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Cassazione civile sez. trib., 03/04/2024, n. 8777

Massima

In tema di imposta di registro, la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, poiché produce l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento.

Supporto alla lettura

IMPOSTE

Si tratta di quel tributo che colpisce tutti i contribuenti mediante un prelievo coattivo da parte dello Stato utilizzato per finanziare i servizi pubblici fruibili dalla collettività (es. sanità, istruzione o difesa). La differenza con le tasse sta nel fatto che queste sono direttamente collegate all’utilizzo di un servizio specifico e, quindi, vengono pagate per beneficiare di un servizio.

Le imposte si dividono in:

– dirette: gravano direttamente sul reddito o sul patrimonio delle persone fisiche e giuridiche, nel senso che vengono calcolate in base alla capacità contribuitva del soggetto, ovvero alla sua abilità di generare reddito o possedere beni, sono quindi collegate in modo diretto alla situazione economica del contribuente. Le principali imposte dirette sono:

  • IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche): colpisce il reddito complessivo generato dalle persone fisiche e sui soci delle società di persone (SAS o SNC).
  • IRES (Imposta sul Reddito delle Società): grava sul reddito delle società (SRL).
  • IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive): colpisce i redditi prodotti nell’esercizio di imprese.

– indirette: vengono applicate a transazioni commerciali, beni e servizi, sono infatti generalmente incluse nel prezzo dei beni e dei servizi acquistati dai consumatori e vengono riscosse dai venditori al momento della vendita, per poi essere versate allo Stato, colpiscono, cioè, il consumo o la spesa del contribuente. Questo tipo di imposte sono c.d. regressive, nel senso che essendo un costo fisso aggiunto al prezzo del bene o servizio, colpiscono in modo più incisivo i gruppi a reddito più basso in quanto l’importo dei tributi indiretti non varia in base al reddito o alla ricchezza del consumatore. Le principali imposte indirette sono:

  • IVA (Imposta sul valore aggiunto): colpisce i beni o i servizi acquistati o scambiati.
  • Accise: colpiscono specifici beni di consumo (es. tabacchi, alcolici, benzina e carburanti).
  • Imposta di bollo: si versa per la stipula di atti, documenti e scritture private.
  • Imposta di registro: colpisce tutti gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di proprietà di beni immobili o diritti reali.

Le imprese sono soggette a entrambe le tipologie di imposte, ma le imposte dirette possono avere un impatto più significativo sul loro bilancio, influenzando non solo i profitti netti ma anche le decisioni strategiche riguardo agli investimenti e alla crescita.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 1132/1/2017, depositata il 28 marzo 2017, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello proposto dalla parte, odierna ricorrente, avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso in relazione alla registrazione di sentenza del Tribunale di Bologna che recava accoglimento di revocatoria fallimentare proposta dalla @1Le@ industriale Spa, in amministrazione straordinaria.

1.1 – Il giudice del gravame ha rilevato che, secondo dicta della giurisprudenza di legittimità, la “sentenza di revocatoria fallimentare dichiara la “mera inefficacia dell’atto” … nei confronti della procedura fallimentare, realizzando un “trasferimento di ricchezza in favore del fallimento”, così che doveva trovare applicazione la disposizione di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8, lett. b), della tariffa allegata, parte prima (con conseguente tassazione dell’atto nella misura proporzionale del 3%); diversamente, pertanto, da quanto dedotto dall’appellante, nella fattispecie non ricorreva il presupposto di applicazione della tassazione in misura fissa di cui all’art. 8, lett. e), cit., in quanto detta disposizione – che rivestiva “carattere speciale rispetto alla regola generale contenuta nella lettera b) del citato art. 8” – doveva ascriversi alle ipotesi in cui si verificava la “…caducazione dell’atto impugnato”, vale a dire sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto”.

2. – La Banca Monte dei Paschi di Siena Spa ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. assumendo, in sintesi, che la gravata sentenza aveva omesso di pronunciare sulle “questioni” poste con l’atto di appello nel quale si era dedotto, per un verso, che la disposizione di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8, lett. e), della tariffa allegata, Parte prima, non poteva considerarsi speciale rispetto a quella contemplata dallo stesso art. 8, alla lett. b), e, per il restante, che all’ambito di applicazione della tassazione in misura fissa (art. 8, lett. e), cit.) doveva ascriversi ogni effetto restitutorio determinato dall’atto giudiziario sottoposto a tassazione di registro, pertanto (anche) quello conseguente – piuttosto che a nullità, annullamento o risoluzione del contratto – a “caducazione degli effetti dell’atto”, come, per l’appunto, nella fattispecie della revocatoria fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 70).

Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 70, ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8 della tariffa allegata, parte prima, riproponendo (così) la ricorrente le medesime questioni interpretative già dedotte a fondamento del primo motivo di ricorso;

– si assume, allora, che alla pronuncia giudiziale della revocatoria fallimentare deve ascriversi un contenuto restitutorio – di ripristino della situazione patrimoniale preesistente – secondo lo stesso dettato normativo (art. 70, cit.) e che, pertanto – una volta esclusa la specialità della disposizione di cui all’art. 8, lett. e), cit., rispetto a quella contemplata dal medesimo art. 8 alla lett. b), – alla prima di dette disposizioni deve essere ricondotta (anche) la fattispecie caducatoria che, nella revocatoria fallimentare, involge gli effetti dell’atto revocato; pronuncia, questa, nella quale la condanna “rappresenta … un elemento meramente dipendente dalla revoca e non in rapporto sinallagmatico con essa” e che, peraltro, determina – piuttosto che un trasferimento di ricchezza – “un recupero di somme temporaneo funzionale alla ripartizione in favore dello stesso soggetto che aveva effettuato la restituzione”.

2. – Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

2.1 – Com’è inequivoco secondo i contenuti decisori sopra ripercorsi, il giudice del gravame ha dato conto del gravame proposto dalla parte, odierna ricorrente, e lo ha disatteso – richiamata la pertinente giurisprudenza di legittimità che è stata condivisa – rilevando che alla disposizione di cui all’art. 8, lett. e), cit., – cui si ascrivevano (solo) le ipotesi in cui la pronuncia giudiziale determinava la “…caducazione dell’atto impugnato”, vale a dire sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto” – doveva riconoscersi natura speciale “rispetto alla regola generale contenuta nella lettera b) del citato art. 8” e che la sentenza recante accoglimento della revocatoria fallimentare comportava “un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento”.

È , pertanto, del tutto evidente che le questioni poste col gravame – e, in tesi, pretermesse – sono state definite alla stregua di un’attività interpretativa (dei dati normativi) non conciliabile con le (in quanto contrapposta alle) prospettazioni della parte appellante che (così) sono state implicitamente (ma inequivocamente) disattese.

Né, del resto, il vizio di omessa pronuncia può correlarsi al partito esame di ogni deduzione articolata dalla parte sulla quaestio iuris che risulta controversa, nella fattispecie rilevando, dunque, che la pretesa svolta in punto di regime di tassazione dell’atto giudiziario (in misura fissa piuttosto che proporzionale) è stata disattesa, come detto, recependo arresti della giurisprudenza di legittimità e secondo contenuti che risultano incompatibili con le prospettazioni della parte.

3. – Del pari destituito di fondamento è il secondo motivo.

3.1 – Occorre premettere che, con riferimento alla fattispecie impositiva in trattazione, la Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare, producendo l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. b), della prima parte della tariffa, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza), mentre la lett. e) del medesimo articolo, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore; v., ex plurimis, Cass., 8 marzo 2023, n. 6875, in motivazione; Cass., 23 febbraio 2021, n. 4740; Cass., 13 maggio 2019, n. 12685; Cass., 4 dicembre 2018, n. 31277; Cass., 7 luglio 2017, n. 16814; Cass., 6 novembre 2013, n. 24954; Cass., 12 ottobre 2012, n. 17584; Cass., 25 febbraio 2009, n. 4537; Cass., 31 ottobre 2005, n. 21160).

3.2 – A fondamento del principio di diritto – che il Collegio condivide, e cui, pertanto, va data continuità – la Corte ha rimarcato che:

– tra le disposizioni di cui all’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, cit., si pone “un rapporto da genere a specie, non essendovi dubbio, anche in ragione del loro tenore letterale, che la norma di cui alla lett. b) ha carattere di regola generale, mentre la previsione di cui alla lett. e) ha, rispetto ad essa, carattere speciale”; difatti “la disposizione di cui alla lett. b) colpisce i provvedimenti giudiziari che dispongono un trasferimento di ricchezza, mentre il legislatore ha ritenuto di applicare l’aliquota in misura fissa nei casi in cui il provvedimento comporti una caducazione del titolo del precedente trasferimento e la condanna conseguente abbia contenuto e funzione meramente restitutori, mirando a ripristinare la situazione patrimoniale qua ante actum”;

– in ragione di detto rapporto di specialità, le ipotesi previste dalla lett. e) risultano di stretta interpretazione, “in quanto sottoposte ad una disciplina diversa, sicché essa non può essere estesa oltre i casi espressamente contemplati dalla legge”;

– la sentenza che pronuncia la revocatoria fallimentare di un atto di cessione del credito ovvero di un pagamento “possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto, dal momento che, a differenza di queste, essa non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato, che rimane in vita sia pure privo di efficacia nei confronti del Fallimento e della procedura esecutiva.”;

– in dette evenienze, la sentenza di revocatoria fallimentare “non comporta un ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento, che vede incrementata la massa fallimentare. L’effetto giuridico della sentenza che accoglie l’azione di revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni è infatti ravvisabile, … nel mero recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, situazione che realizza, per l’appunto, un trasferimento di ricchezza in favore del Fallimento.”.

4. – Le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte che è rimasta intimata, mentre sussistono, nei confronti della ricorrente, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 – quater).

 

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2024.

Allegati

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