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Cassazione civile sez. trib., 08/03/2024, n. 6336

Massima

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’agevolazione prevista dall’art. 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, convertito in l. n. 75 del 1993, per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 3 della l. n. 1089 del 1939, si applica sull’intero immobile anche qualora il vincolo riguardi solo una porzione di esso, come ad esempio la facciata. Ciò si giustifica in ragione del fatto che anche in presenza di un vincolo parziale gravano sul proprietario oneri di manutenzione e conservazione volti a preservare le caratteristiche dell’immobile tutelato, con conseguente limitazione della sua utilità economica.

Supporto alla lettura

IMU

L’Imposta Municipale Propria (IMU) è l’imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L’IMU è stata introdotta, a partire dall’anno 2012, sulla base dell’art. 13 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

A decorrere dal 2014 e fino al 2019, poi, l’IMU è stata individuata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) quale imposta facente parte, insieme al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI), dell’imposta unica comunale (IUC).

La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall’anno 2020, la IUC e – tra i tributi che ne facevano parte – la TASI. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la IUC, vale a dire la TARI e l’IMU, quest’ultima come ridisciplinata dalla stessa legge n. 160 del 2019.

L’IMU si applica in tutti i comuni del territorio nazionale. È fatta salva l’autonomia impositiva prevista dai rispettivi statuti della regione Friuli-Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano; per queste ultime province continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imposta immobiliare semplice (IMIS) e l’imposta municipale immobiliare (IMI) (art. 1, comma 739, della legge n. 160 del 2019).

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE

1. (omissis) Spa ha impugnato gli avvisi di accertamento, aventi ad oggetto la maggiore i.c.i., pretesa dal Comune di Milano, per alcune unità immobiliari site all’interno di un palazzo sottoposto a vincolo storico – artistico, per gli anni 2009, 2010 e 2011 (foglio (Omissis), mappale (Omissis), sub (Omissis).
2. Il ricorso è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello. Nella sentenza di secondo grado si legge: “il decreto di vincolo rilasciato dal Ministero si riferisce chiaramente alla facciata, indicata in catasto all’allora mappale n. (Omissis) e confinante con la restante parte del medesimo mappale (Omissis)…il vincolo ha per oggetto solo l’esterno e non la restante parte dell’edificio. Non è pertanto estensibile all’intero fabbricato l’agevolazione utilizzata dalla parte per calcolare l’importo dovuto…trattandosi di una norma fiscale di agevolazione e quindi di una eccezione alla regola generale rimane di stretta interpretazione e non suscettibile di estensione ad ipotesi diverse da quelle tassativamente previste”.
3. Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale la contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
4. Il Comune di è costituito con controricorso.
5. La contribuente ha depositato ulteriore memoria.
6. La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 29 febbraio 2024.

CONSIDERATO CHE

1. La contribuente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., dell’art. 23 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e l’omessa pronuncia sulla relativa eccezione, concernente la mancata contestazione, da parte dell’Amministrazione comunale, nella prima memoria del 14 gennaio 2016, delle questioni sollevata dalla ricorrente; 2) e 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., degli artt. 2 della l. n. 1089 del 1939, 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993 e 10 del D.Lgs. n. 42 del 2004, unitamente alla mancanza di motivazione sul profilo essenziale della controversia, in quanto, da un lato, il regime agevolato si applica anche laddove l’interesse storico – artistico riguardi solo una porzione dell’immobile, atteso che, pure in tale ipotesi, la proprietà è limitata da una serie di vincoli ed oneri idonei a diminuirne l’utilità economica e, dall’altro, nel caso di specie, erroneamente è stato ritenuto che il vincolo riguardi la sola facciata e non l’intero edificio, come desumibile dal contenuto del decreto ministeriale che definisce il palazzo interessante e parla di facciate al plurale; 4) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., degli artt. 8 del D.Lgs. n. 546 del 1992 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, unitamente all’omessa pronuncia sulla richiesta di rideterminazione della pretesa impositiva e di disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa, che la Commissione tributaria non ha esaminato, nonostante la illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., della disciplina in caso di mancato riconoscimento di un’agevolazione, quantomeno ridotta e proporzionale, per gli immobili solo parzialmente vincolati; 5) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., degli artt. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 3 della legge n. 241 del 1990, essendo gli avvisi privi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’agevolazione.
2. Il primo motivo, avente ad oggetto la tardiva costituzione dell’Amministrazione comunale, è infondato, atteso che nel processo tributario, la violazione del termine previsto dall’art. 23 del D.Lgs. n. 546 del 1992 per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicché permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell’avversa pretesa, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del detto decreto (così Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2019, n. 2585).
Va, peraltro, aggiunto che il principio di non contestazione va riferito ai fatti storici e non alle questioni giuridiche sollevate.
3. Il quinto motivo, che deve essere esaminato preliminarmente, riguardando un vizio formale dell’atto impositivo, consistente nella lamentata carenza motivazionale in ordine al mancato riconoscimento dell’agevolazione nei termini richiesti, è inammissibile, atteso che il ricorrente non trascrive né riporta nel ricorso il contenuto della motivazione dell’avviso di accertamento, ritenuto, al contrario, completo dal giudice di merito (anche sotto il profilo della negata agevolazione). Difatti, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del giudizio espresso sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass., Sez. 5, 28 giugno 2017, n. 16147). Né a tale fine può ritenersi sufficiente la produzione dei fascicoli di parte dei giudizi di primo e secondo grado, in assenza della puntuale indicazione della sede processuale di produzione degli avvisi de quibus. La censura risulta, quindi, inidonea a superare l’accertamento di fatto compiuto nella sentenza impugnata, in cui si legge che l’avviso in esame contiene la spiegazione dei criteri seguiti nel calcolo dell’imposta “in ragione del fatto che il vincolo storico apposto interessasse solo la facciata esterna dell’immobile”.
4. Il secondo ed il terzo motivo devono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi.
Il terzo motivo, con cui si e contestato l’accertamento di fatto relativamente al carattere parziale del vincolo storico – artistico (limitato alla facciata dell’edificio in esame), e inammissibile, atteso che, sebbene sia denunciata la violazione di legge, tende a mettere in discussione un accertamento di fatto riservato al giudice di merito o al più a denunciare l’omesso esame di alcuni dati fattuale (contenuto letterale del decreto ministeriale di apposizione del vincolo), pur essendo inammissibile, in presenza di una doppia conforme, la formulazione di un motivo ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Il secondo motivo è, invece, fondato, posto che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di imposta comunale sugli immobili, l’agevolazione prevista dall’art. 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, convertito in l. n. 75 del 1993, per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 1089 del 1939, perseguendo l’obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati, si applica anche nel caso in cui l’interesse riguardi solo una porzione dell’immobile, in quanto anche in quest’ultima ipotesi gravano a carico del proprietario gli oneri di conservazione citati – in questo senso Cass., Sez. 5, 6 dicembre 2017, n. 29194, che, in applicazione del principio, ha cassato la sentenza appellata che aveva negato l’agevolazione in relazione ad un immobile sottoposto a vincolo “ex lege” n. 1089 del 1939, limitatamente alla facciata esterna ma oggetto di risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, che l’avevano mantenuta inalterata; Cass., Sez. 5, 14 maggio 2010, n. 11794, che ha confermato la sentenza appellata che aveva riconosciuto l’agevolazione ad un immobile sottoposto a vincolo “ex lege” n. 1089 del 1939, limitatamente alla facciata esterna ed al cortile con scala. Deve, del resto, sottolinearsi che la facciata di un immobile è una parte comune dell’edificio, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, cod. civ., i cui oneri di ” manutenzione gravano su tutti i condomini, a prescindere dalla collocazione dell’immobile di cui sono proprietari (vicina o lontana della facciata), sicché certamente sussiste la ratio ispiratrice dell’agevolazione in esame, anche se il vincolo è riconosciuto in considerazione della sola facciata e/o limitatamente alla sola facciata.
4. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del quarto (avente ad oggetto la rideterminazione del tributo e le sanzioni, che sono travolte dall’accoglimento del secondo motivo), mentre il quinto è stato rigettato.
5. In conclusione, rigettati o assorbiti gli altri motivi, va accolto il secondo motivo di ricorso in applicazione del seguente principio di diritto: in tema di imposta comunale sugli immobili, l’agevolazione prevista dall’art. 2, comma 5, del d.l. n. 16 del 1993, convertito in l. n. 75 del 1993, per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 1089 del 1939, perseguendo l’obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati, si applica sull’intero immobile anche nel caso in cui l’interesse riguardi solo una porzione dell’immobile, in quanto anche in quest’ultima ipotesi gravano a carico del proprietario gli oneri di conservazione citati.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in ordine al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con accoglimento dell’originario ricorso ed annullamento dell’atto impositivo, ferma restando la pretesa tributaria nei limiti del principio enunciato (e, cioè, con il riconoscimento dell’agevolazione sull’intero immobile).
Le spese dei gradi merito devono essere integralmente compensate, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati, inammissibili o assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, decidendo la causa nel merito ed accogliendo il ricorso originario, con il riconoscimento dell’agevolazione richiesta per l’intero immobile;
dichiara integralmente compensate le spese di lite dei gradi di merito;
condanna il Comune al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria in data 8 marzo 2024.

 

Allegati

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