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Cassazione civile sez. trib., 04/02/2025, n. 2643

Massima

In tema di omessa dichiarazione di capitali detenuti all’estero in paesi a fiscalità privilegiata, il raddoppio dei termini di accertamento e irrogazione delle sanzioni previsto dall’art. 12, commi 2-bis e 2-ter, del Dl n. 78 del 2009 ha natura procedimentale e si applica retroattivamente, diversamente dalla presunzione di evasione di cui al comma 2 del medesimo articolo, qualificata come sostanziale e non retroattiva.

Supporto alla lettura

PARADISO FISCALE

Con il termine paradiso fiscale ci si riferisce a una giurisdizione o un paese che offre condizioni fiscali vantaggiose e facilità normative per individui e società che cercano di minimizzare l’imposizione fiscale o nascondere i propri redditi e patrimoni.

Uno Stato definito tale, garantisce un prelievo fiscale basso o nullo in termini di imposta sui redditi e sul capital gain derivante dagli investimenti finanziari. Si tratta di una giurisdizione che consente di evadere le tasse e di scavalcare le leggi e le normative di un altro Paese.

Caratteristiche principali sono:

  • la segretezza (intesa come non diffusione a stati terzi dei propri dati finanziari);
  • l’accessibilità (facilità di gestire il proprio patrimonio).

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate notificava 13.8.2015 (ric., p. 4) a (omissis) l’atto di contestazione n. (omissis), irrogando sanzioni per l’omessa indicazione del possesso di capitali detenuti all’estero, in Paese dalla fiscalità privilegiata (Svizzera), nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, con riferimento all’anno 2005.

2. Il contribuente proponeva impugnazione avverso l’atto sanzionatorio, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, introducendo plurime censure procedimentali e di merito. La CTP valutava infondate le difese proposte dal ricorrente reputando, per quanto d’interesse in questa sede, legittima l’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento.

3. (omissis) spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rinnovando i propri argomenti. La CTR riteneva fondata la contestazione proposta dal contribuente in relazione al raddoppio dei termini di accertamento, da reputarsi non legittima. In conseguenza annullava l’atto sanzionatorio.

4. Avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad uno strumento di impugnazione. Il contribuente ha ricevuto la notificazione del ricorso, presso il suo difensore costituito in grado di appello, il 27.1.2020 (il 25.1.2020, giorno di scadenza del termine, era sabato), ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.

4.1. Il Pubblico Ministero, in persona del s. Procuratore Generale (omissis), ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, con le quali ha domandato di accogliere il ricorso.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 12, comma 2 bis (ma 2 ter), del Dl n. 78 del 2009, come conv., per avere la CTR erroneamente ritenuto che nella fattispecie non operasse il raddoppio dei termini di accertamento, ed avere per questo solo motivo annullato l’atto sanzionatolo.

2. Osserva in proposito il giudice dell’appello che la Suprema Corte ha chiarito che la disposizione da cui dipende il raddoppio dei termini di accertamento invocato dall’Agenzia delle Entrate, l’art. 12, comma 2, del Dl n. 78 del 2009, ha natura sostanziale, e perciò non si applica retroattivamente, con la conseguenza che quando ha notificato l’atto sanzionatorio l’Ente impositore era decaduto dalla potestà di esercitare la pretesa tributaria.

2.1. Può allora ricordarsi che l’art. 12, comma 2 ter, del Dl n. 78 del 2009, come conv., dispone “2-ter. Per le violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472” che attengono alla contestazione ed irrogazione delle sanzioni, “sono raddoppiati”.

3. Questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di chiarire, proponendo un orientamento interpretativo condivisibile e consolidato, che “la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha natura procedimentale ma (sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1 luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2″, Cass. sez. V, 14.11.2019, n. 29632 (evidenza aggiunta, conf. Cass. sez. VI-V, 28.11.2018, n. 30742); e si è di recente ribadito, come segnalato dal P.M. nelle sue conclusioni scritte, che “hanno invece natura procedimentale, e non sostanziale, e soggiacciono perciò al principio tempus regit actum, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 10 luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2 (da ultimo, Cass., Sez. 5, ordinanza n. 17928 del 23/06/2021, non massimata sul punto; Cass., Sez. 5, sentenza n. 29632 del 14/11/2019, rv. 655916-01)”, Cass. sez. V, 12.6.2024, n. 16314.

4. Il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria risulta pertanto fondato e deve perciò essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché proceda a nuovo esame.

La Corte di Cassazione,

 

P.Q.M.

accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a rinnovare il giudizio, provvedendo anche a regolare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2025.

Allegati

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