Massima

In tema di notifica di un atto impositivo (nella specie, ai fini Irpef 2006) a mezzo del servizio postale, qualora si verta in ipotesi di irreperibilità relativa del destinatario, che legittima il ricorso alla procedura di cui all’art. 140 cod. proc. civ., il perfezionamento del procedimento notificatorio è legato alla effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale (cd. C.A.D.).

Supporto alla lettura

NOTIFICA A MEZZO POSTA

La L. 890/1986 sulla notifica a mezzo posta contiene la disciplina di tale notificazione. Innanzitutto, tale notifica a mezzo del servizio postale, può essere utilizzata dagli avvocati che fanno la notifica in proprio e anche dagli ufficiali giudiziari.

La prova della notificazione è contenuta nell’avviso di ricevimento che viene completato da chi cura la notifica a mezzo posta al momento della consegna del plico. Chi riceve la notifica a mezzo posta del plico è tenuta a sottoscrivere la ricevuta a conferma dell’intervenuta consegna.

Quando l’atto per il quale sia in corso la notifica a mezzo posta venga ricevuto, la notifica si ha per eseguita in quella data.

Quando, invece, l’atto venga messo in deposito per l’assenza di persone abilitate a riceverlo, la notificazione postale si ha per eseguita il giorno in cui il plico viene ritirato e, per il notificante, comunque decorsi 10 giorni dalla spedizione della raccomandata con la quale si informa il destinatario del tentativo di notifica e dell’intervenuto deposito.

Ambito oggettivo di applicazione

RILEVATO CHE:

1. Be.Ga. impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma la cartella esattoriale n. Omissis, notificatagli da Equitalia Sud Spa, concessionaria per la riscossione, sulla base di un avviso di accertamento per il recupero dell’Irpef relativa al 2006, resosi definitivo per mancata impugnazione.

I giudici aditi respinsero il ricorso.

2. Il successivo appello del contribuente seguì analoga sorte.

La C.T.R. del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ritenne valida la notifica dell’avviso prodromico alla cartella, in quanto effettuata, nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ., all’indirizzo corrispondente alla residenza anagrafica del Be.Ga.

Da tale rilievo fece poi discendere l’inammissibilità degli ulteriori motivi di gravame, concernenti la cartella di pagamento.

3. Be.Ga. ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, mentre il concessionario per la riscossione (oggi Agenzia delle entrate -Riscossione) non ha svolto difese.

Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo, denunziando violazione dell’art. 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto la validità della notifica dell’atto impositivo presupposto.

Osserva, in proposito, che tale atto era stato in effetti notificato presso il suo indirizzo di residenza anagrafica, ma nella relazione di notificazione risultava che egli si fosse trasferito, tant’è che non gli era mai pervenuta neppure la raccomandata di conferma successivamente inviata.

La declaratoria di validità della notifica sarebbe, pertanto, priva di motivazione, trascurando completamente di confrontarsi con tale decisiva circostanza.

2. Con il secondo motivo, denunziando violazione o falsa applicazione degli artt. 26 e 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto valida la notifica effettuata ex art. 140 cod. proc. civ. quantunque non vi fosse alcuna prova dell’avvenuta ricezione, da parte sua, della raccomandata contenente la notizia del deposito dell’atto preso la casa comunale.

Richiama, in tal senso, la sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, che ha dichiarato illegittimo l’art. 140 in questione nella parte in cui dispone che il procedimento notificatorio si intende perfezionato con l’invio della raccomandata al destinatario, anziché con la sua ricezione; e, su tale base, osserva che nel caso di specie la raccomandata era stata restituita al mittente.

3. Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 6 della L. 27 luglio 2000, n. 212.

Secondo il ricorrente, la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere perfezionata la notifica ex art. 140 cod. proc. civ. pur a fronte del fatto che la raccomandata di conferma non era stata da lui ricevuta in quanto trasferito, quando invece risultava che egli aveva mantenuto il proprio indirizzo di residenza anagrafica.

4. Infine, con il quarto mezzo, denunziando violazione degli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 2694 cod. civ., il ricorrente si duole del fatto che i giudici regionali non abbiano dichiarato decaduto il concessionario per la riscossione dalla potestà esattiva, come avrebbero dovuto in conseguenza del rilievo di nullità-inesistenza della notifica.

5. Il primo motivo è infondato.

5.1. Sia pure articolata in forma di denunzia di violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1992, la censura è volta a rilevare un difetto di motivazione della sentenza impugnata.

Il ricorrente, infatti, afferma espressamente (pag. 9 ricorso): “alcuna motivazione viene espressa sul punto dalla C.T.R. del Lazio, alcuna valutazione viene eseguita sugli atti sui quali si è costruita la notificazione dell’atto presupposto… basando la propria motivazione sul richiamo sic et simpliciter delle disposizioni normative… enunciando apoditticamente i motivi per i quali si ricorre all’una o all’altra modalità di notificazione”.

5.2. Secondo quanto più volte affermato da questa Corte, il difetto di motivazione della sentenza ricorre quando il giudice – in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, comma sesto, Cost.), affermato dall’art. 132, secondo comma, num. 4), cod. proc. civ. e dall’omologa previsione contenuta nell’art. 36, comma 2, n. 4), del D.Lgs. n. 546/1992 per il processo tributario – omette di esporre, anche concisamente, i motivi in fatto e in diritto della decisione, non illustrando l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ovvero non chiarendo le prove in base alle quali ha fondato il proprio convincimento, sì da costringere l’interprete ad integrare la statuizione con le più varie, ipotetiche congetture (v., fra le numerose altre, Cass. n. 30178/2023; Cass. n. 5335/2018; Cass. n. 2876/2017).

È poi noto, in tal senso, che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” ovvero una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U, n. 8053/2014), ma anche quelle sorrette da una motivazione che, dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, è tuttavia tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (così Cass. n. 4448/2014).

5.3. Nessuna di tali fattispecie, tuttavia, si configura nel presente caso.

La sentenza impugnata, infatti, ha dato conto con chiarezza del fatto che la notifica dell’atto impositivo nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ., legittimata dal fatto che il contribuente non risultava essersi trasferito in altro comune all’epoca in cui la notificazione fu eseguita, si perfezionò con l’invio della prescritta raccomandata, che fu restituita al termine del periodo di compiuta giacenza.

In questo senso, pertanto, l’iter logico seguito dai giudici regionali è pienamente intelligibile e non lascia spazio a dubbi interpretativi o necessità di ricostruzione.

6. Anche il secondo motivo è infondato.

6.1. In tal senso, va premesso che, sulla base dei fatti di causa pacifici fra le parti, nel caso di specie si verteva in ipotesi di cd. irreperibilità relativa del destinatario, ciò che legittimava – come avvenuto – il ricorso, da parte del soggetto notificante, alla procedura di cui all’art. 140 cod. proc. civ.

Sul punto, coglie certamente nel segno l’argomento del ricorrente secondo cui, dovendosi fare applicazione dell’art. 140 cod. proc. civ., in virtù del combinato disposto dell’art. 26, ultimo comma, e dell’art. 60, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 600/1973, occorre che, ai fini del perfezionamento della notifica, siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione (cfr., fra le altre, Cass. n. 27729/2024; Cass. n. 27825/2018; Cass. n. 9782/2018; Cass. n. 25079/2014).

Detto principio, del resto, si pone in rapporto di coerenza con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 10012/2021) in relazione alla notifica tramite servizio postale, ovvero con il principio secondo il quale, ove l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per una delle ipotesi di “irreperibilità relativa”, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890/1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa.

6.2. Il richiamato principio dev’essere tuttavia raccordato alla circostanza che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha dedotto essersi perfezionata la notifica, in relazione alla C.A.D., mediante il meccanismo della compiuta giacenza.

Il dato, che il contribuente non ha contestato, risulta infatti decisivo ai fini della statuizione sul motivo in esame.

Conviene, al riguardo, richiamare il consolidato orientamento di questa Corte (per tutte si veda Cass. n. 8895/2022), secondo cui “in tema di notifica di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, allorché dall’avviso di ricevimento prodotto risulti che l’ufficiale postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto ad immettere l’avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l’atto al mittente, la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l’invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l’ufficio, così determinando la compiuta giacenza; in tali casi, infatti, avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l’ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l’ufficio postale, opera la presunzione di cui all’art. 1335 cod. civ.”

Nel ritenere valida la notifica dell’atto impositivo presupposto, la C.T.R. si è conformata a tale principio; non sussiste, pertanto, la violazione di legge denunziata col mezzo di impugnazione.

7. Dalla statuizione che precede discende ipso facto anche il rigetto dei restanti motivi di impugnazione, che presuppongono un errore dei giudici d’appello nella ritenuta validità della notificazione dell’atto presupposto ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.

8. In conseguenza di quanto esposto, il ricorso dev’essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

Sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del D.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 24 settembre 2025.

Depositata in Cancelleria il 6 ottobre 2025.

Allegati

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