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Cassazione civile sez. trib., 04/02/2025, n. 2655

Massima

Nel giudizio di cassazione, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente l’onere di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui si fonda il motivo di impugnazione, riassumendone il contenuto o trascrivendone i passaggi essenziali, nonché di fornire un riferimento idoneo a identificarne la produzione nel processo di merito, pena la dichiarazione di inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza. La mancata osservanza di tale onere preclude alla Corte di Cassazione la verifica della fondatezza della censura basandosi unicamente sulla lettura del ricorso.

Supporto alla lettura

RICORSO PER CASSAZIONE

Il ricorso per cassazione (artt. 360 e ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ordinario che consente di impugnare le sentenze pronunciate in unico grado o in grado d’appello, ma solo per errori di diritto, non essendo possibile dinanzi alla Suprema Corte valutare nuovamente il merito della controversia come in appello. Di solito è ammessa solo la fase rescindente in quanto il giudizio verte sull’accertamento del vizio e sulla sua eventuale cassazione, il giudizio rescissorio spetta al giudice di rinvio. Solo nel caso in cui non dovessero risultare necessari ulteriori accertamenti in cassazione, avvengono entrambi i giudizi.

La sua proposizione avviene nel termine (perentorio) di 60 giorni (c.d. termine breve), è previsto un ulteriore termine (c.d. lungo) che scade 6 mesi dopo la pubblicazione della sentenza.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso l’art. 360 c.p.c dispone che le sentenze possono essere impugnate:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione,
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
  • per nullità della sentenza o del procedimento;
  • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Inoltre può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale se le parti sono d’accordo per omettere l’appello (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.), mentre non sono immediatamente impugnabili per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio, in questo caso il ricorso può essere proposto senza necessità di riserva quando sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

Il ricorso per cassazione è inammissibile (art. 360 bis c.p.c) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, oppure quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

A pena di inammissibilità sono previsiti determinati requisiti di forma:

  • la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale;
  • l’indicazione delle parti;
  • l’illustrazione sommaria dei fatti di causa;
  • l’indicazione della procura se conferita con atto separato e dell’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio;
  • l’indicazione degli atti processuali, dei contratti o accordi collettivi o dei documenti sui quali si fonda il ricorso;
  • i motivi del ricorso con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.

Il ricorso va depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notifica fatta alle parti contro le quali è proposto.

Chi intende resistere al ricorso per cassazione può depositare controricorso e deve essere fatto entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso, insieme agli atti e ai documenti, e con la procura speciale se conferita con atto separato.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE:

1. L’Agenzia delle entrate di Bari notificava alla “(omissis) E C. Spa” (d’ora in avanti, per brevità, solo (omissis)) l’avviso di accertamento n. (omissis), con il quale rettificava la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2006, accertando maggiore reddito ai fini IVA, IRES ed IRAP.

L’avviso scaturiva da un PVC redatto dalla Guardia di Finanza, nel quale veniva contestata la sottofatturazione, in occasione di 53 permute, dei veicoli nuovi venduti dalla società in cambio di veicoli usati, sottofatturando di un corrispondente minor valore l’acquisto del veicolo usato. I veicoli ricevuti in permuta erano stati, poi, rivenduti ad una società con sede in Montenegro al valore della permuta, ritenuto incongruo dall’Ufficio sulla base delle valutazioni Eurotax.

La società contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, deducendo che le presunte discordanze riguardavano solo 2 delle 53 permute e che l’accertamento analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, doveva ritenersi illegittimo in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti.

La CTP accoglieva il ricorso poiché i fogli manoscritti rinvenuti dai verificatori (sui quali si basava la ripresa fiscale) riguardavano solo 2 transazioni, per importi irrisori rispetto al volume di affari della società, e la discordanza tra le valutazioni dell’usato e quelle riportate da Eurotax non poteva fondare l’accertamento, in quanto priva delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza.

2. L’Ufficio interponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, eccependo: a) l’errata ricostruzione della fattispecie accertativa, non basata su un accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, bensì su un accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, cit.; b) la violazione del detto art. 39 avendo la CTP escluso qualsiasi rilevanza alla documentazione extracontabile rinvenuta presso la sede sociale.

La contribuente si costituiva eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità del gravame in quanto consegnato all’Ufficio postale il 17 aprile 2015, ovvero dopo la scadenza (16 aprile 2015) del termine di 6 mesi dal deposito della sentenza (16 ottobre 2014); nel merito, contestava l’avverso gravame.

La CTR confermava la decisione di merito del giudice di prossimità, condividendo la valutazione, in termini di illegittimità, dell’accertamento operato, e dichiarava, altresì, inammissibile perché tardivo l’appello (consegnato all’Ufficio postale il 17 aprile 2015, oltre il termine di 6 mesi che veniva a scadenza il 16 aprile 2015).

3. L’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. La società contribuente resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dei motivi di ricorso sotto plurimi aspetti.

È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 16/01/2025.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ.

 

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, D.P.R. n. 600/1973, per non avere la CTR ritenuto che anche un singolo elemento indiziario (nella specie, il rinvenimento di documentazione extracontabile), nella prospettiva della citata norma, è idoneo a fornire una presunzione grave e precisa.

La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del motivo sotto plurimi profili: a) perché generico, non contenendo a1) l’indicazione delle parti della sentenza in cui sarebbe stata violata la normativa indicata, né a2) l’accenno alle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni richiamate; b) per difetto di autosufficienza.

2. Con il secondo motivo, anch’esso proposto in relazione all’art. 360, secondo comma, cod. proc. civ., l’Ufficio denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 137 e ss. del codice di rito e del principio di anticipazione degli effetti della notifica, per avere la CTR dichiarato la tardività dell’appello, nonostante il ricorso fosse stato consegnato all’Ufficio postale il 15 aprile 2015 (entro il termine di 6 mesi decorrente dal deposito della sentenza di primo grado). “Tale circostanza può essere agevolmente desunta dall’esame delle ricevute di consegna della raccomandata a.r.” (pag. 12 del ricorso).

La controricorrente eccepisce l’inammissibilità anche di questo motivo sotto plurimi profili: a) per l’erronea sussunzione sotto il numero 3 del comma primo dell’art. 360 del cod. proc. civ., della violazione dell’art. 137 cod. proc. civ., norma processuale, da denunciare quindi ex n. 4 della citata norma; b) perché generico, non contenendo b1) l’indicazione delle parti della sentenza in cui sarebbe stata violata la normativa indicata, né b2) l’accenno alle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni richiamate; c) per difetto di autosufficienza.

3. Orbene, la Corte preliminarmente osserva che la decisione della CTR è sorretta da due autonome rationes decidendi avendo il giudice di secondo grado: a) dichiarato infondato nel merito il gravame proposto dall’Ufficio; b) dichiarato inammissibile il gravame perché tardivo.

La prima ratio decidendi (sub a) viene attaccata dal primo motivo di ricorso, l’altra (sub b) dal secondo motivo.

È noto che, stante l’autonomia delle dette rationes, il rigetto anche solo di uno dei motivi di ricorso in esame rende inammissibile l’altro per difetto di interesse. Questa Corte costantemente afferma che “nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggono. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato” (Cass. Sez. U. 08/08/2005, n. 16602; conf. Cass. 18/04/2019, n. 10815 e Cass. 06/07/2020, n. 13880).

4. Ciò posto, in ossequio al principio della ragione più liquida può essere esaminato prima il secondo motivo di ricorso, relativo alla tempestività dell’appello.

4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6) cod. proc. civ. Invero, la ricorrente non ha indicato in quale segmento temporale del grado di appello avrebbe depositato le ricevute di consegna della raccomandata a.r. comprovanti la tempestività dell’appello.

4.1.1. Il sostrato normativo del ricorso per cassazione risiede nell’esposizione sommaria dei fatti di causa e nella specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali esso si fonda, che l’art. 366, comma 1, cod. proc. civ., richiede a ‘pena di inammissibilità’, rispettivamente ai nn. 3) e 6) (in sinergia con il principio di specificità dei motivi veicolato dal n. 4), e il cui rispetto comporta che dalla sola lettura dell’atto, corredato da puntuali riferimenti normativi e documentali, il Giudice di legittimità deve essere posto in grado di comprendere le critiche rivolte alla pronuncia del Giudice di merito, per poterne poi valutare la fondatezza (Cass. 19/04/2022, n. 12481).

4.1.2. Il formante normativo, giurisprudenziale e convenzionale segnala che il ricorso è “autosufficiente”, e quindi ammissibile, quando: i) i motivi rispondono ai criteri di specificità previsti dal codice di rito; ii) ogni motivo indica, se del caso, l’atto, il documento, il contratto o accordo collettivo su cui si fonda e i riferimenti topografici (pagine, paragrafi o righe) dei brani citati; iii) ogni motivo indica la fase processuale in cui il documento o l’atto è stato creato o prodotto; iv) il ricorso è accompagnato da un fascicoletto che contiene, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., gli atti, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi cui si fa riferimento nel ricorso.

4.1.3. La perimetrazione del concetto di “autosufficienza” risale alla sentenza di questa Corte n. 5656 del 1986, ove si affermò che il controllo di legittimità dovesse essere effettuato esclusivamente sulla base degli argomenti contenuti nel ricorso e che il giudice di legittimità non potesse ritenersi obbligato a ricercare nei fascicoli di merito gli atti e i documenti rilevanti. Successivamente la nozione venne affinata, individuandosene la ratio nel consentire alla Suprema Corte di comprendere la portata delle censure con il ricorso, senza esaminare altri atti o documenti (Cass. n. 9712/2003 e Cass. n. 6225/2005) e, specularmente, di investirla del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti correttamente indicati (Cass. Sez. U., n. 8077/2012).

Il principio dell’autosufficienza, sorto con riferimento ai vizi motivazionali, fu esteso agli errores in iudicando e in procedendo (Cass. n. 8013/1998, Cass. n. 4717/2000, Cass. n. 6502/2001, Cass. n. 3158/2002, Cass. n. 9734/2004, Cass. n. 6225/2005 e Cass. n. 2560/2007) e venne mantenuto anche dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 40/2006, specificandosi che l'”indicazione” dei documenti pertinenti potesse alternativamente avvenire riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, o, se necessario, trascrivendoli integralmente (Cass. n. 4823/2009, Cass. n. 16628/2009 e Cass. n. 1716/2012); con particolare riferimento all’onere di deposito ex art. 369, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., si ritenne sufficiente che il documento citato nel ricorso fosse accompagnato da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui esso era stato prodotto, ferma, in ogni caso, l’esigenza della specifica indicazione richiesta a pena di inammissibilità dall’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (ex multis, Cass. Sez. U. n. 22726/2011).

4.1.4. Preme rilevare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha confermato la compatibilità del requisito della cd. autosufficienza del ricorso con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, a norma del quale “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…)” – purché, secondo il criterio di proporzionalità, non si trasmodi in un “formalismo eccessivo” – anche alla luce della sua pregressa giurisprudenza in materia di accesso in tema di “limitazioni del diritto di accesso a una giurisdizione superiore”, e in particolare alla Corte di cassazione, in ragione delle peculiarità del relativo procedimento (v. sentenze 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia; 27 giugno 2017, Sturm c. Lussemburgo; 18 ottobre 2016, Miessen c. Belgio; 15 settembre 2016, Trevisanato c. Italia; 2 giugno 2016, Papaioannou c. Grecia).

Invero, con la sentenza del 28 ottobre 2021 (Succi ed altri c. Italia) la Corte di Strasburgo ha concluso che le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione – e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza – perseguono uno scopo legittimo, segnatamente quello di “agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)” e dunque, in ultima analisi, “la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia” (par. 73 – 75). I giudici europei hanno così fornito una giustificazione “sistematica” del principio di autosufficienza, in quanto funzionale al ruolo che deve assolvere una corte suprema, avendo del resto più volte affermato che le condizioni di ammissibilità di un ricorso per cassazione possono essere anche più rigorose di quelle di un appello (par. 79).

Quanto alla “proporzionalità” delle conseguenze delle restrizioni dell’accesso al giudice di legittimità, la Corte Edu, dopo aver ribadito che “il principio di autosufficienza permette alla Corte di cassazione di circoscrivere il contenuto delle doglianze formulate e la portata della valutazione che le viene richiesta alla sola lettura del ricorso, e garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili” (par. 78) ha proceduto allo scrutinio dei tre ricorsi (riuniti), che erano stati dichiarati inammissibili da questa Corte, portati al suo vaglio.

In particolare, per quanto rileva in questa sede, analizzando il ricorso n. 37781/13 (in cui si era osservato che “il ricorrente si era limitato a menzionare, nei suoi motivi di ricorso, i documenti del procedimento sul merito senza presentarne le parti pertinenti e senza indicare i riferimenti necessari per ritrovarli nel fascicolo allegato al ricorso per cassazione”), i Giudici europei hanno evidenziato che “il ricorso per cassazione del ricorrente ometteva anche, in varie parti, di indicare i riferimenti delle fonti scritte invocate o dei passaggi della sentenza della corte d’appello citati” (par. 102), osservando che, secondo la propria giurisprudenza, “i motivi di ricorso per cassazione che rinviano ad atti o a documenti del procedimento del merito devono indicare sia le parti del testo in contestazione che l’interessato ritiene pertinenti, che i riferimenti ai documenti originali inseriti nei fascicoli depositati, allo scopo di permettere al giudice di legittimità di verificarne tempestivamente la portata e il contenuto, salvaguardando le risorse disponibili” (par. 103).

Pertanto, “tenuto conto della particolarità del procedimento per cassazione, del processo complessivamente condotto e del ruolo che ha svolto la Corte di cassazione nell’ambito di quest’ultimo (sent. 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia), nonché del contenuto dell’obbligo specifico che il difensore del ricorrente era tenuto a rispettare nel caso di specie (in particolare indicare, per ciascuna citazione di un’altra fonte scritta, il riferimento al documento depositato con il ricorso per cassazione)”, la Corte Edu ha concluso che la decisione di inammissibilità della Corte di Cassazione “non possa essere considerata un’interpretazione troppo formalistica che avrebbe impedito l’esame del ricorso per cassazione dell’interessato” (par. 105), con conseguente assenza di una violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU (par. 106).

4.1.5. In definitiva, l’onere previsto dalla norma in commento – tra l’altro ribadito ed aggravato dalla riforma Cartabia mediante l’inserimento della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli atti processuali e dei documenti (ex art. 3, comma 27, D.Lgs. n. 149/2022, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a partire dal 1 gennaio 2023) – interpretato anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU appena richiamata, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fondi, non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali, o comunque non fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. 14/04/2022, n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).

4.1.6. Nella specie, l’Ufficio fonda il motivo sulla asserita tempestività dell’appello per essere stato consegnato all’Ufficio postale il 15 aprile 2015, circostanza evincibile ‘agevolmente’ dalle ricevute di consegna, non solo senza indicare quando sarebbero state depositate innanzi alla CTR, ma anche senza allegare le stesse al ricorso per cassazione (nulla, invero, risulta nel fascicolo cartaceo, né nel fascicolo telematico).

4.2. Il motivo è, comunque, infondato.

E’ noto che a fronte della contestazione, da parte dell’appellato, della tempestività del gravame, incombe sull’appellante l’onere di aver proposto il ricorso nel rispetto del termine di legge.

Nella specie il detto onere, come argomentato poc’anzi, non può ritenersi assolto dall’Ufficio, in difetto del deposito della documentazione (ricevute di consegna dell’appello) atta a dimostrare la tempestività dell’appello.

Per tutto quanto esposto il secondo motivo va rigettato, con l’assorbimento del primo in virtù della giurisprudenza sopra richiamata.

5. Il ricorso va, per tutto quanto esposto, rigettato.

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione agli avvocati (omissis) e (omissis), dichiaratisi antistatari.

Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, al pagamento, in favore della “(omissis) E C. Spa in liquidazione”, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, oltre rimb. spese forf. nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori di legge, con attribuzione agli avvocati (omissis) e (omissis), dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma il 16 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2025.

Allegati

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