RILEVATO CHE
1. Ca.Ma. impugnò innanzi alla Commissione Tributaria provinciale le cartelle emesse, ai sensi dell’art. 36 ter D.P.R. n. 600/73, nei suoi confronti ed in quelli del proprio padre e dante causa Ca.Lu., con cui veniva recuperato a tassazione per gli anni d’imposta (IRPEF ed accessori) 2006/2007/2008 l’importo – dedotto dai contribuenti dal reddito derivante da alcuni immobili realizzati su arenile in concessione demaniale – del canone concessorio dei suoli. La CTP accoglieva il ricorso, ma la CTR riformava la pronuncia da cui il ricorso in cassazione della ricorrente, anche qual erede del padre, basato su due motivi, ed avverso il quale resiste l’Agenzia con controricorso.
Da ultimo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. Preliminarmente va affrontata l’eccezione di giudicato sollevata in sede di memoria illustrativa, la quale risulta infondata dal momento che, in presenza di diverse annualità d’imposta, il giudicato può riguardare solo fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili (ex plurimisCass. 25516/2019). Nella specie le decisioni la cui autorità di giudicato viene invocata riguardano profili attinenti modalità procedimentali di distinti atti amministrativi (rispetto a quelli oggetto della presente causa), che l’amministrazione nella sua autonomia ha deciso di non far valere in altri giudizi, senza che appunto ciò possa determinare il giudicato su un “fatto” concernente tutte le annualità (ad esempio l’accertamento del presupposto d’imposta, la sussistenza di una deduzione derivante da un unico evento).
2. Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973 ed altresì insufficiente e contraddittoria motivazione.
2.1. Di là dalla contraddittoria rubricazione del motivo (invero fondato su violazione di legge ma anche su asserita nullità della sentenza, peraltro in base a pretesi vizi non più rilevanti ai fini della validità della stessa), lo stesso si basa quasi esclusivamente sull’asserita erronea interpretazione della disposizione di cui al citato art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973. In termini riassuntivi la contestazione è nel senso che l’Agenzia avrebbe dovuto nella specie procedere ad un controllo non meramente formale ma sostanziale, provvedendo a notificare non la cartella ma l’avviso di accertamento non ricorrendo i presupposti previsti dalla norma di cui si denuncia la violazione, e ritenendosi in particolare l’erroneità della sentenza d’appello laddove la stessa si incentra sull’assenza di lesione nel diritto alla difesa del contribuente.
2.2. Orbene la CTR ha ritenuto sussistenti i presupposti per operarsi il controllo formale, sebbene espliciti le ragioni cumulativamente trattando del secondo motivo, mostrando infatti di ritenere ictu oculi insussistente nella specie il ricorrere dei requisiti di deducibilità del canone.
Peraltro, è ben evidente che la CTR abbia verificato l’espletamento da parte dell’Ufficio delle formalità previste a seguito del controllo formale di cui all’art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973, ed in particolare quelle di cui al comma 4 dell’indicata disposizione, chiarendosi peraltro da parte della contribuente che tale profilo non era il punto rilevante delle proprie contestazioni (pag. 4 “infatti non è questo il punto, cioè se sia stato o meno leso il diritto alla difesa dei contribuenti…”.
Nello specifico va detto che la contribuente risulta proprietaria di un immobile – da essa dato in locazione – realizzato su area (allora) demaniale, per la quale versava un canone di concessione. Di contro l’art. 10 TUIR permette la deduzione dal reddito che produce un bene immobile di “canoni, livelli e censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili”.
Trattasi all’evidenza di oneri reali, cioè obbligazioni legate al bene e caratterizzate dall’ambulatorietà.
Viceversa, appare evidente che il canone concessorio è costituito da un’obbligazione ricollegata al rapporto intercorrente fra la pubblica amministrazione e il privato concessionario, che non solo non ha natura reale né è caratterizzata dall’ambulatorietà ma al contrario dalla sua personalità.
Pur volendo poi ritenere che il canone in argomento non riguarda esclusivamente il suolo ma anche il fabbricato la cui locazione costituisce il reddito da cui il canone era stato dedotto, in relazione alla riespansione del diritto del proprietario demaniale alla scadenza della concessione, analogamente a quanto avviene in caso di riespansione della nuda proprietà sulla proprietà superficiaria – ed in effetti il “Capitolato delle concessioni comunali” del comune di Viareggio (all’art. 7) esplicitamente riconosce in capo ai concessionari la proprietà delle edificazioni sul suolo demaniale in costanza di concessione – ciò non muta la sostanza del canone come non reale ed è oltremodo evidente che il corrispettivo per la costituzione del diritto di superficie non è certo deducibile dal reddito derivante dai canoni locatizi che il titolare della proprietà superficiaria ritrae dal fabbricato realizzato sfruttando lo ius aedificandi (salvo il caso della natura strumentale ad un’attività d’impresa del fabbricato, per la quale ipotesi – che non ricorre – valgono i principi giurisprudenziali richiamati tanto dalla ricorrente quanto dalla Procura Generale).
2.3. In definitiva quindi il motivo dev’essere rigettato, poiché appunto l’Agenzia ha effettuato una rettifica a seguito di un controllo meramente formale fondato sull’esclusione ictu oculi del canone dedotto dal novero degli oneri deducibili dal reddito ai sensi dell’art. 10 TUIR., ed appunto l’art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973 consente, al comma 2, lett. c) di escludere in sede di controllo formale le deduzioni dal reddito non spettanti, dovendosi procedere in via ordinaria (quindi previo apposito avviso di accertamento) solo allorché occorra una complessa attività di verifica o di interpretazione.
Va in proposito dunque affermato il seguente principio di diritto “L’art. 10 TUIR, allorché al comma 1, lett. a) annovera canoni, livelli, censi ed altri oneri quali costi deducibili, si riferisce ad oneri reali, le cui obbligazioni sono dunque caratterizzate dalla realità, in quanto legate al bene e pertanto ambulatorie.
Tra essi non rientrano dunque i canoni delle concessioni demaniali, che formano l’oggetto di obbligazioni personali del privato concessionario, in quanto ricollegate al rapporto intercorrente fra quest’ultimo e la pubblica amministrazione.
Conseguentemente l’amministrazione finanziaria può senz’altro disconoscere la deduzione del canone demaniale, operata dal contribuente nella propria dichiarazione, in sede di controllo formale di cui all’art. 36 ter, D.P.R. n. 600/1973, in quanto la rettifica dipende da un’esclusione emergente ictu oculi.”
3. Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10 TUIR, oltre che insufficiente e contraddittoria motivazione.
3.1. Le considerazioni poste a fondamento del rigetto del precedente motivo determinano l’assorbimento del motivo in esame.
4. Il ricorso merita dunque integrale rigetto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 2000,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.
