci. Per l’effetto, riteneva assorbita ogni ulteriore questione sollevata dal Concessionario.

3. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate-Riscossione, evocando in giudizio il contribuente il quale non ha svolto attività difensiva.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate-Riscossione denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1310 e 2291 cod. civ. nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che fosse decorso il termine di prescrizione.

Con una prima censura, osserva che i crediti erariali, tra cui quello portato dalla cartella oggetto di giudizio, si prescrivono nel termine di dieci anni, non potendosi applicare il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. per le prestazioni periodiche. Osserva, pertanto, che, poiché l’imposizione fiscale risaliva all’anno 2000 e poiché la cartella era stata notificata il 28 gennaio 2008, non era maturata la prescrizione ordinaria.

Con una seconda censura, rileva che la C.t.r. ha errato nel ritenere irrilevante il fatto che la medesima cartella di pagamento fosse stata notificata alla società, Sc.Do. E Figli Snc, in data 30 agosto 2003, nella sua qualità di obbligato principale; osserva che la notifica di un atto impositivo ad una società di persone produce effetti anche nei confronti dei soci in virtù della loro responsabilità solidale ed illimitata ex art. 2291, primo comma, cod. civ.

2. La prima censura è fondata.

2.1. Le Sezioni Unite hanno affermato l’infondatezza della tesi secondo cui alla definitività della cartella esattoriale consegue che qualsiasi tributo da essa riportato debba considerarsi soggetto alla prescrizione decennale (Cass. Sez. U. 17/11/2016, n. 23397). Tuttavia, i diversi tributi possono avere termini prescrizionali diversi, se previsti dalla legge, e sono altrimenti soggetti al termine ordinario decennale di prescrizione, con applicazione delle cause di interruzione previste dall’ordinamento giuridico (Cass. 03/11/2020, n. 24278).

In particolare, il credito erariale per la riscossione dell’Irpef e addizionali (ed anche dell’Irap, e dell’Iva) si prescrive nell’ordinario termine decennale, attesa la mancata previsione di un termine più breve, in deroga a quello di cui all’art. 2946 cod. civ.; non opera, infatti, l’estinzione quinquennale ex art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ., in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione annuale, ha carattere autonomo ed unitario, cosicché il singolo pagamento non è mai legato ai precedenti, ma risente di nuove ed autonome valutazioni circa la sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. 29/11/2023, n. 33213).

2.2. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi in quanto, sebbene la cartella avesse ad oggetto tributi erariali – come dedotto in ricorso e come confermato dall’epigrafe della sentenza ove si fa riferimento a cartella relativa ad Irpef ed addizionali – ha ritenuto maturata la prescrizione in un termine inferiore al decennio (testualmente nove anni dall’insorgenza del debito).

3. Anche la seconda censura è fondata.

3.1. Secondo una consolidata interpretazione di legittimità, facente leva sul combinato disposto degli artt. 2267 e 2291 cod. civ., nelle società di persone il socio è responsabile di tutte le obbligazioni sociali – ivi comprese quelle che hanno fonte dalla legge e, quindi, anche di quelle tributarie – in quanto il debito della società è un debito dei soci. Da ciò consegue che l’interruzione della prescrizione conseguente alla notificazione della cartella alla società, in applicazione del principio di cui all’art. 1310 cod. civ., ha efficacia anche rispetto ai soci (Cass. 11/03/2020, n. 6997).

4. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice di secondo grado, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame ed anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria l’8 ottobre 2025.

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