RILEVATO CHE
– La CTP di Pescara accoglieva il ricorso proposto dalla DENSO EUROPE B.V. (società di diritto olandese, registrata in Italia ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972) avverso un avviso di accertamento, relativo ad IVA per l’anno d’imposta 2012, ritenuta dovuta in relazione a diverse fatture di vendita, emesse senza l’applicazione della predetta imposta, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, mediante il meccanismo dell’inversione contabile, nei confronti della Fiat Automobili Srbija DOO, in relazione a beni consegnati nel territorio italiano;
– l’accertamento era scaturito a seguito della presentazione di un’istanza di rimborso IVA, corredata da documentazione fra cui vi erano anche le fatture contestate;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate osservando, per quanto qui rileva, che:
– la società contribuente aveva sostenuto che la controparte commerciale, acquirente della merce fatturata, non era la Fiat Serbia, bensì la Fiat Italia (società residente e stabilita nel territorio italiano), che aveva assolto l’imposta tramite il meccanismo dell’inversione contabile e che le fatture contestate, prodotte a corredo di un’istanza di rimborso, non erano vere e proprie fatture, ma documenti ad uso interno, generati dal sistema informatico della contribuente, mai consegnate o spedite alla Fiat Serbia;
– le predette fatture non risultavano effettivamente mai consegnate o spedite alla Fiat Serbia, ancorchè registrate dalla società emittente, sicchè non potevano essere considerate fatture, in quanto l’art. 21, comma 1, ultima parte, del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede chiaramente che la fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente;
– tale circostanza non si era verificata, in quanto la Fiat Serbia, con dichiarazione prodotta in atti, ha escluso di essere la controparte commerciale di Denso, in relazione alle operazioni indicate nei documenti in contestazione, e che l’acquirente era la Fiat Italia;
– non avendo la Denso “emesso” le suindicate fatture, non aveva neppure l’onere di emettere una nota di credito, che presuppone il loro utilizzo da parte del cessionario o committente;
– nei documenti di trasporto riferiti alle fatture emesse nei confronti della Fiat Italia, peraltro, si indicava quale luogo di consegna della merce uno stabilimento della Fiat Group Automobilies Spa, che viene indicato anche quale società destinataria della stessa, per cui l’indicazione nello stesso documento della Fiat Serbia costituiva un mero errore materiale nella sua compilazione;
– gli importi delle fatture trovavano poi riconciliazione nelle registrazioni contabili e nelle disposizioni di pagamento effettuate da Fiat Italia in favore della società Denso che non risultava avere effettuato altre cessioni nei confronti della società serba;
– l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
– la DENSO EUROPE B.V. resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, l’Agenzia denuncia nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per motivazione omessa, apodittica, apparente e comunque contraddittoria, per non avere la CTR considerato gli elementi offerti dall’Ufficio e per avere valorizzato quanto dichiarato da una società appartenente allo stesso gruppo (Fiat Serbia), sebbene la contribuente non avesse depositato i registri IVA della Fiat Serbia per provare che si trattava di fatture mai ricevute, ma utilizzate dalla contribuente per chiedere il rimborso dell’imposta; aggiunge che la contribuente non aveva mai emesso le note di variazione per rimediare all’asserito errore;
– il motivo è infondato;
– è stato più volte affermato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
– la motivazione della sentenza impugnata, a prescindere dalla sua correttezza o meno, non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto spiega le ragioni per le quali le fatture contestate si dovevano considerare emesse per mero errore, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
– con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 D.P.R. n. 322/1998, 17, commi 2 e 3, 21, 25, 26 D.P.R. n. 633/1972, 2697 e 2735 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel disconoscere ai documenti contestati il valore di fatture, solo sulla base di una dichiarazione resa dalla destinataria delle stesse, facente parte dello stesso gruppo, sebbene la contribuente le avesse registrate, non le avesse mai annullate e le avesse poste a fondamento di una richiesta di rimborso dell’IVA, puntualmente liquidata dall’Ufficio, essendo irrilevante l’ulteriore prova che la Fiat Serbia avesse ricevuto tali fatture; rileva poi che la modalità di definizione degli obblighi IVA a mezzo di inversione contabile trova applicazione solo per le cessioni/prestazioni effettuate nei confronti di “soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato” e non quando detta cessione o prestazione territorialmente rilevante sia effettuata da un soggetto passivo privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di cessionario/committente stabilito fuori del territorio dello Stato, ovvero che non può essere qualificato come soggetto passivo ai sensi dell’art. 7-ter, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972; precisa che la prova dell’errore e, quindi, del diritto al rimborso dell’IVA a mezzo di inversione contabile gravava sulla contribuente ed era stata dalla stessa fornita mediante una dichiarazione resa da Fiat Serbia, avente valore solo indiziario e priva di valore oggettivo, in quanto proveniente da società facente parte dello stesso gruppo;
– il motivo è inammissibile, perché denuncia solo apparentemente una violazione di norme di legge, ma in realtà mira alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 4/07/2017), prospettando nel ricorso non l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito (ex multis, Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
– la CTR ha accertato, sulla base delle risultanze probatorie acquisite in atti (costituite non solo dalla dichiarazione del legale rappresentante della Fiat Serbia, ma anche dai documenti di trasporto, dalle evidenze contabili e dalle disposizioni di pagamento tramite circuito bancario), che i documenti contestati non erano stati mai utilizzati come fatture, essendo stati formati erroneamente dal sistema informatico e rimasti ad uso interno, mentre le fatture corrette erano quelle emesse dalla contribuente nei confronti della Fiat Italia, mediante il meccanismo dell’inversione contabile di cui all’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972;
– in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.900,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 giugno 2025.
Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2025.
