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Cassazione civile sez. trib., 01/09/2025, n. 24296

Massima

In tema di classamento di immobili a seguito di procedura DOCFA, l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate è validamente motivato con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, qualora la variazione catastale consegua a una diversa distribuzione degli spazi interni che non comporti una rideterminazione dei vani catastali, e se l’attribuzione di una categoria superiore (nella specie A/1, già in passato accertata) si fonda su caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’immobile evincibili dalla documentazione prodotta dal contribuente.

Supporto alla lettura

CATASTO

Il catasto è un registro pubblico che contiene informazioni su tutti i beni immobili di un territorio. Si configura come un archivio dettagliato di tutte le proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private, che si trovano in un determinato Comune, o in una provincia.

E’ diviso in due categorie:

– catasto dei terreni: elenco dei terreni agricoli e dei terreni non edificati;

– catasto dei fabbricati (o catasto edilizio): elenco dei fabbricati siano essi ad uso industriale, commerciale o civile.

La funzione del catasto è effettuare il censimento dei beni immobili finalizzato all’accertamento delle caratteristiche tecnico-economiche degli stessi e alla registrazione di eventuali cambiamenti. A motivare il censimento e la raccolta di informazioni c’è uno scopo di duplice natura:

  1. lo scopo fiscale, in quanto il censimento al catasto permette di gettare le basi per l’imposizione fiscale e determinare il reddito potenziale imponibile dei fondi rustici e dei fabbricati urbani;
  2. lo scopo civile, in quanto le informazioni raccolte dettagliatamente sono messe a disposizione dei cittadini per diverse finalità.

Per ogni bene immobile vengono indicate le “informazioni catastali” come i dati anagrafici relativi ai proprietari del bene; le caratteristiche del bene (comprensive di materiale grafico come foto e mappa); l’indicazione della localizzione geografica; l’estensione della proprietà e la destinazione d’uso del bene. In particolare per ogni unità immobiliare vengono raccolte l’identificazione catastale (nome del Comune, codice Sezione, numeri di mappa, particella e subalterno); la classe di redditività (solo per alcune unità immobiliari); la consistenza (vani e superficie netta); la rendita catastale e la categoria catastale. Queste ultime sono delle informazioni codificate e correlate alla destinazione d’uso dell’immobile, che si suddividono in 6 gruppi riconducibili a 4 macro categorie:

 immobili a destinazione ordinaria: gruppo A (alloggi, uffici privati), gruppo B (scuole, ospedali, pubblici uffici), gruppo C (attività commerciali/artigianali private);

– immobili a destinazione speciale: gruppo D (industrie, alberghi, cinema, teatri);

– immobili a destinazione particolare: gruppo E (aeroporti, porti, stazoni, chiese, edicole);

– entità urbane: gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili/agibili).

Le informazioni contenute nelle banche dati del catasto sono pubbliche, perciò l’accesso è consentito a tutti i cittadini previo pagamento dei tributi speciali catastali, l’unica eccezione è fatta per i proprietari del bene immobile che possono richiedere informazioni sullo stesso gratuitamente.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello del contribuente;

2. La.Am. ricorre per cassazione con cinque motivi;

3. resiste con controricorso l’AGENZIA DELLE ENTRATE che chiede il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e con il raddoppio del contributo unificato.

1.1. Il primo motivo di ricorso relativo al vizio della motivazione della decisione impugnata (motivazione contraddittoria e apparente) è infondato e deve rigettarsi.

In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: “In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali” (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di gravame, hanno affermato che la valutazione catastale deve essere compiuta dall’amministrazione dopo la pratica DOCFA, indicando gli elementi di fatto che sarebbero idonei alla conferma del riclassamento effettuato dall’AGENZIA DELLE ENTRATE.

Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza, impugnata.

2. Con il ricorso il contribuente prospetta, nel merito, la violazione dell’art. 7, L. 212 del 2000 e l’art. 3, L. 241 del 1990, art. 24, costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. per aver erroneamente ritenuto motivato l’avviso di accertamento (secondo motivo – denominato B, nel ricorso -); con i restanti motivi prospetta violazione di legge, extra petizione – art. 112 cod. proc. civ. – ed omesso esame di un fatto decisivo).

I motivi – formulati in maniera coacervata e con evidenti sovrapposizioni – si analizzano congiuntamente per la loro connessione. Gli stessi, valutati complessivamente, sono in fatto e richiedono alla Corte di legittimità una rivalutazione dei fatti non consentita.

3. La sentenza impugnata ritiene motivato l’avviso di accertamento in quanto contiene i dati salienti per la classificazione in relazione alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche della stessa unità immobiliare.

Dopo una modifica (diversa distribuzione degli spazi), Il contribuente presentava una DOCFA – il 25 ottobre 2017 – per categoria A/2, classe 5. La classazione per l’AGENZIA DELLE ENTRATE, con l’avviso di accertamento in oggetto, invece, risulterebbe per la categoria A/1, classe 1. Per l’AGENZIA DELLE ENTRATE l’immobile originariamente risultava in categoria A/1, successivamente per una trasformazione in ufficio veniva assegnata la categoria A/10; il 28 dicembre 20216 con Docfa si richiedeva la categoria A/2 (da A/10). Il 25 ottobre 2017 veniva presentata nuova Docfa “per diversa distribuzione degli spazi interni” con categoria proposta A/2 e accertata dall’Agenzia in A/1.

La Corte Suprema di Cassazione ha già deciso la relativa questione con orientamento ormai consolidato (dopo una iniziale fase di incertezza) che deve confermarsi, per cui la diversa distribuzione degli spazi interni non necessita di specifica motivazione come per la diversa consistenza dei vani: “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso, in caso di rideterminazione del numero dei vani catastali, non è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, atteso che in tal caso l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita deriva non già da un diversa valutazione tecnica dei medesimi elementi di fatto ma dal mutamento e, quindi, dalla diversa considerazione di quel tipico ed essenziale elemento di fatto costituito dalla consistenza e dal numero dei vani assunto quale parametro in grado, anche da solo, di legittimare la variazione di classe e rendita in cui si concreta il riclassamento” (Cass. Sez. 5, 10/05/2021, n. 12278, Rv. 661200 – 01; vedi anche Cass. Sez. 5, 26/06/2024, n. 17624, Rv. 671616 – 01; in precedenza in maniera difforme vedi Cass. Sez. 5, 09/02/2021, n. 3104, Rv. 660644 – 01).

La diversa distribuzione degli spazi interni, senza rideterminazione dei vani, non necessita di specifica motivazione dell’avviso di accertamento; nell’ipotesi di DOCFA, l’avviso di accertamento deve ritenersi, infatti, motivato con la sola indicazione dei dati oggettivi e della classe: “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso” (Cass. Sez. 5, 19/11/2024, n. 29754, Rv. 673082 – 01).

L’avviso di accertamento (puntualmente trascritto nel ricorso in cassazione) ritiene di attribuire la Classe A/1 (già, del resto, attribuita all’immobile in passato), in quanto dagli stessi elementi presentati con docfa emergeva la caratteristica dell’immobile, di tipo signorile.

4. Manifestamente infondati il terzo motivo (nullità della sentenza per extrapetizione, art. 112 cod. proc. civ.) e il quinto motivo (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio). Il quinto motivo è inammissibile (prospettato ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) in quanto in presenza di una doppia conforme di merito non risulta proponibile il motivo di cui al n. 5, primo comma, 360, cod. proc. civ.: “Nell’ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro (Omissis)(Sez. 3 -, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023, Rv. 667202 – 01).

5. Nessuna extra petizione sussiste nella decisione impugnata che si è limitata ad analizzare, in fatto, le caratteristiche dell’immobile e la legittimità dell’avviso di accertamento.

Il motivo, del resto, è estremamente generico (“Il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (petitum o causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori” Cass. Sez. 5, 10/01/2025, n. 644, Rv. 673680 -01).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2025.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2025

Allegati

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