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Cassazione civile sez. trib., 04/08/2025, n. 22444

Massima

In materia di notifica della cartella di pagamento, qualora l’atto sia stato consegnato a un familiare convivente, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lettera b) bis del D.P.R. n. 600/73, non è richiesta una raccomandata con avviso di ricevimento per la comunicazione informativa, ma è sufficiente una raccomandata semplice, in quanto le norme e la giurisprudenza sull’irreperibilità relativa (art. 140 c.p.c.) sono inconferenti.

Supporto alla lettura

CARTELLA ESATTORIALE

La cartella esattoriale (o di pagamento) è un atto con il quale l’Agenzia delle Entrate ordina al contribuente il pagamento di un credito vantato da un Ente pubblico entro 60 giorni, decorso il quale potrà procedere ad esecuzione forzata. Si tratta di un documento con cui si fa valere un credito già esistente e, quindi, non ha un autonomo termine di prescrizione a cui riferirsi, infatti se si tratta di una cartella con cui viene ordinato il pagamento di un credito erariale si prescriverà in 10 anni; se si tratta del pagamento di una multa per violazione al Codice della Strada si prescriverà in 5 anni.

Quando si ritiene che la cartella sia illegittima, è possibile utilizzare 3 rimedi:

  • istanza per autotutela: richiesta che il contribuente rivolge direttamente all’Ente creditore illustrando le proprie ragioni e chiedendo l’annullamento del debito. Se la richiesta è fondata, l’Amministrazione provvede alla rimozione dell’atto. Non ci sono limiti procedurali o temporali, infatti l’istanza può essere presentata anche dopo che siano scaduti i termini per il ricorso, l’Amministrazione però ha la facoltà di non accettare le richieste del contribuente, in tal caso non ci sarà possibilità di impugnazione;
  • istanza di sospensione: proponibile solo in determinate ipotesi, e deve essere presentata esclusivamente al Concessionario della riscossione (non all’Ente) entro il termine tassativo di 60 giorni dalla notifica dell’atto, sarà poi l’Ente impositore a rispondere. La risposta potrà essere di accoglimento o di rigetto, ma finchè l’ente non risponde la riscossione rimane sospesa. Nel caso in cui la risposta non arriva entro 220 giorni il debito è annullato di diritto.
  • ricorso all’autorità giudiziaria: bisogna distinguere a seconda della natura del credito e del vizio che si vuole far valere: se si tratta di crediti tributari, l’opposizione va proposta dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni; se si tratta di crediti non tributari e si vuole contestare il merito della pretesa bisogna distinguere tra crediti per sanzioni amministrative (opposizione proposta dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale entro 30 giorni dalla notifica della cartella), crediti di natura previdenziale (opposizione proposta dinanza al Tribunale in funzione del Giudice del Lavoro entro 40 giorni dalla notifica della cartella); se si tratta di crediti non tributari e si vuole fa valere l’estinzione del debito per cause sopravvenute, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c; se si vogliono contestare vizi formali dell’atto, a prescindere dalla natura del credito, l’opposizione va proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica al Tribunale in funzione di Giudice dell’Esecuzione del luogo dove risiede il ricorrente.

Tali rimedi non sono alternativi, nel senso che la scelta di uno non esclude la possibilità di utilizzarne anche un altro.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. Ca.Ma. ha impugnato con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Sicilia, sez. distaccata di Catania, in parziale accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza n. 2445/10/2015 della C.T.P. di Catania, annullava le cartelle di pagamento n. (Omissis) e n. (Omissis) ed ordinava al Conservatore dei registri dei beni mobili registrati di ridurre il fermo amministrativo impugnato, ove trascritto, con riferimento alle sottostanti due suindicate cartelle di pagamento, nonché a quelle aventi numeri finali 022, 280, 624, 215, 368 e 172, quest’ultima nei limiti del provvedimento di sgravio già notificato. Confermava nel resto la sentenza di primo grado e compensava le spese di entrambi i gradi.

2. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

3. L’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.

4. È stata fissata l’udienza camerale del 22.5.2025, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo – rubricato “violazione e falsa applicazione degli art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 e 60, comma 1, lettera b) bis del D.P.R. n. 600/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..” – il ricorrente assume che la C.T.R. ha errato nel ritenere validamente notificata la cartella di pagamento n. 29320080089668429, consegnata a familiare convivente, nonostante l’assenza di prova dell’invio della raccomandata informativa.

Secondo il Cavallaro, in relazione alla predetta cartella, l’Agenzia delle Entrate Riscossione aveva prodotto solo la relata di notifica ed un certificato di residenza e non anche la ricevuta di spedizione e l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa, adempimenti ritenuti necessari da consolidata giurisprudenza. Precisa, al riguardo, lo stesso ricorrente che “Già in sede di appello si è messo in evidenza che in seguito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale (Corte cost. Sentenza 22-11- 2012 n. 258) della norma (art. 60 D.P.R. 600/1973), secondo cui la notificazione della cartella di pagamento nei casi di irreperibilità “relativa” si esegue con le modalità stabilite per l’atto tributario nei casi di irreperibilità “assoluta”, l’agente della notificazione della cartella di pagamento, se non sia possibile eseguire la consegna di tale atto per irreperibilità “relativa”, non potrà più limitarsi ad affiggere l’avviso di deposito nell’albo del Comune e neppure più basterà che lo stesso invii al destinatario una raccomandata a.r. (nei limiti peraltro infra ripetuti) per informarlo di ciò, restando viceversa onerato di provvedere a tutte le formalità previste dall’art. 140 c.p.c., ivi compreso l’invio ad esso contribuente della notizia di aver effettuato gli adempimenti di rito per raccomandata con avviso di ricevimento.” .

2. Il motivo è infondato.

2.1. In primo luogo, risulta inconferente il richiamo delle norme che disciplinano la notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e della correlata giurisprudenza in tema di irreperibilità relativa, dal momento che nel caso di specie l’atto è stato consegnato a persona di famiglia, per come pacificamente risultante dagli atti.

A tal riguardo, va ricordato che l’art. 60, comma 1, lettera b) bis del D.P.R. n. 600/73, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, non prevede la raccomandata con avviso di ricevimento. Per tale comunicazione è, dunque, sufficiente l’utilizzo della raccomandata semplice, senza necessità dell’avviso di ricevimento, in ragione della ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, essendo stato consegnato a soggetti (familiari, addetti alla casa, portiere, dipendenti) che hanno con lo stesso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a tale fine (Cass. n. 2377/2022; Cass. n. 2229/2020; Cass., Sez. U, n. 18992/2017).

2.2. La C.T.R., nel confermare sul punto la sentenza della C.T.P., che aveva ritenuto regolare la notifica della cartella di pagamento in questione, non ha affermato che la prova della spedizione della raccomandata informativa si evinceva (solo) dall’attestazione contenuta nella relata di notifica, ma (anche) dalla “documentazione versata in atti”, che il ricorrente asserisce consistere nella relata di notifica e in un certificato di residenza. Nella sentenza qui impugnata si legge, però, che la cartella impugnata era stata “regolarmente notificata al contribuente in data 10.10.2008 mediante consegna alla moglie convivente ed invio in data 14.10.2008 della raccomandata informativa al destinatario, come risulta dalla documentazione versata in atti.”

2.3. Ritiene il collegio che l’attestazione, da parte dell’agente notificatore, di avvenuta spedizione, in data 14.10.2008, della raccomandata informativa, contenuta nella stessa relata di notifica (riprodotta in ricorso), ove è indicato l’indirizzo di residenza del destinatario, corrispondente, per come incontestato, a quello indicato nel certificato di residenza, deve considerarsi facente fede fino a querela di falso, nella specie pacificamente mai presentata, ragion per cui deve ritenersi, per l’appunto, legittimamente accertata la circostanza dell’avvenuta spedizione della raccomandata informativa prescritta dall’art. 60, comma 1, lettera b) bis del D.P.R. 600/73 al destinatario dell’atto, presso un luogo a lui riferibile.

In tali termini va, pertanto, integrata la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., palesandosi il dispositivo conforme a diritto.

3. Il ricorso va, in definitiva, respinto.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo a favore della sola Agenzia delle entrate, ritualmente costituitasi con controricorso, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese con riguardo al rapporto processuale instauratosi tra il ricorrente e l’ADER, essendo quest’ultima rimasta solo intimata.

5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate, che si liquidano in Euro 4.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 maggio 2025.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2025.

Allegati

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