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Cassazione civile sez. trib., 02/09/2025, n. 24386

Massima

L’azione di mero accertamento della prescrizione e della non debenza della pretesa sottesa a cartelle di pagamento è estranea alla natura impugnatoria del giudizio tributario e non può essere oggetto di pronuncia se l’iscrizione ipotecaria impugnata è già stata annullata, rendendo infondate le eccezioni connesse. Quanto alla compensazione delle spese di lite, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica che le ragioni addotte non siano illogiche o erronee, riconoscendo l’elasticità del potere giudiziale, specie in presenza di complessità delle questioni esaminate. 

Supporto alla lettura

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

L’accertamento tributario (o fiscale) è il complesso degli atti della pubblica amministrazione volti ad assicurare l’attuazione delle norme impositive.

L’attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l’autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l’istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse.

A seconda del metodo di accertamento utilizzato, questo può essere:

  • analitico: attraverso l’analisi della documentazione contabile e fiscale;
  • analitico-induttivo: cioè misto, basato su un esame documentale e presunzioni, di norma fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, salvo in caso di omessa dichiarazione o di contabilità inattendibile/omessa;
  • induttivo: attraverso l’utilizzo esclusivo di presunzioni che possono essere anche esclusivamente semplici;
  • sintetico: fondato su coefficienti ministeriali.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Campania, con la sentenza 6904/47/2016, rigettava l’appello proposto dalla contribuente Mu.Ri., confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della predetta avverso l’iscrizione ipotecaria oggetto di causa disponendone all’annullamento, con compensazione delle spese di lite ed onerava l’appellante del versamento del doppio del contributo unificato.

2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente sulla base di cinque motivi.

3. EQUITALIA SUD Spa è rimasta intimata.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè degli artt. 36 e 53 del D.Lgs. 546/1992 per avere la sentenza impugnata omesso l’esame dell’eccezione di prescrizione e della non debenza della pretesa delle cartelle di pagamento poste a supporto della impugnata iscrizione ipotecaria.

2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 96 c.p.c. lamentando che, nel rigettare la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria, i giudici di appello non avevano valutato la fondatezza dell’eccezione di prescrizione, profilo che, se accolto, avrebbe legittimato tale domanda risarcitoria in ragione della temerarietà della iscrizione ipotecaria mantenuta illegittimamente in vita dal concessionario della riscossione.

3. Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., nullità della sentenza per violazione degli artt. 91,92,132, primo comma, n. 4, e 118 c.p.c., nonché degli artt. 15,36,52 e 53 del D.Lgs. 546/1992 per avere i giudici di appello erroneamente disposto la compensazione senza pronunciarsi sulla eccezione di prescrizione il cui accoglimento avrebbe giustificato la condanna della parte resistente al pagamento delle spese di lite, secondo soccombenza.

4. Con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in relazione all’ art. 2953 c.c., omesso esame del fatto decisivo relativo all’intervenuta prescrizione (triennale e quinquennale) dei tributi oggetto di causa.

5. Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1, quater, D.P.R. 115/2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, legge 228/2012 non potendo trovare applicazione il disposto raddoppio del contributo unificato.

6. Osserva questo Collegio che il primo motivo, sì come prospettato “omesso l’esame dell’eccezione di prescrizione e della non debenza della pretesa delle cartelle di pagamento poste a supporto della impugnata iscrizione ipotecaria” è da ritenere privo di infondato sulla scorta dell’univoco orientamento per cui un’azione di mero accertamento è sicuramente estranea al giudizio tributario di incontestata natura impugnatoria (vedi Cass. n. 11922/2014 nonché Cass. 26/03/2025, n. 8015/2025) sicché, come correttamente ritenuto dai giudici di appello i quali, implicitamente hanno disatteso la relativa questione, a fronte del disposto annullamento della iscrizione ipotecaria impugnata, non poteva emettersi alcuna pronunzia nei termini richiesti dalla contribuente.

6. Il secondo, il terzo e il quarto motivo – da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi – tutti fondati sull’ omesso rilievo dell’eccepita prescrizione, sono di conseguenza, privi di pregio per le ragioni anzicennate.

6.1. Peraltro in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n.157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, “non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa. (Cass. Sez. 6, 26/07/2021, n. 21400, Rv. 662213 – 01). Il giudice di legittimità è chiamato a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, comma 2, cod. proc. civ. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01).

6.2. La motivazione della sentenza impugnata, in punto di compensazione delle spese di lite di primo e di secondo grado (e conseguente rigetto della domanda di risarcimento del danno per lite temeraria), deve ritenersi, pervero, non illogica, né errata, nella parte in cui ha attribuito rilievo decisivo alla complessità delle questioni esaminate, e non risulta, in alcun modo, infirmata dalle deduzioni e contestazioni di parte ricorrente.

7. Deve, infine, rilevarsi che la contribuente, con l’ultimo motivo, ha dichiarato di impugnare la statuizione del giudice di secondo grado con la quale la stessa è stata condannata al pagamento di una somma pari a quella del contributo unificato.

Detta doglianza non è specificamente accoglibile quale motivo di ricorso in quanto la relativa statuizione non ha natura giurisdizionale di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare il relativo accertamento amministrativo e di Cancelleria (vedi Cass. 13/11/2019, n. 29424; Cass. 27/11/2020, n. 27131; Cass. n. 18191/24).

7.1. Purtuttavia la stessa deve essere, comunque, valutata dalla Corte la quale, attesa la natura di carattere amministrativo della relativa statuizione (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 9 novembre 2017, n. 2017), che non attiene alla sfera della decisione sullo ius litigatoris, riguardando il rapporto del contribuente con l’erario relativamente alle condizioni per l’accesso alla giustizia, è tenuta, comunque, a rilevare l’erroneità della suddetta statuizione (vedi Cass n. 1511 del 16/11/2018).

7.2. Di ciò va dato atto, dunque, in questa sede come da dispositivo, avuto riguardo al fatto che il giudice tributario d’appello ha ritenuto tout court applicabile al processo tributario d’appello una norma, l’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la quale prevede che “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma della comma 1- bim. Si tratta, infatti, di norma avente carattere di misura eccezionale e leto sensu sanzionatoria, la cui operatività deve intendersi circoscritta al processo civile, secondo l’esegesi della norma indirettamente avallata dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 18, depositata il 2 febbraio 2018, e condivisa da questa Corte.

Ciò diversamente da quanto dovuto per la soccombenza nel presente giudizio di legittimità, stante la natura di ordinario processo civile, disciplinato dalle norme del codice di rito, del giudizio di cassazione avente ad oggetto l’impugnazione di pronuncia resa da Commissione tributaria regionale, come ribadito da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053.

8. Il ricorso va, dunque, respinto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; dichiara non dovuto il doppio del contributo unificato relativamente al giudizio di appello. Visto l‘art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dallalegge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il presente ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto. 

Così deciso in Roma il 24 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2025.

Allegati

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