Massima

La Corte di Cassazione, in applicazione dell’art. 12, comma 4-bis del D.P.R. n. 602/1973, introdotto dall’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021, cassa la sentenza di merito che aveva ritenuto ammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo e della cartella di pagamento per omessa notifica, dichiarando inammissibile l’originario ricorso del contribuente che non aveva dimostrato la sussistenza di un pregiudizio specifico tra quelli previsti dalla norma (partecipazione ad appalti, riscossione di somme da enti pubblici, perdita di benefici con la PA). La società contribuente è condannata alle spese del giudizio di legittimità, mentre le spese dei gradi di merito sono compensate.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE:

1. La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un estratto di ruolo rilasciato in data 22 luglio 2019 alla CIBELLI Srl relativo ad una cartella di pagamento di cui la contribuente lamentava l’omessa notifica sostenendo di esserne venuta a conoscenza attraverso l’autonoma acquisizione del predetto estratto di ruolo.

2. Con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, ritenuta ammissibile l’impugnazione, unitamente all’estratto di ruolo, della cartella di pagamento di cui il contribuente deduca, come nel caso di specie, l’omessa notifica, accoglieva l’appello della società contribuente rilevando l’irregolare notifica della cartella impugnata.

3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui non replica l’intimata.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 4-bis del D.P.R. n. 602/1973 (introdotto dall’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021), in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3) c.p.c.”.

1.1. Sostiene la ricorrente che “La sentenza della Commissione Tributaria Regionale merita in primis di essere censurata laddove, respingendo le eccezioni dell’Ufficio, ha ritenuto ammissibile il ricorso proposto avverso l’estratto di ruolo e la cartella asseritamente non notificata. Tale statuizione risulta violativa della novella apportata all’art. 12 del D.P.R. 602/1973, mediante l’introduzione del comma 4-bis con il quale è stata disposta, come regola generale la non impugnabilità dell’estratto di ruolo”.

2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli art. 24 e 57 D.Lgs. n. 546 del 1992 per non avere la CTR rilevato la novità della censura della nullità della notifica della cartella esattoriale in quanto proveniente da un indirizzo mail non censito nei pubblici registri, che la società ricorrente non aveva dedotto nell’originario ricorso.

3. Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 del D.P.R. 602/1973 e dell’art. 3/bis della L. 53/1994, per avere la CTR erroneamente considerato invalida la notifica della cartella esattoriale effettuata da un indirizzo non compreso nei pubblici elenchi.

4. Il primo motivo è fondato e va accolto con assorbimento degli altri.

5. L’art. 3 bis del D.L. 21/10/2021 n. 146, introdotto dalla legge di conversione n. 215 del 17/12/2021, novellando l’art. 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, rubricato “Formazione e contenuto dei ruoli”, ha inserito il comma 4 bis, che prevede, nella prima parte, che “L’estratto di ruolo non è impugnabile”, e nella seconda parte che “Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.

6. Questa Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, interpretando la predetta disposizione, nella sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022 ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3-bis del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l’art. 12 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3,24,101,104,113,117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione”.

6.1. In buona sostanza il Legislatore con la predetta disposizione ha plasmato l’interesse ad agire che è condizione dell’azione che ha “natura dinamica, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti (tra varie, Cass. n. 9094/17; sez. un., n. 619/21), e può assumere una diversa configurazione, anche per volontà del legislatore, fino al momento della decisione. La disciplina sopravvenuta si applica, allora, ai processi pendenti perché incide sulla pronuncia della sentenza (o dell’ordinanza), che è ancora da compiere, e non già su uno degli effetti dell’impugnazione”.

6.2. Le Sezioni Unite hanno, quindi, precisato che “la carenza dello specifico interesse indicato dalla norma determina l’inammissibilità dell’impugnazione “diretta” o “anticipata”, senza con ciò comprimere o impedire la tutela “successiva”, che può esplicarsi (anche) nelle forme delle opposizioni esecutive (necessariamente, dopo che un’esecuzione forzata sia stata quantomeno minacciata)” (così in Cass., Sez. 3, n. 3812 del 08/02/2023, Rv. 667177 – 01).

7. La Corte costituzionale si è espressa sulla legittimità del citato art. 3-bis D.L. cit. sostenendo che eventuali modifiche al sistema in esso previsto spetterebbero ad un intervento del Legislatore e che, pertanto, le questioni di incostituzionalità relative alla non impugnabilità diretta dell’estratto di ruolo al di fuori delle ipotesi da essa previste, sono inammissibili (Corte Cost., sentenza n. 190 del 17 ottobre 2023 nonché ordinanza n. 81 del 5 marzo 2024).

8. Ne consegue che il caso in esame, in cui non viene in rilievo alcuna delle ipotesi di azione “diretta” di cui alla seconda parte del comma 4-bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602 del 1973, rientra a pieno titolo nel divieto di impugnazione dell’estratto di ruolo con conseguente inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente per difetto di interesse all’impugnazione, che va dichiarato ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in accoglimento del primo motivo di ricorso.

9. In applicazione del principio della soccombenza, la società intimata dev’esser condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito.

 

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originario ricorso del contribuente.

Condanna la società contribuente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma il 13 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2024.

Allegati

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