FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate e del territorio impugna per cassazione, con tre motivi, la sentenza della CTR in epigrafe che, confermando la decisione della CTP di Messina, accoglieva parzialmente il ricorso di Seacode Srl avverso l’avviso di accertamento emesso in base agli studi di settore, rideterminando il maggior reddito d’impresa in Euro 31.709,60 ai fini Ires, Irap e Iva per l’anno 2006.
La società è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., violazione e/o falsa interpretazione degli artt. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, 132, comma 2, n. 4, cod. civ. e 112 cod. proc. civ. per aver la CTR reso una motivazione meramente apparente, in lesione altresì del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2. Il motivo è infondato, al limite dell’inammissibile.
La CTR, infatti, nel prendere specifica posizione sulle ragioni dell’appello dell’Ufficio, sottolineandone la genericità, oltre a richiamare i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26635 del 18/12/2009, si è espressamente riportata alla decisione di primo grado che ha condiviso, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, con proprie autonome considerazioni affermando che “proprio in riferimento alla fase del contraddittorio, le argomentazioni della sentenza appellata, centrate sulla non esaustiva valutazione delle ragioni avanzate dalla società, …, mantengono inalterata, a fronte della genericità dei motivi d’appello, la propria validità ai fini di fondare un legittimo accertamento nell’individuata, nonché ragionevole, misura comunque superiore (del 30%) ai ricavi dichiarati”.
La motivazione, dunque, pur sintetica, risulta indubbiamente comprensibile nel suo iter argomentativo, evidenziando che la ripresa dell’Ufficio non aveva adeguatamente considerato le ragioni dedotte dalla parte, la cui corretta valutazione comportava, invece, un ridimensionamento della pretesa.
La doglianza, dunque, oltre ad essere carente per specificità, posto che non richiama né contesta la sentenza di primo grado che, per l’espresso richiamo, costituisce parte integrante della decisione d’appello, mira in realtà a contestare l’adeguatezza della motivazione in vista di un riesame nel merito non consentito in sede di legittimità.
È invece inammissibile la denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non ponendosi, neppure in astratto, una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, D.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 62 bis D.L. n. 331 del 1993, conv. dalla legge n. 427 del 1993 in relazione alla manifesta antieconomicità della conduzione aziendale e alla conseguente rideterminazione dei ricavi nell’accertamento.
Denuncia, inoltre, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc, civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
4. Le doglianze sono inammissibili.
4.1. Sotto la denunciata violazione di legge sostanziale, infatti, il motivo contesta la valutazione di merito operata dal giudice d’appello che ha ritenuto la pretesa fondata nei limiti riconosciuti dalla CTP.
Pure tale censura è carente di specificità posto che, parimenti, non richiama né contesta la sentenza di primo grado, la cui motivazione è richiamata esplicitamente dalla CTR e, dunque, costituisce parte integrante della decisione d’appello, da cui la necessità di una sua esatta riproduzione e contestazione.
Né, in evidenza, sussistono i presupposti della denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. avendo la CTR deciso su tutta la domanda e sui motivi dell’appello, oggetto di specifica valutazione (“genericità dei motivi d’appello”), risolvendosi anche tale censura in una contestazione sull’adeguatezza e sufficienza della motivazione.
5. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 ovvero n. 4 cod. proc. civ, violazione e falsa applicazione dell’art. 113 cod. proc. civ. per aver rideterminato il reddito d’impresa in via equitativa.
5.1. Il motivo è infondato.
La determinazione operata dalla CTR non ha natura equitativa ma è stata operata alla luce del complesso degli elementi acquisiti in giudizio e della stessa statuizione e analisi svolta dalla CTP, come risulta, del resto, dal percorso argomentativo per cui la determinazione superiore del 30% ai ricavi dichiarati risulta una misura “ragionevole”, ossia fondata su elemento obbiettivi, valutati secondo il parametro di discrezionalità spettante al giudice di merito, e non equitativa.
6. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, l’8 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 4 settembre 2025.
