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Cassazione civile sez. trib., 01/09/2025, n. 24294

Massima

L’adeguamento della rendita catastale motivato da obsolescenza dell’immobile, se attuato tramite procedura DOCFA e non contestato tempestivamente nei giudizi di merito, è incensurabile in sede di legittimità, la quale non consente rivalutazioni di fatto né contestazioni procedurali tardive.

Supporto alla lettura

CATASTO

Il catasto è un registro pubblico che contiene informazioni su tutti i beni immobili di un territorio. Si configura come un archivio dettagliato di tutte le proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private, che si trovano in un determinato Comune, o in una provincia.

E’ diviso in due categorie:

– catasto dei terreni: elenco dei terreni agricoli e dei terreni non edificati;

– catasto dei fabbricati (o catasto edilizio): elenco dei fabbricati siano essi ad uso industriale, commerciale o civile.

La funzione del catasto è effettuare il censimento dei beni immobili finalizzato all’accertamento delle caratteristiche tecnico-economiche degli stessi e alla registrazione di eventuali cambiamenti. A motivare il censimento e la raccolta di informazioni c’è uno scopo di duplice natura:

  1. lo scopo fiscale, in quanto il censimento al catasto permette di gettare le basi per l’imposizione fiscale e determinare il reddito potenziale imponibile dei fondi rustici e dei fabbricati urbani;
  2. lo scopo civile, in quanto le informazioni raccolte dettagliatamente sono messe a disposizione dei cittadini per diverse finalità.

Per ogni bene immobile vengono indicate le “informazioni catastali” come i dati anagrafici relativi ai proprietari del bene; le caratteristiche del bene (comprensive di materiale grafico come foto e mappa); l’indicazione della localizzione geografica; l’estensione della proprietà e la destinazione d’uso del bene. In particolare per ogni unità immobiliare vengono raccolte l’identificazione catastale (nome del Comune, codice Sezione, numeri di mappa, particella e subalterno); la classe di redditività (solo per alcune unità immobiliari); la consistenza (vani e superficie netta); la rendita catastale e la categoria catastale. Queste ultime sono delle informazioni codificate e correlate alla destinazione d’uso dell’immobile, che si suddividono in 6 gruppi riconducibili a 4 macro categorie:

 immobili a destinazione ordinaria: gruppo A (alloggi, uffici privati), gruppo B (scuole, ospedali, pubblici uffici), gruppo C (attività commerciali/artigianali private);

– immobili a destinazione speciale: gruppo D (industrie, alberghi, cinema, teatri);

– immobili a destinazione particolare: gruppo E (aeroporti, porti, stazoni, chiese, edicole);

– entità urbane: gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili/agibili).

Le informazioni contenute nelle banche dati del catasto sono pubbliche, perciò l’accesso è consentito a tutti i cittadini previo pagamento dei tributi speciali catastali, l’unica eccezione è fatta per i proprietari del bene immobile che possono richiedere informazioni sullo stesso gratuitamente.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTI DI CAUSA

1. La CTR, con la sentenza indicata n epigrafe, ha accolto l’appello dei contribuenti e dichiarato di categoria catastale A/2, classe 4, l’appartamento di cui all’avviso di accertamento che annullava;

2. ricorre per cassazione l’AGENZIA DELLE ENTRATE con tre motivi di ricorso;

3. resiste con controricorso, integrato da successiva memoria, la contribuente che chiede di rigettare il ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso deve rigettarsi in quanto infondato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità; non si procede al raddoppio del contributo unificato in quanto il ricorso è stato proposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE difesa dall’Avvocatura di Stato (“Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il raddoppio, pur avendo dichiarato inammissibile un ricorso del Ministero dell’Interno per l’inapplicabilità dello speciale regime impugnatorio di cui all’art. 11 della L. n. 206 del 2004)”, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).

2. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli art. 17 e 20, del r.D.L. n. 652 del 1939, art. 1, d.m. n.701/1994 e 38, primo comma, D.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

La contribuente avrebbe utilizzato la procedura DOCFA e non la procedura prevista dall’art. 38, del D.P.R. 917 del 1986. La procedura DOCFA, per la ricorrente, sarebbe riservata solo alla variazione relativa al mutamento della consistenza dello stato dell’immobile (ristrutturazioni) e non anche nelle ipotesi di mancanza di attualità della rendita per motivi esterni, quale la obsolescenza degli impianti tecnologici dell’immobile o la sua vetustà (in generale), o alla modifica della zona – degrado -.

Il motivo, oltre che infondato, risulta prioritariamente inammissibile in quanto la procedura Docfa – utilizzata dal contribuente – risulta incontestata nei giudizi di merito e prospettata, quale illegittima, solo in Cassazione. Neanche nell’avviso di accertamento, impugnato, l’AGENZIA DELLE ENTRATE contestava la procedura Docfa.

Nel caso in giudizio, inoltre, come rappresentato nello stesso ricorso per cassazione, l’immobile ha subito una obsolescenza degli impianti tecnologici e l’eliminazione del servizio di portineria. Elementi, questi, ritenuti, con accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità, idonei a comportare una rivisitazione della rendita proprio attraverso una DOCFA (con modifica della categoria e classe).

3. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 17, secondo comma, r.D.L. n. 652 del 1939, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..

Il motivo è inammissibile prima che infondato. Il motivo, proposto quale violazione di legge, in realtà mira ad una – non consentita in sede di legittimità – rivalutazione del fatto. L’AGENZIA DELLE ENTRATE richiede la rivisitazione del giudizio delibativo già svolto dalla CTR, peraltro con motivazione logica e adeguata.

4. Con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.M. 2 agosto 1969, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

L’Agenzia ritiene errata la decisione in quanto confonderebbe nella motivazione la categoria catastale dell’abitazione ‘signorile” con quella fiscale (per agevolazioni) di abitazione di ‘lusso’. Il motivo è inammissibile in quanto relativo alla motivazione, e non alla violazione di legge; motivazione che risulta estremamente dettagliata e logica e anche se fosse, in qualche minima parte, contraddittoria, la stessa nel complesso non potrebbe ritenersi solo apparente.

in tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: “In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali” (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello hanno accertato in fatto la giusta classificazione catastale in relazione agli elementi di prova valutati.

Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza, impugnata.

In ogni caso, la CTR non ha sovrapposto la nozione di lusso di cui al DM LLPP 1969 cit. a quella di signorilità rilevante per la classificazione catastale, ma ha concluso in senso favorevole alla parte contribuente in ragione di plurimi parametri ritenuti non validamente confutati dall’Agenzia; ratio, come detto, qui non censurabile.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2025.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2025

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