IN FATTO
Rilevato che:
1. Si.Ma. riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF, nn. (Omissis) e (Omissis), rispettivamente riferiti agli anni d’imposta 2006 e 2007. L’Agenzia delle Entrate – direzione provinciale di Genova – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a Euro 5.078,00 per l’anno 2006 ed a Euro 13.028,00 per l’anno 2007, e accertando un maggior reddito di Euro 55.993,00 per l’anno 2006 e di Euro 65.877,00 per l’anno 2007. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: imbarcazione a motore e abitazione principale.
2. Avverso gli avvisi proponeva ricorso il contribuente dinanzi alla C.t.p. di Genova; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
3. La C.t.p., con sentenza n. 93/05/2013, accoglieva integralmente il ricorso del contribuente.
4. Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Liguria; si costituiva in giudizio anche il contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
5. Con sentenza n. 1399/03/2015, depositata in data 10 dicembre 2015, la C.t.r. adita rigettava l’appello dell’Ufficio, compensando tra le parti le spese di lite.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Liguria, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi mentre il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 4 ottobre 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
IN DIRITTO
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Nullità della sentenza impugnata per inosservanza (violazione e falsa applicazione) art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.” l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha proceduto a decidere sulla base di motivazione meramente parvente, che non consente di desumere la ratio decidendi seguita.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione art. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.” l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha affermato essere state provate una serie di circostanze, senza però indicare una sola prova al riguardo.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. e premessa D.M. 10 settembre 1992 (in G.U. 218 del 16 settembre 1992) e sue modificazioni e integrazioni” l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato l’appello senza dar conto del fatto che il contribuente avesse effettivamente provveduto a dimostrare che i maggiori redditi accertati erano giustificati da redditi esenti o, comunque, soggetti a ritenuta alla fonte.
2. I tre motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione stante l’affinità delle critiche sollevate, sono fondati.
Una corretta disamina non può prescindere da una breve ricognizione di quelli che sono i principi, affermati da questa Corte, in tema di “redditometro”.
2.1. Esso collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
2.3. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente “sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014).
2.4. Con precipuo riferimento alla decisione impugnata, deve osservarsi come il Giudice di secondo grado, dopo una breve descrizione del fatto, ha affermato che: “La decisione del giudice di primo grado appare logicamente motivata e risulta assolutamente condivisibile. Il contribuente ha, in particolare, dettagliatamente descritto e comprovato, attraverso il deposito in giudizio di copiosa documentazione, la propria situazione reddituale e il concreto utilizzo dell’imbarcazione, dimostrando come gli indici sui quali l’Ufficio ha fondato l’accertamento non trovino nessun riscontro nel caso di specie. Ancora Il giudice di primo grado ha, in particolare, rilevato che “il contribuente ha dimostrato la reale entità delle spese effettuate per il mantenimento della barca e conseguentemente il maggior reddito da attribuirsi nella fattispecie non corrisponde all’applicazione automatica dei parametri fissati dai suddetti Decreti, avendo il contribuente dimostrato ampiamente la non attribuibilità degli importi necessari di norma per mantenere le imbarcazioni mantenute per motivi di svago ricreativo, avendo invece scelto di vivere su tale imbarcazione limitando all’essenziale le spese derivanti dal possesso del bene in relazione ai consumi che normalmente hanno riferimento alle crociere o gite fuori porta dei detti natanti”.
2.5. Una siffatta motivazione si pone in contrasto con i principi giurisprudenziali illustrati sub. 2.1. e ss. in quanto oblitera il valore presuntivo ricollegato dal legislatore agli elementi indicatori di maggior reddito evidenziati dall’Ufficio nell’avviso di accertamento (in particolare, il possesso di un’imbarcazione), e conseguentemente omette la disamina dell’onere di prova contraria che il contribuente avrebbe dovuto assolvere dimostrando il possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, che possano esser stati utilizzati in relazione alle spese evidenziate dall’ufficio (fornendo quantomeno “circostanze sintomatiche”, da ricollegarsi all’entità delle disponibilità finanziarie e alla durata nel loro possesso, che ciò sia potuto accadere).
2.4. Quanto alla censura di motivazione parvente, costituisce principio consolidato giurisprudenziale quello secondo cui la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione ..manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata. (Cass., Sez. U., n. 8053/2014, con riferimento al nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., a seguito alla riforma di cui all’art. 54, comma 1, lett. b) del D.L. 22/06/2012, n. 83, conv. in L. 7/08/2012, n. 134, applicabile al caso in esame trattandosi di sentenza emessa dopo il 10 settembre2012); successivamente tra le tante Cass. n. 6626/2022; Cass. n. 22598/2018). Ancora, il giudice non può, nella motivazione, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa: cfr. Cass. 23/01/2006, n. 1236; Cass. 29/07/2016, n. 15964; Cass. 20/12/2018, n. 32980; Cass. 08/10/2020, n. 21700).
2.5. Nel caso in esame, la C.t.r. ha deciso con una motivazione apparente perché, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a cogliere l’iter logico-giuridico sottostante, in particolar modo con riferimento all’uso del natante ed alle spese necessarie per la manutenzione e l’utilizzo dello stesso, argomento rispetto al quale non si confronta né con gli indici presuntivi legali, né con elementi specifici della fattispecie concreta, facendo genericamente riferimento a dati di esperienza comune, in realtà di contenuto e provenienza non identificati.
4. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato al Giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 4 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.
