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Cassazione civile sez. trib., 04/11/2024, n. 28300

Massima

In tema di contenzioso tributario, il diniego da parte del direttore regionale delle entrate di disapplicazione di una legge antielusiva, effettuato ai sensi del comma ottavo dell’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è un atto definitivo in sede amministrativa (cosi indicato espressamente dal D.M. Finanze 19 giugno 1998, n. 259, attuativo della procedura di cui al comma 8 del citato art. 37-bis) e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione, come tale impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546. Il relativo giudizio instaurato dinanzi al giudice tributario, vertendo in materia di diritti soggettivi e non di meri interessi legittimi, è a cognizione piena e si estende, quindi, al merito della pretesa e non è limitata alla mera illegittimità dell’atto per cui, all’esito, potrà essere emessa una decisione sulla fondatezza della domanda di disapplicazione, con conseguente attribuzione, ove ne ricorrano le condizioni applicative, dell’agevolazione richiesta.

Supporto alla lettura

PROCESSO TRIBUTARIO

Il Processo Tributario è un procedimento giurisdizionale che ha ad oggetto le controversie di natura tributaria tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, è disciplinato nel d.lgs. 546/1992 e non è incluso in nessuna delle giurisdizioni indicate dalla Costituzione, rappresenta quindi un’eccezione giustificata dal grande tecnicismo della materia.

Il 03 gennaio 2024 è stato pubblicato in G.U. il d.lgs. 220/2023 recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, le quali vanno a modificare il d.lgs. 546/1992, e sono da collocare in attuazione della L. 111/2023, con la quale è stata conferita delega al Governo per la riforma fiscale.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Come si desume dagli atti difensivi delle parti, in data 15/04/2014 la (omissis) Srl inoltrava alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle entrate della Campania istanza di interpello ai sensi dell’art. 37 bis, ottavo comma, D.P.R n. 600/73, per la disapplicazione della disciplina fiscale sulle c.d. società di comodo o “società non operative” di cui all’art. 30 della L. 724/94, con riferimento all’anno di imposta 2013.

1.1. Nella predetta istanza la società, costituitasi nel marzo 2007, premettendo di non essere nelle condizioni di operare il c.d. “test di operatività”, affermava di operare nel settore immobiliare e di detenere un immobile acquisito in locazione finanziaria con atto del 2 maggio 2007. Detto immobile era stato concesso in locazione, fino alla fine del 2008, alla società Agorà di Se. e C. Sas, dichiarata fallita con sentenza del 26 novembre 2009, e che, dalla fine del 2008, l’immobile risultava sfitto.

La società rappresentava, inoltre, di essere in stato di liquidazione “a causa delle perdite sostenute che hanno azzerato il capitale, ed a causa dell’incapacità finanziaria di alcuni soci di ricapitalizzare la società”, evidenziando che, nella difficoltà a locare o vendere l’immobile, aveva avuto incidenza determinante la pendenza del contenzioso, introdotto con azione revocatoria fallimentare, dalla curatela del fallimento della Agorà.

La società Agorà risultava essere stata la precedente proprietaria dell’immobile, ceduto, in data 02/05/2007, alla società Sanpaolo Leasing e, successivamente, da questa dato in locazione finanziaria alla controparte. Intervenuto nell’anno 2009 il fallimento di Agorà, la curatela fallimentare, con atto del 30 luglio 2010, aveva intrapreso l’azione revocatoria avente ad oggetto la compravendita effettuata a favore della Sanpaolo Leasing, nonché della locazione finanziaria immobiliare intercorsa tra quest’ultima e la ricorrente AGO IMMOBILIARE Srl.

2. Con atto del 5/06/2014 la Direzione Regionale della Campania dell’Agenzia delle entrate respingeva l’istanza proposta dalla società ai fini della disapplicazione, reputando non sussistenti i relativi presupposti fattuali e giuridici.

3. Avverso tale provvedimento (omissis) Srl ricorreva avanti alla CTP di Napoli, che tuttavia non apprezzava le ragioni della contribuente, cosi come la CTR della Campania, che rigettava l’appello con la sentenza indicata in epigrafe.

4. Avverso detta sentenza ricorre la società con quattro motivi.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso e ricorso incidentale sorretto da unico motivo.

5. La società ricorrente ha quindi depositato controricorso avverso il ricorso incidentale dell’Amministrazione finanziaria, nonché successiva memoria difensiva, con la quale ha prodotto copia della sentenza n. 3091/2017 della Corte di Appello di Napoli, con attestazione del passaggio in giudicato in data 30 ottobre 2017, con cui è stato confermato il rigetto della domanda revocatoria proposta dalla curatela del fallimento Agorà Sas.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4 bis, L. n. 724/94“, assumendo che i giudici di appello avrebbero dovuto valutare le prove addotte dalla contribuente al fine di dimostrare la sussistenza delle obiettive situazioni che resero non possibile il conseguimento dei margini reddituali, tali da escludere l’applicabilità della disciplina delle società non operative, laddove la CTR avrebbe, al contrario, fondato la propria decisione su circostanze non conferenti.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l‘”Omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, in relazione all’ art. 360, primo comma n. 4 c.p.c.“.

La ricorrente censura la sentenza per non essersi la stessa pronunciata in ordine alla dedotta inammissibilità delle eccezioni difensive dell’ufficio attinenti a ragioni differenti rispetto a quello manifestate nel provvedimento di diniego dell’istanza di disapplicazione.

3. Con il terzo strumento di impugnazione la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 7. L. n. 212/2000, nonché dei principi generali in tema di motivazione degli accertamenti tributari”, assumendo che i giudici territoriali avrebbero dovuto dichiarare inammissibile la tesi dell’ufficio, in quanto costituente motivo nuovo rispetto all’originaria motivazione del provvedimento amministrativo di diniego oggetto di causa.

4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente.

4.1. Il quarto motivo, da esaminarsi in via preliminare, stante la potenziale decisività, è fondato.

4.2. La violazione denunciata si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata” (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).

In particolare, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie ed ipotetiche congetture. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella “perplessa e incomprensibile”; in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate).

4.3. Nel caso di specie, la stringata motivazione della sentenza di appello non coglie in alcun modo il tema controverso, ovverosia la configurabilità della “impossibilità” per l’impresa di conseguire il reddito minimo presunto secondo il meccanismo di determinazione di cui all’art. 30, comma 4-bis, della L. n. 724 del 1994, per situazioni oggettive. I giudici territoriali hanno omesso qualsiasi valutazione degli elementi a tal fine dedotti dalla società contribuente e hanno richiamato, al contrario, argomenti in larga parte non conferenti, quali la mancata contestazione dell’iter di acquisto dell’immobile oggetto dell’attività di impresa, o la sussistenza di rapporti di parentela tra i soci di (omissis) Srl e Agorà Sas Inoltre, la CTR, nel richiamare “a supporto” il dato della pendenza dell’azione revocatoria promossa dalla curatela del fallimento Agora Sas, non ha preso in alcuna considerazione la circostanza del rigetto della relativa domanda da parte del Tribunale di Napoli, pur a fronte di specifica deduzione della società (come da atto di appello, p. 9, in ossequio al principio di autosufficienza oggetto di richiamo e trascrizione, per estratto, a pag. 22 del ricorso per cassazione). Aggiungasi che tale pronuncia, come documentato dalla ricorrente, è divenuta irrevocabile.

5. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la “Omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del ricorso” perché proposto avverso atto non autonomamente impugnabile.

5.1. Il motivo è infondato, in quanto non si versa in ipotesi di omessa pronuncia, ricorrendo invece un’ipotesi di implicita pronuncia di rigetto.

Secondo costante giurisprudenza, “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).

5.2. L’eccezione di inammissibilità è peraltro infondata.

Sul punto è il caso di richiamare il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “in tema di contenzioso tributario, il diniego da parte del direttore regionale delle entrate di disapplicazione di una legge antielusiva, effettuato ai sensi del comma ottavo dell’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è un atto definitivo in sede amministrativa (cosi indicato espressamente dal D.M. Finanze 19 giugno 1998, n. 259, attuativo della procedura di cui al comma 8 del citato art. 37-bis) e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione, come tale impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546. Il relativo giudizio instaurato dinanzi al giudice tributario, vertendo in materia di diritti soggettivi e non di meri interessi legittimi, è a cognizione piena e si estende, quindi, al merito della pretesa e non è limitata alla mera illegittimità dell’atto per cui, all’esito, potrà essere emessa una decisione sulla fondatezza della domanda di disapplicazione, con conseguente attribuzione, ove ne ricorrano le condizioni applicative, dell’agevolazione richiesta”, Cass. sez. V, 15.4.2011, n. 8663 (conf. Cass. sez. VI-V, 15.2.2018, n. 3775), e non si è mancato recentemente di ribadire che “La risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall’art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo, senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva”, Cass. sez. V, 27.1.2023, n. 2634” (Cfr. Cass., V, n. 18861/2023; Cass 5, n. 27922 del 2023).

6. In conclusione, rigettato il ricorso incidentale, va accolto il quarto motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.

Rilevato che risulta soccombente, in relazione al ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

La Corte

accoglie il quarto motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti;

rigetta il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.

Allegati

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