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Cassazione civile sez. trib., 08/04/2025, n. 9167

Massima

In materia tributaria, qualora l’Agenzia delle Entrate emetta un unico atto di accertamento per Irpef, Irap e Iva nei confronti di una società di persone e dei suoi soci, fondato su elementi (anche parzialmente) comuni, sussiste un litisconsorzio necessario originario. Pertanto, il ricorso proposto anche da uno solo dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992. Il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con conseguente annullamento delle pronunce emesse e rinvio della causa al giudice di primo grado per l’integrazione del contraddittorio.

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE

L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello principale dell’Ufficio nei confronti di Italsplendid Sas di Ma.Sa. e C., in liquidazione volontaria, in persona del legale rappresentante pro tempore e accolto quello incidentale proposto da quest’ultima società, esercente servizi di pulizia, avverso la sentenza n. 5372/11/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva accolto, limitatamente alle sanzioni, il ricorso proposto dalla suddetta società avverso due avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio: 1) aveva disconosciuto, per gli anni 2012-2013, costi dedotti, ai fini Irap e detratti ai fini Iva, in relazione a fatture ritenute generiche emesse da cooperative, risultate, a seguito di una complessa attività d’indagine da parte della Procura della Repubblica di Milano, gestite da tal Cl.Do. e evasori totali; 3) aveva irrogato sanzioni amministrative;

In punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) quanto alle sanzioni era condivisibile la tesi della società secondo cui poteva trovare applicazione il c.d. “cumulo giuridico pluriennale”; 2) era legittima la deduzione dei costi e detrazione ai fini Iva relativi alle fatture emesse dalle cooperative in quanto – atteso che “il Ma.Sa. aveva compiuto operazioni di sostituzione e di trasferimento di denaro di provenienza illecita in quanto provento di evasione fiscale da parte di Cl.Do.” – l’evasione era riconducibile, in realtà, al solo Cl.Do. (unico gestore delle cooperative); 3) quanto alla contestazione della genericità delle fatture emesse dalle cooperative, i costi erano deducibili risultando del tutto congrui ove parametrati alla dimensione e al fatturato aziendale;

Resiste, con controricorso, la società contribuente in liquidazione volontaria.

In data 12.3.2025, la controricorente ha depositato memoria.

 

CONSIDERATO CHE

Preliminarmente si rileva la tempestività del ricorso per cassazione essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del procuratore domiciliatario della società contribuente in data 23 novembre 2020, nel termine semestrale di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c. dal deposito in data 19 febbraio 2020 della sentenza di appello, tenendo conto della sospensione straordinaria (emergenza coronavirus) dal 9 marzo all’ 11 maggio 2020 (art. 83, DL 18/2020 e art. 36, c. 1, DL 23/2020).

Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4, della legge n. 537/1993, dell’art. 36, comma 34-bis, del D.L. n. 223/2006, conv. nella legge n. 248/2006 e dell’art. 67, comma 1, lett. 1) del D.P.R. n. 917/1986 per avere la CTR ritenuto non assoggettabili a tassazione, ex art. 14, comma 4, cit., i proventi illeciti derivanti da attività di riciclaggio, pur avendo accertato la ricorrenza, nel caso di specie, di una condotta sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 648-bis c.p.p. (compimento da parte del Ma.Sa. di “operazioni di sostituzione e di trasferimento di denaro di provenienza illecita” in quanto provento di evasione fiscale da parte di Cl.Do., gestore delle cooperative fatturanti).

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 109, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 e degli artt. 2729 e 2697 c.c. per avere la CTR ritenuto deducibili i costi in relazione alle fatture in questione sebbene difettasse la prova della strumentalità e, dunque, della inerenza degli stessi all’attività di impresa.

Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 36, comma 1, n. 4 del D.Lgs. n. 546/92 per avere la CTR, con una motivazione apparente, annullato gli atti impositivi in questione , senza esplicitare le ragioni logiche – giuridiche sottese alla decisione.

La causa non può accedere all’esame del merito dei motivi dedotti con il ricorso dovendo la Corte rilevare “ex officio”, in via pregiudiziale, la nullità insanabile dei giudizi di merito in quanto affetti dal vizio di violazione del contraddittorio.

Secondo orientamento consolidato, a partire dall’arresto di Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815, “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario” (nello stesso senso, ex plurimis, Cass., sez. 5, n. 40175 del 2021; n. 6873 del 2020).

Siffatto principio è applicabile anche, nel caso di specie, ove, con gli avvisi di accertamento in questione, l’operata ripresa ai fini Irap e Iva, per gli anni 2012-2013, è stata effettuata nei confronti di Italsplendid Sas di Ma.Sa. e C. senza che, per quanto risulta dagli atti di causa, i gradi di merito siano stati celebrati con la partecipazione necessaria anche dei soci.

Al riguardo, come già precisato da questa Corte, “l’Irap è imposta assimilabile all’ILOR, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società” (Cass., sez. un., n. 10145 del 2012). È vero, inoltre, che, come statuito da questa Corte, “l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci” (Cass. n. 12236 del 2010); tuttavia, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, ad accertamenti Irpef, Irap ed Iva a carico di una società di persone, fondati su elementi (anche in parte) comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici (come nella specie), non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni (in senso conforme, v. Cass. n. 16607 del 2015 e, sia pur con riferimento ad avviso di accertamento per Iva ed ILOR, Cass. n. 12236 del 2010; conf. n. 11240 del 2011; n. 21340 del 2015; n. 16731 del 2016; Cass. sez. 5, n. 40175 del 2021). Ricorrendo l’ipotesi descritta, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 546 del 1992, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile – anche d’ufficio – in ogni stato e grado del procedimento, ex multis, Cass. n. 13073 e n. 23096 del 2012). Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b), in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., sez. un., n. 3678 del 2009; Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007). In tal senso deve disporsi per la controversia in oggetto, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione.

L’esigenza sostanziale del simultaneus processus non può, invero, ritenersi soddisfatta nel caso in esame, nemmeno nella prospettiva affermata da Cass. 18 febbraio 2010, n. 3830 secondo cui “nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici; in tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio” (Cass. 29 gennaio 2014, n. 2014; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22122; Cass. 9 luglio 2010, n. 16223; v. anche, Cass. 10 febbraio 2010, n. 2907).

In conclusione, constatato il difetto d’integrità del contraddittorio, va disposta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) provvedendo il giudice del rinvio a disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14.

In considerazione dell’esito del giudizio di legittimità, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

 

P.Q.M.

La Corte pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dei giudizi di merito, cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione degli atti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, perché provveda, previa integrazione del contraddittorio, a nuovo giudizio; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma in data 26 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria l’8 aprile 2025.

 

Allegati

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