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Cassazione civile sez. trib., 07/10/2024, n. 26184

Massima

La cancellazione dal Registro delle Imprese di una società di capitali, a seguito di volontaria liquidazione, determina la successione dei soci nei rapporti debitori già facenti capo alla società e non definiti all’esito della liquidazione stessa. La responsabilità dei soci per tali debiti non è subordinata alla prova, da parte del creditore (nella specie, l’Agenzia delle Entrate per debiti tributari), che i soci abbiano acquisito beni o utilità in sede di liquidazione.

Supporto alla lettura

Società di capitali

e società di capitali sono:

  • la S.p.a. (società per azioni);
  • la S.a.p.a. (società in accomandita per azioni);
  • la S.r.l. (società a responsabilità limitata);
  • la S.r.l.s. (società a responsabilità limitata semplificata).

Si tratta di organizzazioni di persone e mezzi per l’esercizio in comune di un’attività produttiva, dotate di piena autonomia patrimoniale: quindi, soltanto la società con il suo patrimonio risponde delle obbligazioni sociali. Il socio, pertanto, ha una responsabilità limitata al capitale conferito, non assumendo alcuna responsabilità personale, neanche sussidiaria, per le obbligazioni sociali (tranne i casi previsti dalla legge).

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

In data 30.12.2011, l’Agenzia delle Entrate notificava a Ra.Fr., quale socio dell’estinta società immobiliare (omissis) Srl, avviso di accertamento mirato al recupero nei confronti dell’ente, per l’anno 2006, di maggiori importi dovuti a titolo di IRES, IRAP ed IVA. L’avviso poggiava sulla rideterminazione dei ricavi complessivi dell’ente cancellato nel 2011, derivanti da operazioni di cessione di immobili, che nella prospettazione erariale recavano prezzi incongrui di vendita rispetto a quelli di mercato.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino respingeva il ricorso del contribuente.

Il successivo appello di quest’ultimo è, per converso, accolto dalla Commissione Regionale del Piemonte, con conseguente annullamento dell’atto impositivo.

L’Agenzia affida il proprio ricorso per cassazione a un unico motivo di ricorso.

Resiste il contribuente con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., per avere la Commissione Regionale escluso che il socio rispondesse dei debiti dell’ente volontariamente liquidato ed estinto per cancellazione dal Registro delle Imprese, difettando la prova che il socio avesse acquisito beni e utilità a seguito della liquidazione della società.

Il motivo è fondato.

L’Agenzia ha emesso l’avviso di accertamento in funzione del recupero a tassazione di maggior reddito imponibile conseguito dall’ente cancellato nel 2011 nell’anno d’imposta 2006.

Poiché, in sostanza, al momento dell’emissione dell’atto impositivo, la società era stata già cancellata per compiuta liquidazione volontaria, l’erario ha notificato l’avviso al socio.

La Commissione Regionale ha osservato in sentenza: “L’accertamento fu emesso nei confronti della società. Il socio risultava solo destinatario della notificazione e mancava nell’accertamento qualsiasi adattamento alla posizione personale del socio. In nessun punto dell’avviso impugnato l’Ufficio ha fatto riferimento all’eventuale azione nei confronti del ricorrente. È vero che l’amministrazione può agire ai sensi dell’art. 2495 cc nei confronti dei soci della società cancellata ma lo specifico titolo individuato dalla norma a fondamento della pretesa erariale nei confronti” dei soci comporta un “supplemento motivazionale” dell’avviso di accertamento che consiste nella presenza accertata delle condizioni previste dall’art. 2495 cc necessarie per delineare la responsabilità in capo ai soci per imposte pertinenti alla società ormai estinta. L’atto impositivo avrebbe dovuto affermare e provare nella sua motivazione che i soci hanno percepito somme in base al bilancio finale di liquidazione o nel biennio antecedente, dovendo il creditore dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo (vale a dire la sua legittimazione passiva). L’Agenzia Entrata avrebbe dovuto giustificare la pretesa nei confronti del socio trovando le condizioni legittimanti e parametrandole alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione. Nel caso di specie nessuna menzione è fatta nell’accertamento delle responsabilità del socio per le obbligazioni della società; non è individuata la quota eventualmente attribuita al socio e nei limiti della quale egli può essere chiamato a rispondere. Nella presente situazione il sig. Ra.Fr. non ha ricevuto nulla in base al bilancio di liquidazione e neanche nei due anni precedenti sicché non essendovi stata alcuna assegnazione al socio o attribuzione patrimoniale, nulla può essere preteso nei suoi confronti, né l’Ufficio ha dimostrato che i soci abbiano percepito alcunché in base al bilancio di liquidazione. L’Ufficio non può dunque pretendere di realizzare l’intero carico fiscale nei confronti dei soci”.

In buona sostanza, il giudice regionale ha ritenuto dirimente che l’Agenzia non avesse offerto la prova dell’acquisizione, da parte del socio, di beni e utilità in esito alla liquidazione della società, reputando che detta acquisizione operasse alla stregua di presupposto di operatività del meccanismo successorio nei debiti di cui all’art. 2495 c.c.

L’opzione ermeneutica della Commissione Tributaria, alla cui stregua la successione dei soci nei rapporti giuridici già in capo all’ente postula il conseguimento da parte dei soci stessi di beni a seguito della liquidazione del patrimonio sociale, si pone in urto frontale con l’indirizzo nomofilattico in base al quale la responsabilità dei soci della società di capitali per i debiti dell’ente estinto non può essere limitata all’ipotesi in cui essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, non assurgendo tale evenienza a condizione da cui possa farsi dipendere la possibilità di proseguire nei confronti di detti soci l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società (Cass., Sez. Un., n. 6070 del 2013; in precedenza v. Cass. n. 7676 del 2012; Cass. n. 19453 del 2012). I soci, infatti, sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione, salvo il loro diritto di opporre al creditore il limite di responsabilità in base al quale essi rispondono “intra vires” dei debiti loro trasmessi. In altri termini, i soci subentrano nei rapporti dell’ente per fatto stesso della sua avvenuta estinzione, ferma e impregiudicata la prerogativa del socio di provare di non aver acquisito beni o utilità in esito alla liquidazione dell’ente (cfr anche Sez. U, 28709/2020). Pertanto, l’Agenzia delle entrate ben poteva indirizzare la pretesa fiscale nei riguardi del socio, senza essere onerata di somministrare prova altra o ulteriore rispetto alla circostanza – dimostrata e incontroversa – dell’estinzione della società.

Il ricorso va, in definitiva, accolto. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Piemonte; essa provvederà, altresì, a regolare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza d’appello impugnata; rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Piemonte.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2024.

Allegati

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