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Cassazione civile sez. trib., 03/04/2024, n. 8764

Massima

Nel processo tributario, la sopravvenuta omologazione di una transazione fiscale ex art. 182-ter L. fall. conclusa dalle parti, comprensiva dei debiti oggetto del giudizio e intervenuta dopo la sentenza impugnata con ricorso per cassazione, impone di definire tale ricorso con la declaratoria della cessazione della materia del contendere per intervenuto accordo negoziale, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, il che determina l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Tale esito comporta altresì l’integrale compensazione delle spese del giudizio e esclude l’applicabilità dell’obbligo di versare una somma pari al contributo unificato.

Supporto alla lettura

PROCESSO TRIBUTARIO

Il Processo Tributario è un procedimento giurisdizionale che ha ad oggetto le controversie di natura tributaria tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, è disciplinato nel d.lgs. 546/1992 e non è incluso in nessuna delle giurisdizioni indicate dalla Costituzione, rappresenta quindi un’eccezione giustificata dal grande tecnicismo della materia.

Il 03 gennaio 2024 è stato pubblicato in G.U. il d.lgs. 220/2023 recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, le quali vanno a modificare il d.lgs. 546/1992, e sono da collocare in attuazione della L. 111/2023, con la quale è stata conferita delega al Governo per la riforma fiscale.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE

1. La Commissione tributaria provinciale dell’Emilia Romagna accolse il ricorso dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza pronunciata dalla CTP di Bologna n. 729/1/16 con la quale era stata riconosciuta a FER la qualifica di autoproduttore, così come sancito dal decreto Bersani.

Il giudice di seconde cure, in particolare, affermò, richiamando al riguardo Cass. n. 26146/2019, che l’esenzione dalla accisa di cui all’art. 52, comma 3, lett. b) del D.Lgs. n. 504 del 1995 (ratione temporis vigente) potesse operare, per la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile con impianti della potenza disponibile superiore a 20 kw3, solo con riferimento all’energia autoprodotta e non anche a quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati.

Contro la prefata sentenza propone ricorso FER S.C.p.A, affidato a quattro motivi, resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rilevato che con memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ. parte controricorrente ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, a seguito di intervenuta omologazione, da parte del Tribunale di Forlì (cfr. decreto del 10.11.2022, allegato alla memoria), dell’accordo di ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale, ex art. 182-ter della L. fall., comprensivo dei debiti tributari oggetto del presente giudizio (cfr. la p. 4, cpv., del decreto di omologazione);

che la memoria è stata comunicata all’Agenzia delle dogane che con atto del 24 maggio 2023, preso atto anche dell’integrale pagamento del dovuto, ha prestato adesione alla richiesta di cessazione della materia del contendere;

che nel processo tributario, la transazione fiscale ex art. 182-ter cit. conclusa dalle parti ed omologata dal competente Tribunale, sopravvenuta (come nella specie) alla sentenza impugnata con il ricorso per cassazione, impone di definire tale ricorso con la declaratoria della cessazione della materia del contendere per intervenuto accordo negoziale, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata (cfr. anche Cass., Sez. U, 11.4.2018, n. 8980, Rv. 650327-01), oltre che dell’originario avviso di accertamento, riespandendosi il potere impositivo erariale solo ove la transazione in parola venga meno in conseguenza dell’inadempimento del contribuente e della disposta risoluzione del concordato preventivo (Cass., Sez. 5, 29.4.2022, n. 13471, Rv. 666515-01);

che l’esito della controversia, a seguito della sopravvenuta transazione fiscale, determina la integrale compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di legittimità;

che, il tenore della pronunzia, che è di inammissibilità per sopravvenuto difetto di interesse esclude – trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale, pertanto di stretta interpretazione – l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, come inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, circa l’obbligo per il ricorrente (non trovando l’art. 13, comma 1-quater, cit. di versare una somma pari al contributo unificato già corrisposto all’atto della proposizione dell’impugnazione (cfr. anche Cass., Sez. U, 11.4.2018, n. 8980);

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Compensa integralmente le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Tributaria, l’8 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2024.

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