RILEVATO CHE:
1. Sa.Lu. impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania un’iscrizione di ipoteca, della quale affermava di aver appreso l’esistenza solo a seguito di segnalazione bancaria, disposta da Serit Spa (in seguito Riscossione Sicilia Spa, concessionaria per la riscossione) in conseguenza del mancato pagamento di alcune cartelle esattoriali.
Tali cartelle, che il contribuente sosteneva non essergli mai state notificate, concernevano debiti per Irpef e altri tributi locali non pagati negli anni d’imposta compresi fra il 1996 e il 2006.
I giudici aditi accolsero il ricorso – eccezion fatta che per un’unica cartella, relativa a Tarsu per l’anno 2006 – e annullarono l’iscrizione ipotecaria.
2. Tale decisione fu integralmente riformata dalla sentenza in epigrafe, resa all’esito del giudizio d’appello instaurato dall’Agenzia delle entrate, al quale aveva preso parte anche il concessionario per la riscossione.
I giudici regionali, ritenuta in premessa l’ammissibilità del gravame, rilevarono che la documentazione prodotta dal concessionario, ancorché nel solo giudizio d’appello, dava contezza dell’avvenuta notifica di tutte le cartelle di pagamento.
3. La sentenza della C.T.R. è stata impugnata dal Sa.Lu. con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, mentre Riscossione Sicilia Spa è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE:
1. Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 140 e 148 cod. proc. civ. e dell’art. 25, comma primo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
La sentenza impugnata è sottoposta a critica nella parte in cui ha ritenuto validamente eseguita la notifica della cartella n. Omissis, che il ricorrente assume invece inesistente per mancata sottoscrizione della relazione da parte dell’agente notificatore, corroborata dal fatto che anche l’elenco degli atti depositati, in data corrispondente, presso il Comune di Catania non risulta sottoscritto, né è stata dimostrata l’avvenuta affissione dell’avviso di deposito alla porta della sua abitazione, siccome prescritto dall’art. 140 cod. proc. civ.
2. Il secondo motivo agita identica questione nella diversa prospettiva del vizio di omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
3. Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5-bis, del D.L. 17 giugno 2005 n. 106, conv. nella L. n 156/2005.
Il ricorrente premette che i giudici di primo grado avevano accolto la sua impugnazione non solo sul rilievo del difetto di prova della notifica delle cartelle, ma anche perché, in relazione alle pretese opposte, l’amministrazione doveva ritenersi decaduta per decorso del termine di cui all’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non risultando che il concessionario avesse effettuato le notifiche nei termini previsti dalla disposizione evocata.
Ed invero, poiché l’appello erariale non aveva interessato detto capo della decisione di primo grado, costituente autonoma ratio decidendi della sentenza di primo grado, la C.T.R. avrebbe dovuto rilevare l’intervenuta formazione del giudicato.
4. Il quarto motivo ha ad oggetto il medesimo tema.
Secondo il ricorrente, infatti, la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere validamente eseguita la notifica delle cartelle di pagamento in questione, essendo medio tempore intervenuta la decadenza erariale, con conseguente violazione del citato art. 1, comma 5-bis, del D.L. n. 106/2005.
5. Infine, con il quinto mezzo, il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2909 cod. civ., 327 cod. proc. civ. e 51, 52, 53 e 54 del D.Lgs. n. 546/1992, osservando che la C.T.R. ha annullato la sentenza di primo grado in relazione a tutte le cartelle di pagamento prodromiche all’atto di iscrizione di ipoteca, quantunque l’Agenzia delle entrate avesse proposto appello in relazione ad una sola di esse (quella recante il n. (Omissis), oggetto del primo motivo di ricorso), mentre il concessionario per la riscossione non aveva formulato alcuna censura.
6. Il primo motivo è fondato.
6.1. L’avviso di ricevimento inerente alla cartella indicata dal ricorrente, compilato dal notificatore per conto del concessionario per la riscossione, non reca alcuna sottoscrizione sotto l’apposita dicitura, contenuta nel modello utilizzato.
In proposito, questa Corte ha da tempo affermato, con orientamento univoco, che la sottoscrizione è un elemento costitutivo essenziale dell’atto di notifica; in mancanza, quest’ultimo è giuridicamente inesistente.
In particolare, in tema di notificazione per mezzo del servizio postale è stata ritenuta inesistente la notifica priva di sottoscrizione dell’agente postale sull’avviso di ricevimento del piego raccomandato, che costituisce l’unico elemento idoneo a riferire la paternità dell’atto all’agente postale (Cass. n. 17373/2020; in precedenza, Cass. n. 25138/2013).
6.2. Come, peraltro, afferma persuasivamente quest’ultima pronunzia, non vale richiamare in senso contrario quanto affermato da questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 14916/2016, ovvero che, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, la notificazione di un atto può ritenersi insussistente, oltre che in caso di totale mancanza materiale, soltanto laddove risulti posta in essere un’attività “priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione”, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità sanabile.
Tali elementi costitutivi, infatti, consistono nell’attività di trasmissione – svolta da un soggetto qualificato dotato ex lege del potere di compierla – e in quella di consegna, intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento; e laddove l’avviso di ricevimento della cartella non sia stato sottoscritto dall’agente postale, non si può attribuire la paternità dell’atto ad un “soggetto qualificato”, sì da ricondurre il vizio nell’alveo della mera nullità.
Peraltro, e con riferimento al caso di specie, anche a voler ritenere che la notifica in esame fosse nulla, e non invece inesistente, la nullità non potrebbe ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo, essendo pacifico che la cartella non venne tempestivamente impugnata dal contribuente e non potendosi così affermare che il plico pervenne effettivamente nella sfera di conoscenza del destinatario.
6.3. La sentenza d’appello si è discostata dal principio indicato; donde l’accoglimento del primo motivo.
In tale statuizione è assorbito l’esame della seconda censura.
7. È fondato anche il terzo motivo, che, seppur rubricato come denunzia di violazione della disciplina in materia di riscossione dei crediti tributari, stigmatizza, in realtà, il mancato rilievo della formazione di un giudicato.
7.1. Invero, il ricorrente ha riprodotto le deduzioni svolte innanzi ai giudici di prime cure, inerenti al decorso del termine di decadenza per l’azione impositiva ed esattiva, nonché uno stralcio della sentenza di primo grado che, dopo aver ritenuto l’invalidità della notificazione di alcune cartelle, ha espressamente statuito che, per le stesse, andava comunque dichiarata la decadenza eccepita, per mancato rispetto del termine di cui all’art. 1, comma 5-bis, del D.L. n. 106/2005 (pag. 17 del ricorso).
Quest’ultima statuizione costituisce espressione di un’autonoma ratio decidendi, da sola idonea a supportare la pronunzia e, pertanto, doveva esser fatta oggetto di specifico gravame.
7.2. Tale circostanza non è stata rilevata dalla sentenza impugnata.
Il terzo motivo va dunque accolto, con assorbimento del quarto.
8. Il quinto motivo, infine, è fondato per quanto di ragione.
La sentenza impugnata dà correttamente atto del fatto che la documentazione prodotta dal concessionario per la riscossione può essere validamente utilizzata per “integra(re) la difesa dell’Ufficio che già in primo grado aveva sostenuto la validità della notifica delle cartelle”.
I giudici regionali, tuttavia, omettono di raccordare tale rilievo con quello, da loro stessi operato a pag. 4 della sentenza, in base al quale lo stesso Ufficio si era limitato a rilevare la propria “mancanza di legittimazione passiva, che spetta invece all’agente” per tutte le diverse questioni agitate nel giudizio, attinenti a profili che riguardavano l’esercizio della potestà esattoriale; e quanto alle deduzioni svolte dall’agente, non chiariscono se queste abbiano contribuito o meno a tracciare il perimetro dell’oggetto del giudizio d’appello, posto che il motivo di gravame dell’Agenzia delle entrate concerneva la sola cartella di pagamento n. Omissis, di cui al primo motivo del presente ricorso.
Tale omissione non consente di verificare se, per le restanti cartelle, si sia in effetti formato un giudicato; in questo senso, pertanto, il motivo merita accoglimento.
9. In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini di cui in motivazione, in relazione al primo, al terzo e al quinto motivo, con assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice a quo affinché, in diversa composizione, provveda al complessivo riesame della vicenda in conformità ai principi indicati, individuando, in particolare, se vi siano, e quali, cartelle di pagamento prodromiche all’iscrizione ipotecaria qui impugnata in ordine alle quali non si è formato il giudicato di annullamento.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo, terzo e quinto motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia – sezione staccata di Catania.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 24 settembre 2025.
Depositata in Cancelleria il 6 ottobre 2025.
