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Cassazione civile sez. trib., 03/04/2024, n. 8762

Massima

Nel contenzioso tributario – originato dall’impugnazione di un avviso di pagamento relativo all’applicazione delle accise sull’energia elettrica, in particolare contestando l’esenzione per l’energia consumata da imprese consorziate – qualora il contribuente (già autoproduttore di energia elettrica) depositi istanza di rinuncia al giudizio, motivata dall’omologazione e adempimento di un accordo di ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale, tale atto manifesta la sopraggiunta e manifestata carenza di interesse del ricorrente alla decisione della causa.

Supporto alla lettura

PROCESSO TRIBUTARIO

Il Processo Tributario è un procedimento giurisdizionale che ha ad oggetto le controversie di natura tributaria tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, è disciplinato nel d.lgs. 546/1992 e non è incluso in nessuna delle giurisdizioni indicate dalla Costituzione, rappresenta quindi un’eccezione giustificata dal grande tecnicismo della materia.

Il 03 gennaio 2024 è stato pubblicato in G.U. il d.lgs. 220/2023 recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, le quali vanno a modificare il d.lgs. 546/1992, e sono da collocare in attuazione della L. 111/2023, con la quale è stata conferita delega al Governo per la riforma fiscale.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

 

RILEVATO CHE

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli notificò al ricorrente, autoproduttore di energia elettrica, l’avviso di pagamento, relativo all’anno d’imposta 2011, contestando l’illegittima applicazione dell’esenzione fiscale, prevista dall’art. 52, comma 3, lett. b) del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (cd. TUA – Testo Unico sulle Accise). Nello specifico negò che l’esenzione spettasse per l’energia consumata dalle imprese consorziate, trattandosi di consumatori finali diversi dalla società autoproduttrice. Agli importi furono applicati gli interessi legali ma non quelli moratori, né le sanzioni.

L’atto fu impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bologna, che con sentenza n. 728/07/2020 ne accolse le ragioni. La Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna accolse l’appello dell’Agenzia delle dogane con sentenza n. 1342/07/2020, ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale ha sostenuto che la fornitura di energia elettrica dalla società consortile ai propri consorziati non era esente dalle accise, perché ai cessionari non poteva attribuirsi la qualificazione di “autoproduttore” e di “autoconsumatore”, per essere utenti finali di beni o servizi, distinti dalla società, produttrice dell’energia; ha escluso che il richiamo all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 79 del 1999 (cd. Decreto Bersani) potesse fondare l’estensione del beneficio in esame alle consorziate, perché destinato a scopi diversi da quelli “perseguiti dalla normativa tributaria”. Ciò in quanto il decreto Bersani era stato introdotto in attuazione della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell’energia, e le definizioni di “autoproduttore” in esso contenute potevano trovare applicazione solo agli effetti di quel decreto (art. 2, c. 1., D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79). Ha affermato che l’ufficio aveva correttamente applicato l’art. 10. comma 2, L. 27 luglio 2000, n. 212, in tema di affidamento e buona fede del contribuente, non irrogando sanzioni né richiedendo interessi moratori, l’avviso di pagamento era stato correttamente notificato, risultando peraltro non vincolante la pregressa risposta positiva all’interpello.

La società ha censurato la sentenza affidandosi a quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

All’esito dell’adunanza camerale del 6 ottobre 2023 la causa è stata decisa.

 

CONSIDERATO CHE

Deve pregiudizialmente evidenziarsi che con atto del 15 maggio 2023 il liquidatore della società contribuente ha depositato istanza di rinuncia al giudizio, motivata da omologazione e adempimento di un accordo di ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale. Ha pertanto chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

In assenza della certezza dell’adempimento satisfattivo delle ragioni dell’Amministrazione finanziaria, va dichiarata non già la cessazione della materia del contendere, ma l’inammissibilità del ricorso in ragione della sopraggiunta e manifestata carenza di interesse della ricorrente alla decisione della causa.

Sussistono peraltro giusti motivi, in assenza di specifiche richieste delle parti in causa, per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

 

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile, compensando tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2024.

Allegati

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